Sanità, in Italia la spesa IT non decolla

L’Osservatorio Ict del Polimi rileva una concentrazione di investimenti al Nord (21 euro pro-capite) a fronte di un Sud che spende solo 9 euro per abitante: “Risorse insufficienti e lontane dalla media Ue. All’e-health serve una governance a più livelli istituzionali”

Pubblicato il 03 Mag 2011

Ammonta a 920 milioni di euro il budget complessivo in tecnologie
dell’informazione e della comunicazione delle strutture sanitarie
italiane pubbliche e private, concentrato nel 79% dei casi tra le
strutture del Nord, dove si registra una spesa Ict pro capite di 21
euro, contro i soli 9 euro per abitante nel Sud e nelle Isole. A
dirlo la Ricerca dell'Osservatorio Ict in Sanità, presentata
oggi presso l'Aula Carlo de Carli del Politecnico di Milano in
occasione del convegno “Ict in Sanità: l'innovazione in
cerca di autore” promosso dalla School of Management del
Politecnico di Milano, con il contributo dell’Ict Institute del
Politecnico di Milano e in collaborazione con
Senaf/Exposanità.

Il report stima che gli investimenti sono destinati ad aumentare
nei prossimi 3 anni, anche se il risultato sarà ancora ampiamente
insufficiente. Il rapporto tra budget Ict e spesa complessiva
aziendale infatti si attesta su un valore medio di circa l’1%,
quota ancora lontana dai target europei. Mentre la volontà di fare
innovazione in Sanità si scontra spesso con una governance
frammentata e inefficace che insabbia nella dialettica di troppi
decisori i buoni propositi e i piani di cambiamento.

Si allarga il divario tra chi spende poco e chi spende molto:
cresce sia la percentuale di strutture sanitarie che destinano
all'Ict oltre 2,5 milioni di euro sia quella delle strutture
con budget inferiore al milione. Le aziende ad alto budget sono
quasi tutte concentrate nel Nord-Ovest e nel Nord-Est, mentre
quelle a basso budget sono per oltre il 50% al Centro, al Sud e
nelle Isole.

L’analisi punta a dimostrare come l’innovazione permetta di
ottenere benefici sull'efficacia dell’assistenza al paziente,
sul governo dei processi, sull'efficienza e la
razionalizzazione della spesa e sulla qualità del servizio
percepito dal cittadino: “L’investimento in tecnologie
dell’Ict oggi rappresenta, più che un’opportunità, una strada
obbligata – dice Mariano Corso, Responsabile Scientifico
dell'Osservatorio Ict in Sanità -. L’Ict rappresenta in
Sanità una leva chiave per raggiungere contemporaneamente
obiettivi di efficacia, efficienza e di miglioramento della
qualità”.

In Italia però il contributo positivo dell’innovazione
tecnologica sui processi e sull’organizzazione delle strutture
sanitarie non è ancora pienamente compreso e sfruttato. “Le
ragioni di questo gap sono molteplici – prosegue Corso –.
C'è sicuramente la limitatezza delle risorse economiche
investite, ma anche la debolezza del ruolo assegnato ai chief
information officer con la conseguente mancanza di una governance
unitaria degli sviluppi Ict a livello aziendale. C'è poi la
carenza di competenze interne alla Direzione Ict delle singole
strutture e la visione locale con la quale vengono pianificati e
gestiti gli investimenti, insieme all’incapacità di fare sistema
promuovendo lo sviluppo e il riuso di best practice”.
Per quanto riguarda la concentrazione degli investimenti la maggior
parte del budget nazionale è concentrato nel settore pubblico:
quasi metà (48%) è collocato nelle Asl e un terzo (31%) nelle
aziende ospedaliere. Seguono gli ospedali privati con il 15% e gli
Irccs con il 6%.
Nella ricerca emerge una chiara polarizzazione tra alta e bassa
capacità di spesa. Rispetto al 2010, nel 2011 sono passate dal 43
al 46% le strutture sanitarie con un budget Ict al di sotto di 1
milione di euro e dal 37 al 40% quelle che dispongono di oltre 2,5
milioni di euro.

