L’espressione “sovereign AI” è sempre più presente nel dibattito politico e industriale globale. Si tratta dell’idea che i singoli Stati o le regioni sovranazionali debbano controllare l’intero ciclo di vita dell’intelligenza artificiale, dai dati alla capacità di calcolo, fino allo sviluppo dei modelli e delle applicazioni. L’obiettivo è duplice: preservare l’indipendenza strategica e ridurre la dipendenza da infrastrutture e tecnologie straniere, in particolare statunitensi.
Secondo Peter Jarich, direttore di GSMA Intelligence, il concetto non si limita alla sola sovranità dei dati.
Durante la puntata del podcast “Telco for AI vs AI for Telco”, pubblicato da Mobile World Live e condotto dai giornalisti Kavit Majithia e Mike Robuck, Jarich ha spiegato che la sovranità AI implica la costruzione di un ecosistema nazionale o regionale, capace di sostenere la formazione di modelli linguistici su larga scala, lo sviluppo di infrastrutture di cloud e edge computing, e l’elaborazione in lingua locale.
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Dalla sovranità dei dati all’ecosistema locale
Nel corso del dibattito, è emersa una visione ampia del tema: la sovranità AI non riguarda solo dove risiedono i dati, ma anche chi possiede l’infrastruttura, chi sviluppa gli algoritmi e con quali finalità. L’attuale concentrazione dell’innovazione AI in poche mani – principalmente in grandi aziende americane – ha spinto governi e operatori a interrogarsi sulla sostenibilità di questo modello.
Per Jarich, un elemento centrale della sovereign AI riguarda la capacita di adattare i modelli AI a lingue e contesti culturali diversi, considerando che la maggior parte degli LLM è ancora addestrata su una manciata di lingue globali.
L’Europa investe, gli USA dettano il ritmo
A livello geopolitico, l’interesse per la sovereign AI si esprime con toni diversi a seconda delle aree del mondo. L’Europa è forse il continente più attivo nel costruire un impianto normativo e industriale coerente con l’idea di sovranità tecnologica. Le telco europee, spiega Jarich, sono spesso coinvolte in progetti legati alla creazione di cloud regionali, all’adozione di data center nazionali e alla messa a punto di modelli linguistici addestrati localmente.
Il silenzio strategico degli USA sul tema
Negli Stati Uniti, il concetto di sovereign AI non è altrettanto discusso. Come sottolinea Mike Robuck, nel corso del podcast, la narrativa dominante è ancora incentrata sull’innovazione di mercato. Le grandi aziende tech americane sono le principali fornitrici di servizi AI a livello globale, e questo riduce la pressione per creare strutture sovrane. Tuttavia, le implicazioni politiche non mancano: i riferimenti alla regolazione dell’AI nell’agenda dell’amministrazione Trump mostrano come il tema dell’indipendenza tecnologica possa facilmente intrecciarsi con logiche ideologiche, come nel caso delle restrizioni sull’inclusione di criteri DEI (diversity, equity, inclusion) nei modelli AI.
I miliardi investiti da Microsoft e altri attori
Anche se il termine “AI sovrana” non è esplicitamente usato, le grandi piattaforme statunitensi stanno moltiplicando gli investimenti in infrastrutture locali. Microsoft, secondo quanto evidenziato da Robuck, ha avviato progetti multimiliardari in diversi Paesi per adattarsi ai requisiti normativi locali. L’obiettivo è evitare attriti con le autorità, soprattutto europee, e assicurare la continuità dei servizi cloud e AI. Si tratta di un adattamento che, pur non partendo da una spinta governativa, finisce per costruire elementi di sovranità funzionale.
Il ruolo delle Telco nei piani nazionali
In questo scenario, le telco possono giocare un ruolo cruciale. La loro presenza capillare sul territorio, la gestione delle infrastrutture di rete e l’accesso a grandi quantità di dati ne fanno attori ideali per supportare lo sviluppo di un’AI sovrana, soprattutto nei mercati che vogliono ridurre la dipendenza dai big tech.
Peter Jarich sottolinea però una possibile criticità: la corsa all’AI sovrana rischia di produrre un eccesso di capacità. Molti Paesi stanno investendo nella creazione di data center, modelli linguistici locali e infrastrutture dedicate, ma non è chiaro se la domanda sarà sufficiente a giustificare questi investimenti. Il rischio, secondo Jarich, è di ritrovarsi con infrastrutture inutilizzate o sottoutilizzate, costruite più per motivi politici che per reali esigenze di mercato.
Il rischio di overcapacity e scarsa adozione
L’intervento di Jarich evidenzia un punto spesso trascurato nei dibattiti sulla sovereign AI: la sostenibilità economica dei piani di sovranità. Costruire un’infrastruttura è solo una parte della sfida. L’altra metà riguarda la capacità di creare un ecosistema che effettivamente usi queste risorse, garantendo interoperabilità, sicurezza, governance e modelli di business funzionali.
M&A o partnership? Le mosse possibili
Una delle domande sollevate nel corso del podcast riguarda il modo in cui le telco potrebbero entrare più attivamente nel mercato dell’AI: acquisizioni o alleanze strategiche?
Per Mike Robuck, è improbabile che gli operatori mobili realizzino grandi operazioni di M&A per entrare direttamente nell’AI. Piuttosto, vedremo un aumento delle partnership con attori come Nvidia, Microsoft o Meta, che mettono a disposizione tecnologie e piattaforme che le telco possono integrare nei propri servizi. Jarich conferma questa linea, osservando che il ciclo delle acquisizioni su larga scala è terminato, almeno per ora, nei mercati più maturi. L’attenzione si sposta verso una focalizzazione sul core business, dove l’AI viene vista come un’abilitazione piuttosto che come un nuovo settore in cui espandersi direttamente.
Un’eccezione potrebbe arrivare dall’Asia, in particolare da mercati dinamici come Corea del Sud o India, dove il consolidamento tra AI e telecomunicazioni potrebbe generare modelli ibridi più innovativi.
Un futuro multipolare dell’AI telecom?
Alla fine del confronto emerge una visione sfaccettata del futuro dell’AI nel settore telco. La spinta verso la sovranità tecnologica non è uniforme, ma sta rimodellando gli equilibri globali, imponendo agli operatori di rete nuove responsabilità e opportunità.
Se da una parte le telco devono adattarsi a regolamenti sempre più frammentati e a esigenze locali specifiche, dall’altra hanno l’opportunità di diventare partner chiave nella costruzione di un’AI più inclusiva, resiliente e distribuita. Il successo non dipenderà solo dalla tecnologia, ma dalla capacità di inserirla in strategie condivise tra pubblico e privato, tra infrastruttura e contenuto, tra scala globale e radicamento locale.