All’attuale ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, va il merito di aver reso operativa una norma che i suoi due predecessori avevano fatto marcire nei cassetti ministeriali. Ma i risultati del primo credito di imposta varato per le assunzioni altamente qualificate in discipline tecnico-scientifiche per favorire la ricerca e le startup devono far riflettere molto e meritano la giusta attenzione.
Ecco i fatti e la fotografia del disastro perpetrato dalla burocrazia italiana, oggettivamente inadeguata a rendere operative rapidamente le politiche anticicliche adottate dai vari governi. L’incentivo, un credito di imposta annuale pari al 35% del costo del lavoro lordo dei dottori di ricerca o dei laureati magistrali freschi di nuovi contratti a tempo indeterminato, è stato introdotto con decreto legge, quindi c’erano evidenti ragioni di urgenza che ne giustificavano l’adozione con tale strumento, dal governo Monti nel giugno del 2012.
Dopo circa 27 mesi è finalmente diventato operativo il 15 settembre del 2014 (solo per le assunzioni del 2012 ovviamente; quelle fatte quest’anno saranno incentivate nel 2016!), data alla quale il Mise ha reso disponibile la piattaforma per caricare le domande.
Ma chi assume un PhD nel 2012 per avere un credito di imposta di fatto nel 2015? In pratica nessuna impresa, come ora certificano i dati della stessa procedura. Dei 25 milioni di euro messi a disposizione dallo Sviluppo economico per il 2012, ben 20.125.982, cioè più dell’80%, sono ancora disponibili dall’avvio del clickday e trattandosi di assunzioni relative al 2012 possiamo già considerare chiusa la procedura. Soltanto qualche centinaio di giovani altamente qualificati è stata assunta dalle imprese sfruttando il credito di imposta voluto a suo tempo da Corrado Passera, cifre ben distanti dalle cifre dell’allora governo che stimava in 4mila nuove assunzioni all’anno l’effetto del bonus fiscale.
Se si considera che solo per realizzare la piattaforma informatica sono stati spesi 500mila euro e che a questa somma si devono aggiungere il totale dei costi, anche amministrativi, che i contribuenti italiani hanno dovuto spesare per vedere la nascita del bonus Ph.D, si capisce come l’analisi costi benefici sia del tutto sfavorevole al bilancio pubblico.
Insomma la farraginosità della macchina pubblica è tale che perfino 25 milioni stanziati in favore di politiche pro-assunzioni restano per la quasi totalità non impiegati. E senza ricerca e startup troppo lontano non si va a livello di sviluppo economico.
Morale: quando la burocrazia impiega ben 27 mesi per rendere operativa una norma anticiclica ne uccide la capacità di incidere.