IL REPORT

Polimi: sanità digitale, Italia al palo

Secondo l’Osservatorio Ict in Sanità del Politecnico di Milano con la digitalizzazione del comparto si risparmierebbero 15 miliardi l’anno. Mariano Corso: “Stop ai tagli lineari, bisogna concentrarsi sugli investimenti produttivi. Ma serve una governance forte”

Pubblicato il 07 Mag 2013

F.Me.

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Il digitale è il presente e il futuro di ogni innovazione. Eppure in sanità il budget che vi è dedicato “è in calo e mal distribuito”, nonostante con la digitalizzazione “sia possibile un risparmio di 6,8 miliardi di euro l’anno per le strutture sanitarie e 7,6 miliardi di euro l’anno per i cittadini”, per un totale di 15 miliardi circa. A dirlo è la Ricerca 2013 dell’Osservatorio Ict in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, presentata oggi.

Secondo lo studio, “la digitalizzazione è la chiave della sostenibilità economica del sistema sanitario. Eppure per la salute in Italia si spende poco e si investe ancor meno, a discapito della qualità dei servizi che, negli ultimi anni di spending review, ha perso posizioni nei confronti internazionali”. La spesa Ict per la sanità è di 1,23 miliardi di euro nel 2012 (-5% rispetto al 2011) – appena 21 euro per abitante – ovvero la metà rispetto a Francia e Gran Bretagna. Secondo il Polimi, entrando nel dettaglio, si potrebbero risparmiare circa 3 miliardi con la de-ospedalizzazione di pazienti cronici, “resa possibile dalle tecnologie a supporto della medicina sul territorio e dell’assistenza domiciliare”; 1,37 miliardi grazie all’introduzione della Cartella Clinica Elettronica; 860 milioni rendendo digitali i referti e le immagini; 860 milioni grazie alla riduzione di ricoveri dovuti a errori evitabili attraverso sistemi di gestione informatizzata dei farmaci; 370 milioni di euro con la consegna dei referti via web e a un miglior utilizzo degli operatori dello sportello; e 160 milioni con la prenotazione online delle prestazioni.

A tutto questo, continua lo studio, sono da aggiungere i possibili risparmi economici per i cittadini pari a 7,6 miliardi di euro, così ripartiti: 4,6 miliardi grazie ai servizi di ritiro e download dei documenti clinico-sanitari via web; 2,2 miliardi attraverso soluzioni di telemedicina e assistenza domiciliare; 640 milioni di euro con la prenotazione via web e telefonica delle prestazioni; 170 milioni di euro con la gestione informatizzata dei farmaci.

“Questi benefici potenziali sono troppo importanti per non sviluppare immediatamente un piano di interventi – spiega Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio – occorre abbandonare il pregiudizio che in sanita’ le nuove tecnologie siano un lusso: l’innovazione digitale è la principale leva su cui lavorare per rendere la qualità dei servizi compatibile con la loro efficienza e sostenibilità economica”. Un piano del genere, prosegue Corso, “è oggi una priorità assoluta per il rilancio del Paese e un suo sviluppo sociale ed economico sostenibile. E’ importante creare tavoli di lavoro a livello aziendale, regionale e nazionale, a cui affiancare una maggiore capacità di governance complessiva a livello nazionale”.

L’impatto sulla qualità di ‘”quello che era considerato fino ad alcuni anni fa tra i migliori sistemi sanitari del mondo è preoccupante”, conclude la ricerca. “In soli tre anni il nostro sistema sanitario è scivolato dal 15 al 21 posto per qualità, tra i 34 censiti dall’Euro Health Consumer Index 2012 – si legge nel report – Siamo sempre più staccati da Francia, Regno Unito e Olanda, in testa alla graduatoria, ma ci ritroviamo ormai dietro anche ai Paesi dell’est Europa come Repubblica Ceca, Slovenia e Croazia”. L’Italia si colloca bene in parametri come i risultati clinici (11° posto) e il rispetto dei diritti e l’informazione ai pazienti (11° posto), ma è penalizzata da basse valutazioni in prevenzione, gamma e accessibilità dei servizi (26° posto), accesso ai farmaci (22° posto) e tempi di attesa (22° posto).

