INNOVAZIONE

Banda ultralarga, si apre l’era del grafene: IIT e Cnit guidano la ricerca nazionale

Messo a punto un nuovo metodo di produzione del materiale grazie al quale sarà possibile ridurre il consumo energetico dei dispositivi. A coordinare gli studi i due centri specializzati di Pisa

Pubblicato il 26 Feb 2021

A. S.

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I ricercatori italiani si distinguono nel mondo per la loro attività nel campo del grafene. L’ambito è quello del progetto europeo Graphene Flagship, che ha l’obiettivo di sviluppare nuove soluzioni ad alto contenuto tecnologico per favorire la competitività dell’UE sui mercati internazionali. Il team Il team coordinato dalla ricercatrice Camilla Coletti, a capo dei Graphene Labs dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) a Pisa, e quello guidato da Marco Romagnoli, responsabile dell’Advanced Technologies for Photonic Integration Lab al Cnit, sempre a Pisa, hanno ideato un nuovo metodo di produzione del grafene adattabile alle esigenze industriali e un nuovo dispositivo ad alta efficienza per le telecomunicazioni a banda larga. I risultati del loro lavoro sono stati presentati in due pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali, Acs Nano e Nature Communications. l lavoro di ricerca ha visto il coinvolgimento, oltre all’IIT e al Cnit, di altre realtà di ricerca italiane, l’Inphoetc e il Tecip Institute – entrambe con sede a Pisa, la start-up innovativa CamGraphiC, Nokia, con i gruppi di ricerca in Italia e Germania, e il Cambridge Graphene Centre dell’Università di Cambridge nel Regno Unito.

Finanziata dalla Commissione Europea nel 2013, l’iniziativa decennale Graphene Flagship è alla fase di core3 – si legge in una nota di IIT – ovvero nella parte di progetto più orientata a raggiungere obiettivi industriali in diversi settori, dal biomedicale, ai compositi, all’energia fino all’optoelettronica.

All’interno della Graphene Flagship, Camilla Coletti coordina i lavori scientifici del team internazionale dedicato alla produzione del grafene e al suo utilizzo nell’ambito delle telecomunicazioni, oltre a essere coinvolta nel progetto Spearhead Metrograph, dove i dispositivi fotonici a base di grafene assumono la duplice funzione di ricevitori e trasmettitore di segnali pensando a una loro larga introduzione sul mercato. Tra gli obiettivi di Metrograph c’è quello di promuovere la collaborazione tra il mondo accademico e le industrie leader nel settore con l’obiettivo di sviluppare prototipi che abbiano le caratteristiche adeguate per diventare prodotti high-tech.

La nuova tecnica, spiega la nota, messa a punto nei laboratori del Centro di IIT a Pisa, il Center for Nanotechnology Innovation (CNI) presso il Nest, riguarda la realizzazione di cristalli di grafene dello spessore di un atomo e la loro integrazione su piattaforme fotoniche industriali. Una tecnica che può essere tradotta in un processo automatico trasferibile nella produzione a larga scala. Il nuovo metodo consente di ottenere 12.000 cristalli di grafene in un singolo wafer, corrispondenti alla configurazione e alla disposizione esatta di cui si ha bisogno per i dispositivi fotonici a base di grafene.

“Tradizionalmente, quando si mira ad integrare il grafene su larga scala, si parte dalla sintesi di un singolo strato di grafene ampio centinaia di centimetri quadrati e lo si trasferisce su piattaforme fotoniche (wafer); sarebbe infatti molto difficile trasferire un’area ampia come un “lenzuolo” e spesso quanto un atomo, senza generare grinze e buchi – spiega Camilla Coletti – La nostra tecnica permette di ottenere singoli cristalli di grafene, con eccellenti proprietà strutturali ed elettroniche, esattamente dove servono. I cristalli di grafene sono poi trasferiti nelle configurazioni più adeguate per la realizzazione di dispositivi fotonici, in questo caso senza il rischio che si creino difetti”.

I gruppi di ricerca italiani hanno applicato la nuova tecnica di produzione alla progettazione di fotorilevatori al grafene ad alta velocità. I dispositivi fotonici a base di grafene offrono diversi vantaggi: assorbono la luce dall’ultravioletto al lontano infrarosso, consentendo comunicazioni a banda ultra larga; e hanno al loro interno un’elevata mobilità delle cariche elettriche, consentendo una trasmissione dati che supera le reti Ethernet alle migliori prestazioni, infrangendo la barriera dei 100 gigabit al secondo.

“Nel grafene quasi tutta l’energia della luce può essere convertita in segnali elettrici – aggiunge Marco Romagnoli del Cnit a Pisa – una caratteristica che permette di ridurre enormemente il consumo di energia e massimizzare l’efficienza dei dispositivi per le telecomunicazioni”. Rispetto ai dispositivi classici, che presentano limitazioni in termini di dimensioni e costi, l’utilizzo di dispositivi a base di grafene permetterebbe di ridurre il consumo energetico, rendendo il futuro delle telecomunicazioni un futuro low-carbon.

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