PUNTI DI VISTA

PA digitale, serve una vision di “sistema”

Gli interventi riguardano aspetti marginali e non intaccano il nucleo della questione, come se di fronte a un malessere si intervenisse curando il sintomo e non la malattia

Pubblicato il 03 Nov 2013

Andrea Lisi, presidente Anorc

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Nel cercare la soluzione a un problema complesso e articolato spesso si commette l’errore di intervenire su aspetti marginali senza intaccare il nucleo della questione, come se di fronte a un malessere si intervenisse curando il sintomo e non la malattia.

Spesso in Italia si utilizza questo modus operandi anche quando si parla di innovazione. Nelle scorse settimane, infatti, molte discussioni si sono levate intorno all’utilizzo del telefax nelle comunicazioni della pubblica amministrazione, strumento apparentemente bandito dalle modifiche apportate all’art.47 del Codice dell’amministrazione digitale dall’art. 14 del Decreto Fare, in quanto non idoneo ad accertare la fonte di provenienza della comunicazione.

Posto che la formulazione dell’art. 14 non risulta impeccabile e lascia spazio a interpretazioni differenti quando non contrapposte, viene spontaneo chiedersi se eliminare il fax dagli uffici della PA possa davvero essere (come singola iniziativa, ma anche come generale linea di condotta) il giusto atteggiamento del Legislatore per sgomberare la via della digitalizzazione dagli ostacoli che ancora la occludono.

Continuando con questo atteggiamento la prossima scelta del Legislatore potrebbe essere allora quella di eliminare le stampanti, per costringere gli operatori della PA a non stampare più i documenti. Nella fattispecie, invece, il telefax è sempre di più uno strumento di comunicazione elettronica che consente, quindi, l’invio di documenti digitalizzati (e in questo senso ormai è presente in Italia un’interpretazione costante della giurisprudenza di legittimità).

Anziché pensare di eliminare il telefax si può invece imporre che i documenti vengano acquisiti dal sistema documentale di qualsiasi PA sempre e comunque nel loro formato immagine, senza essere stampati. Ma al di là del fax, la PA ha tutto ciò che le occorre per proseguire senza pensieri sulla via del cambiamento digitale?

Oltre agli strumenti giusti, infatti, è necessario preoccuparsi della preparazione del personale che dovrà utilizzarli e fornire a esso delle regole per la corretta gestione in digitale dei nostri dati e documenti che siano chiare, precise e univoche.

Su entrambi i fronti, invece, persistono preoccupanti carenze. Gli operatori della PA sono spesso impreparati ad affrontare e applicare gli obblighi previsti dal Cad (com’è chiaramente emerso da una ricerca condotta da Anorc lo scorso anno, il cui esito è stato confermato da numerose indagini successive) e le nuove Regole tecniche sulla gestione e conservazione digitale dei documenti non sono state ancora promulgate, nonostante le si attenda da due anni.

Lo spreco o l’inefficienza sono problemi che ancora attanagliano l’amministrazione italiana e i cambiamenti imposti dal Cad e dell’Agenda Digitale indubbiamente preannunciano una svolta positiva verso l’efficienza, la razionalizzazione, l’economicità, ma tali obiettivi non si raggiungeranno, a mio parere, condannando all’oblio questo o quello strumento tecnologico, soprattutto quando si tratta, come nel caso del fax, di mezzi ancora molto utilizzati e che permettono comunque un’interazione tra il cittadino/impresa e la Pubblica amministrazione.

Varebbe forse la pena di cambiare, piuttosto, l’utilizzo tradizionale del fax e soprattutto cambiare prospettiva. Il Legislatore dovrebbe possedere, infatti, uno sguardo più ampio e lungimirante, come un bravo medico che si preoccupi di curare le cause della malattia e non limitarsi a far abbassare temporaneamente la febbre.

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