Pec, Turatto: “Parlano i fatti, la sfida è partita”

Il Capo Dipartimento Digitalizzazione e Innovazione: “Oltre 700mila caselle attivate: non sono poche. Italia in ritardo? Non è importante: ora c’è l’obbligo di adeguarsi”

Pubblicato il 28 Nov 2011

"Abbiamo fatto un buon lavoro sulla Posta elettronica
certificata, soprattutto sul versante business". Lo dice Renzo
Turatto, Capo Dipartimento per la Digitalizzazione e Innovazione
tecnologica, valutando le strategie messe in campo per diffondere
l’uso della Pec.
Le imprese si adeguano all’ultimo minuto. Come mai non lo hanno
fatto prima visto che la data dello switch off è stata decisa più
di un anno fa?
Il rush finale è tipico dell’Italia. Non credo sia importante
quando ci si adegui a un obbligo quanto adeguarsi. Detto ciò, va
ricordato che il traffico business è in costante aumento già da
qualche mese, dimostrazione che qualcosa sta cambiando.
Si tratta di un traffico soprattutto b2b. Verso la PA le
comunicazioni languono.
In parte è vero. Il motivo risiede nel fatto che la seconda fase
per il progetto di Posta elettronica certificata – quello
dell’aggancio dei servizi alla raccomandata digitale – non è
partita. Si tratta di un passaggio dirimente per portare a termine
il programma di innovazione della pubblica amministrazione. Intanto
si fanno le “prove generali” con il processo civile telematico.
L’articolo 25 della legge di Stabilità cambia le norme che
stabiliscono come si dà notizia degli atti alle parti, ai
testimoni e agli ausiliari del giudice, rendendo del tutto
eccezionale il ricorso all’ufficiale giudiziario, e facendo della
Pec la leva per tagliare i costi e le inefficienza della Giustizia.
Con questo obbligo, inoltre, si è aggiunto un altro tassello al
processo di rinnovamento culturale che sta dietro a ogni
modernizzazione che si rispetti.
Ma l’ “acculturazione” digitale verso i cittadini pare non
aver funzionato. La Pec gratuita destinata i privati e sviluppata
da Poste Italiane e Telecom Italia non è decollata. Perché?
Guardi, i numeri che abbiamo sono numeri notevoli: si tratta di
oltre 700mila caselle attivate. Ma al di là dei dati, il risultato
che abbiamo ottenuto è stato di dare la stura all’innovazione di
processo con la creazione dell’indice delle PA che possiedono una
Pec – riuscendo in questo modo a monitorare la situazione
tecnologica punto per punto – e obbligando i professionisti ad
usare la Pec. Da quel momento la Pec ha iniziato a far parte del
linguaggio quotidiano, ad essere protagonista di campagne
pubblicitarie ad hoc. Un vero e proprio cambio di marcia che fino
ad oggi non era stato possibile. Non va dimenticato che
l’obbligatorietà per le Pubbliche amministrazioni e alcune
categorie di professionisti risale a cinque anni fa, ma nessuno
aveva sentito la necessità di adeguarsi, proprio perché non
c’è stato il sostegno delle istituzioni. Sostegno che DigitPA e
Ddi non hanno lesinato, mettendo a sistema norme (come il Codice
dell’amministrazione digitale) standard e processi. Infine
abbiamo ampliato le opportunità di business per i provider.
In che senso?
Il lavoro che abbiamo messo in campo ha contribuito a cambiare la
mentalità degli italiani, delle imprese in primo luogo, che
guardano con interesse sempre maggiore alle potenzialità dello
strumento. Tutto questo ha impattato positivamente sul business dei
fornitori.
Il nuovo Codice dell’amministrazione digitale prevede anche una
versione avanzata della Pec: la Pec Id. Di cosa si tratta?
È una casella che per essere attivata necessita
dell’identificazione dell’utente che richiede l’attivazione,
per cui a quell’indirizzo corrisponde quell’identità personale
o societaria.
Ma in questo modo si elegge il domicilio fiscale. Non temete un
flop, dato che può spaventare l’idea di essere reperibili sempre
e comunque?
È una questione di trasparenza e di buon funzionamento del
sistema. Se una Pubblica amministrazione (nel caso specifico la Pec
Id sarà necessaria all’Agenzia delle Entrate ndr) – mette a
disposizione del cittadino un procedimento che consente maggiore
efficienza, è giusto che il cittadino sia sempre reperibile.
Le modalità di identificazione preoccupano i fornitori. Si teme
che siano farraginose come quelle previste per la Posta certificata
di Poste e Telecom Italia che obbliga a recarsi agli sportelli
postali per l’identificazione. Cosa risponde?
Rispondo con le regole previste nel nuovo Cad: i fornitori potranno
adeguare le loro procedure di identificazione alla nuova Pec Id.
Sono paure infondate.

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