SCENARI

Smart working strumento prezioso per abbattere il gender pay gap

Secondo un report di Variazioni, presentato alla Camera, la messa a regime del lavoro agile favorirebbe una maggiore condivisione del lavoro di cura tra donne e uomini e funzionerebbe da “equalizzatore retributivo” dato che il “tempo” non è più fattore chiave per determinare lo stipendio

Pubblicato il 28 Mag 2021

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Lo smart working, se strutturale e “vero”,  favorisce l’equità e la trasparenza retributiva di genere. Sono le conclusioni  dell’analisi presentata, presso la Commissione XI del lavoro della Camera dei deputati, da Variazioni, società di consulenza specializzata in innovazione organizzativa e smart working, convocata in audizione in merito al processo di adozione della direttiva europea per l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra uomini e donne.

Secondo il rapporto di Variazioni, basato sui dati raccolti dalle proprie indagini condotte su oltre cinquantamila lavoratori e manager multi settore, sia pubblico che privato, 1 lavoratore agile su 2 è donna ed esiste una forte correlazione tra adozione del lavoro agile, employability femminile, trasparenza ed equità retributiva. 

L’organizzazione del lavoro e la flessibilità  organizzativa tipiche del lavoro agile nella sua forma vera e strutturale, ovvero come soluzione di efficienza organizzativa voluta condivisa, e non dettata da motivi di welfare (e tanto meno emergenziali), contribuisce a realizzare una più equa redistribuzione dei compiti di cura, riducendo il ricorso al part time e a ferie “forzate” e aumentando, al contempo, negli uomini la  consapevolezza di dover partecipare al lavoro domestico e di cura.

Ma l’aspetto più interessante riguarda la funzione che lo smart working è in grado di svolgere come “equalizzatore retributivo”, dato che  il “tempo”  lavorato  non è più un fattore determinante per la retribuzione ma lo sono gli obiettivi.  

Per quanto riguarda l’employability femminile, il lavoro agile favorisce la permanenza nel mercato del lavoro e con un impatto importante sui percorsi di carriera: riduce le difficoltà di conciliazione alla base dell’abbandono dell’occupazione – nel 2019 oltre il 73% delle dimissioni erano di donne – e rafforza le competenze, digitali e manageriali funzionali a restare sul mercato del lavoro.

“Suggeriamo che lo Smart Working venga considerato come uno strumento prioritario di miglioramento della condizione lavorativa femminile – spiega Arianna Visentini fondatrice e ceo di Variazioni – Il vero Lavoro Agile se correttamente inteso e introdotto, può fungere da strumento di straordinaria efficacia nella direzione della parità retributiva di genere, della trasparenza verso un vero cambiamento culturale. La trasparenza delle retribuzioni con il lavoro agile arriva come risultato di un processo. Diversamente l’introduzione di una misura di trasparenza imposta dall’alto o in contesti impreparati, non viene compresa e può potenzialmente diventare controproducente”.

“Il lavoro agile si definisce vero – evidenzia Stefania Cazzarolli co-fondatrice di Variazioni – quando rappresenta una soluzione efficace e conveniente per soggetti diversi con esigenze diverse; si configura come una risposta organizzativa e non solo di welfare. Per ottenere questo risultato è necessario che le organizzazioni condividano in modo autentico gli obiettivi, promuovano un percorso di ascolto e comunichino in modo trasparente”.

“In conclusione – dicono le manager – Considerati i benefici del lavoro agile nello sviluppo di un mercato del lavoro più equo e la correlazione positiva che la riduzione del gap retributivo di genere ha sull’aumento del PIL, riteniamo che l’introduzione di incentivi anche di tipo fiscale insieme alla semplificazione burocratica all’introduzione del lavoro agile nelle piccole medie aziende, possa rappresentare l’approccio corretto per innescare una trasformazione culturale e una progressiva trasparenza delle retribuzioni”.

I dati sul gap retributivo di genere

Nell’Unione Europea le donne guadagnano in media il 14,1%  in meno rispetto agli uomini,esponendole ad una peggiore qualità della vita, maggiori rischi di povertà. Tale disparità, inoltre, si riflette sul divario retributivo pensionistico ampliandolo. In Italia tale media scende al 4,7: indice non tanto di una più equa distribuzione dei redditi, ma, piuttosto di una più scarsa partecipazione femminile al mercato del lavoro, che in Italia è il più basso d’Europa dopo la Grecia con un tasso di occupazione della fascia d’età 16-64 anni del 52,7%. (Eurostat 2020)

Valutazioni del Parlamento Europeo evidenziano che la riduzione di un punto percentuale di divario retributivo di genere comporterebbe un aumento del PIL del 0,1%

Il gap retributivo è più pronunciato nel settore privato rispetto a quello pubblico: in Italia le donne occupate nel settore privato percepiscono una retribuzione del 17% inferiore a quella degli uomini. Più equa è la retribuzione nel settore pubblico, con un gap appena sotto il 4%. Differenza ascrivibile ai diversi parametri che determinano la retribuzione: nel settore pubblico la retribuzione è legata all’anzianità, fattore gender neutral, mentre in ambito privato concorrono altri fattori, come la  disponibilità a straordinari, trasferte, che risultano penalizzanti per le donne o chi ha ruoli di cura, accentuando il gap di genere.

Le principali cause di questo gap secondo i dati della Commissione Europea sono da ascriversi a:

✔    L’effetto “soffitto di cristallo” per cui le posizioni apicali e dirigenziali restano per la maggior parte appannaggio degli uomini.

✔    La ricerca di equilibrio tra lavoro e vita privata: un terzo delle donne nella UE lavora part-time contro il 8,7% degli uomini.

✔    La mancanza di trasparenza salariale e informazioni sui sistemi retributivi

A queste motivazioni si aggiungono gli ostacoli all’attuazione effettiva al principio di parità costituiti dalla  mancanza di certezza giuridica sui concetti di “pari valore e di “retribuzione” e l’insufficiente accesso alla giustizia.

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