“In questa situazione intervenire è necessario e urgente – dice Mariano Corso – Per non mettere a serio rischio la tenuta del Sistema Sanitario Nazionale bisogna fermare la logica dei tagli lineari e investire le risorse disponibili selettivamente, dando priorità agli investimenti in grado di fermare il processo di deterioramento, aumentando la qualità della cura e riducendo le inefficienze. La chiave della sostenibilità sta nell’innovazione digitale. Il Decreto Balduzzi e la sezione dedicata alla Sanità del Decreto Sviluppo Bis vanno nella giusta direzione, insistendo sulla digitalizzazione come chiave per ridurre gli sprechi, correggere gli errori e garantire maggior governo ai suoi attori. Tuttavia, non sono seguiti interventi attuativi concreti, e la flessione a cui si sta assistendo nella spesa complessiva in nuove tecnologie digitali nella Sanità italiana non può che suscitare preoccupazione”.

Nel 2012 la spesa complessiva per la digitalizzazione della Sanità italiana è stata di 1,23 miliardi di euro, in diminuzione del 5% rispetto al 2011 e pari all’1,1% della spesa sanitaria pubblica. In Italia si spendono 21 euro per abitante in tecnologie informatiche, oltre la metà del valore di Francia e Gran Bretagna. La maggior parte della spesa Ict in Sanità riguarda le aziende sanitarie: 895 milioni di euro, -2% rispetto al 2011, mentre 280 milioni di euro sono spesi dalle Regioni (-7%) e 54 milioni dai Medici di Medicina Generale, in media 1.146 euro per medico (-24%).

Oltre a essere complessivamente bassa e con un trend in decrescita, la spesa informatica nella Sanità italiana presenta una distribuzione ancora disomogenea sul territorio nazionale, ma con trend di parziale riduzione delle differenze evidenziate negli scorsi anni. Per quanto riguarda le strutture sanitarie, le aziende del Nord continuano ad assorbire la maggior parte dei budget – circa il 60% del totale – ma in calo rispetto al 2011 (-12%); nelle Regioni del Centro e del Sud e Isole invece si riscontra un aumento del 21%. Il fenomeno trova conferma anche nei budget Ict dei Medici di Medicina Generale: la pressione al contenimento delle spese ha portato infatti a una riduzione della spesa Ict nel 2012 superiore al Centro-Nord rispetto al Sud e Isole: la spesa media di un medico del Nord-Ovest (1.037 euro) e del Centro (1.077 euro) è mediamente inferiore rispetto a quella dei medici di Sud e Isole (1.224 euro), con un’inversione rispetto al 2011. Rimangono profonde però le differenze a livello di spesa degli Enti regionali: quelli del Nord Italia coprono circa due terzi delle spese informatiche sostenute direttamente dalle Regioni.
Un segnale parzialmente positivo emerge dall’analisi delle cause alla base della riduzione del budget Ict nelle strutture sanitarie: i tagli derivano da una diminuzione della spesa corrente del 7%, mentre è previsto un incremento del 12% negli investimenti in tecnologie digitali, in controtendenza rispetto allo scorso anno. I maggiori tagli alla spesa Ict si hanno in ambito pubblico (-8%), mentre si riscontra un aumento del budget complessivo nelle strutture sanitarie private (+32%). Per il 2013 è previsto un ulteriore calo delle spese correnti pari al 2%, a seguito delle manovre sulla Spending Review e di altri fenomeni strutturali.

Tra le Direzioni Strategiche delle strutture sanitarie è ancora bassa la consapevolezza dell’importanza dell’investimento in Ict per fronteggiare la crisi. Il 51% di quelle intervistate afferma che i tagli dei budget saranno in linea rispetto ad altre voci di spesa aziendale e il 6% dichiara che saranno addirittura superiori. Secondo i CIO, inoltre, nel 49% delle strutture la riduzione del budget Ict sarà generalizzata e indiscriminata, mentre nel 17% si focalizzerà sugli investimenti ICT non finalizzati a creare efficienza. L’84% dei Direttori delle strutture ritiene che la carenza di risorse economiche sia una barriera estremamente difficile da superare, a cui si affiancano la necessità di gestire elevati impatti linee guida omogenee per lo sviluppo delle tecnologie digitali all’interno del Sistema Sanitario Regionale e Nazionale (54%). “Se in passato il principale ostacolo all’innovazione digitale era la mancanza di visione da parte delle Direzioni Strategiche – rileva Corso – oggi, per invertire il circolo vizioso in atto che lega i tagli agli investimenti tecnologici a un progressivo deterioramento del sistema, sono necessarie innanzitutto azioni concrete da parte del Governo e delle Regioni per focalizzare le risorse disponibili su iniziative in grado di migliorare l’efficacia e l’efficienza del nostro Sistema Sanitario”.

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