Le strutture sanitarie ad alto budget Ict nell'83% dei casi
sono concentrate nel Nord Italia, solo l'11% nel Centro e il 6%
nel Sud e Isole.
Il confronto nelle diverse regioni italiane tra efficienza,
misurata in termini di spesa pubblica sanitaria pro capite, e
qualità dei servizi, misurata in termini di soddisfazione dei
cittadini, mostra inoltre come Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e
Piemonte siano caratterizzate al tempo stesso da elevata qualità
percepita e bassi costi per il cittadino, mentre al contrario
regioni come Lazio e Molise siano caratterizzate da elevati costi
per il cittadino e scarsa qualità dei servizi. È possibile quindi
dividere le regioni italiane in quattro categorie:
– Virtuose: Lombardia, Veneto, Emilia Romagna e Piemonte. Hanno
già livelli elevati di budget Ict, ma dovranno continuare a
investire in Ict per garantire un’innovazione sostenibile del
sistema sanitario;
– Poco virtuose: Lazio e Molise. L’ICT, oggi molto poco
sfruttata, deve essere utilizzata per abilitare una trasformazione
radicale del sistema sanitario;
– Alta qualità e alti costi: Trentino Alto Adige, Friuli, Valle
d’Aosta e Liguria. L’innovazione Ict deve servire per
migliorare l’efficienza e porre i costi sotto controllo;
– Bassi costi e bassa qualità del servizio: le altre regioni.
L'innovazione in ICT deve migliorare l’efficacia e la
qualità percepita.

Gli ambiti “strategici”, con alta maturità e per cui sono
previsti ulteriori investimenti nei prossimi tre anni, per gli
investimenti Ict in Sanità sono soprattutto la cartella clinica
elettronica (Cce), la gestione amministrativa e i sistemi di
integrazione con il fascicolo sanitario elettronico. Sono da
considerare invece ambiti “consolidati” la gestione delle
risorse umane e i sistemi di business intelligence, per cui si sono
raggiunti alti livelli di maturità ma non si prevedono per il
futuro ulteriori investimenti rilevanti.

Al contrario, la gestione informatizzata dei farmaci e il supporto
alla relazione con il paziente sono ambiti “emergenti”: non
hanno ancora raggiunto un notevole sviluppo ma si prevedono elevati
investimenti per il futuro. Infine, sono ancora marginali nella
prospettiva delle strutture sanitarie i sistemi di clinical
governance, la conservazione sostitutiva, la medicina sul
territorio e la fatturazione elettronica, per i quali sono bassi
sia la maturità attuale che gli investimenti previsti.

La volontà di fare innovazione in Sanità si scontra però in
Italia con la presenza di una governance frammentata e spesso
inefficace. La responsabilità della gestione della Sanità in
Italia è infatti suddivisa in una rete a più livelli di attori
autonomi, i cui comportamenti si influenzano reciprocamente. Capita
spesso, così, che un’innovazione possibile non trovi
applicazione a causa della mancanza di un “autore” che dal
punto di vista organizzativo prenda l’iniziativa, assumendosi
oneri e responsabilità.

“La ricerca evidenzia la necessità di una governance condivisa –
conclude Corso – capace di incentivare e favorire sia il
coinvolgimento verso i livelli più bassi sia la disponibilità
verso quelli più alti, insieme alla collaborazione con gli attori
dello stesso livello. Bisogna evitare di perdere altro tempo
nell’attesa di un intervento provvidenziale, una sorta di ‘deus
ex machina’ che possa intervenire dall’alto e ristabilire il
corretto equilibrio tra le parti – conclude Corso -. Ciascuno,
dalleiIstituzioni nazionali e sovranazionali alle Regioni, alle
strutture sanitarie, fino ai singoli operatori della Sanità, deve
impegnarsi al proprio livello a giocare il ruolo che gli compete in
un sistema che per sopravvivere è condannato a innovare. Senza uno
sforzo concreto da parte di tutti questi attori per una governance
condivisa, l’innovazione Ict in Sanità rischia di rimanere per
sempre in cerca d’autore”.

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