L'INTERVISTA/1

Pasetti (Cisis): “Agenda digitale, decreti attuativi banco di prova”

La vicepresidente dell’organo tecnico delle Regioni: “Puntiamo alla collaborazione con l’Agenzia digitale”

Pubblicato il 26 Nov 2012

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«Confidiamo che sulla parte attuativa del decreto si possano colmare quelle lacune evidenziate dalle Regioni nell’Agenda». Lucia Pasetti vicepresidente del Cisis, Centro Interregionale per i Sistemi informatici, geografici e statistici (l’organo tecnico delle Conferenza delle Regioni) spiega quali azioni saranno messe in campo per rendere il piano più vicina alle richieste degli enti.
Pasetti perché dice che con in decreti attuativi le cose potranno cambiare?
Perché la fase di elaborazione delle regole richiede una stretta collaborazione tra i vari livelli di governo per fare in modo che gli obiettivi dell’Agenda siano compatibili con i poteri delle Regioni. Il nostro intento è quello di spingere il più possibile sulla cooperazione per dare attuazione alle nuove norme. Anche perché – ci tengo a sottolinearlo – governo ed enti locali hanno operato in maniera congiunta sia al momento della stesura del documento varato dalla cabina di regia sia del decreto Sviluppo bis, dove sono stati recepiti molti degli emendamenti da noi elaborati. Intendiamo proseguire sulla strada della collaborazione con la nuova Agenzia per l’Italia digitale per trovare soluzioni il più possibile condivise.
Adesso Conferenza delle Regioni e Anci lamentano poca cooperazione. Perché?
Si tratta di un rilievo “tecnico”. Il piano telematico si caratterizza per un approccio “centralistico” alla questione dell’innovazione che ha impattato in maniera negativa su alcune iniziative che le Regioni ritengono strategiche. Immagino che questo sia dovuto al fatto che il governo sta operando sul tema del digitale – e non solo – in tempi molto brevi che non hanno consentito un approfondito dialogo con gli enti e che hanno portato a non valutare attentamente la fattibilità dei progetti stessi. Di questo ne hanno risentito in particolar modo i progetti di anagrafe nazionale e di Sistema pubblico di connettività (Spc).
Ma l’Agenda digitale dedica specifici articoli a questi due progetti. Cosa non vi convince?
Si tratta di due progetti che, forse, più di altri risentono di questo approccio centralistico. Relativamente all’anagrafe nazionale dei cittadinisi è optato per architetture centralizzate per le banche dati che non consentono l’integrazione con i data base regionali, a meno di non ridisegnare completamente i sistemi informativi locali con costi insostenibili. Sul versante Spc invece crediamo non sia stato rispettato quanto previsto dall’articolo 73 del Codice dell’amministrazione digitale (Cad), secondo cui il paradigma ottimale da applicare è l’utilizzo di SPCoop, cioè l’utilizzo della infrastruttura di cooperazione applicativa come metodo di condivisione e scambio dei dati e di interoperabilità paritaria e federata dei sistemi informativi delle diverse amministrazioni.
L’Agenda digitale avrà bisogno di risorse. Quanto impatterà il patto di stabilità sulla realizzazione degli obiettivi?
Direi che impatta in maniera considerevole. Crediamo sia necessario definire azioni specifiche per fare fronte alla carenza di risorse e assicurare la sostenibilità economica delle iniziative.
In che modo?
Proponendo di allentare il patto di stabilità e rivedere le modalità di co-finanziamento dei progetti.
Le Regioni sono alla prese con il riasssetto delle società in house. Come si stanno muovendo?
Il dibattito è in corso. Ma la linea che sta emergendo è quella di puntare ad un efficientamento, abbattendo i costi e valorizzandone il ruolo di soggetti attuatori di servizi di interesse connessi alle strategie delle Regioni nonchè di centrali uniche di acquisto a livello regionale, come richiesto dalla stessa spending review.

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