L'EDITORIALE

Green pass, fisco, e-fatture: scoppia il caso Garante privacy

Monta la protesta sulle misure dell’Autorità a tutela della data protection: ad accendere la miccia i provvedimenti legati al trattamento delle informazioni sulle vaccinazioni. E a catena il dibattito si estende anche in altri campi. Ma non è questo il modo di affrontare le questioni in ballo: lo scontro istituzionale rischia di trasformarsi in un boomerang

Pubblicato il 11 Giu 2021

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Il diritto alla privacy è diventato nelle ultime ore un “caso” nazionale al punto da sortire uno scontro istituzionale e politico. La miccia è stata innescata dalle decisioni dell’Autorità collegate alla gestione del Green Pass per le vaccinazioni, ultima quella relativa alla sospensione temporanea dell’App IO a causa del presunto trasferimento dei dati a Paesi extra-Ue che ha fatto andare su tutte le furie PagoPA. Il Garante però, in totale trasparenza, ha pubblicato sul proprio sito rendere la relazione tecnica che ha accompagnato il provvedimento sull’App IO trasmesso il 9 giugno a PagoPa. (SCARICA QUI LA RELAZIONE)

E a puntare il dito contro le decisioni anche il candidato sindaco di Roma Carlo Calenda di Azione che addirittura spara ad alzo zero definendo “il Garante della Privacy un altro assurdo intoppo burocratico di questo Paese“. Altrettanto duri i giudizi emersi in occasione di un webinar promosso dalla Fp-Cgil. Il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, ha attribuito ai paletti privacy “l’azzoppamento” degli esiti sperati dalla fatturazione elettronica. “L’Agenzia delle Entrate non può utilizzare la banca dati della fatturazione elettronica in maniera piena perché non sono superati del tutto i problemi della privacy”. “Bisogna concepire il diritto alla privacy con i diritti altrettanto sacrosanti di ricevere l’assistenza sanitaria o l’istruzione. Altrimenti si immolano sull’altare del diritto alla privacy tutti gli altri diritti che vengono lesi”, ha aggiunto evidenziando che “le banche sanno quanto guadagniamo e quanto spendiamo, le carte di credito sanno cosa facciamo, i social media sanno tutto di noi. Quindi ai privati cediamo i nostri diritti alla privacy e poi ci difendiamo dallo Stato che siamo noi stessi”.

Tranchant anche l’economista Vincenzo Visco il quale considera addirittura “demenziale l’opposizione del Garante della privacy che si arroga il diritto di dire quello che lo Stato può fare con le banche dati pubbliche, mentre consente l’utilizzazione senza limiti a Google e Amazon dei nostri dati personali”. Visco ha acceso i riflettori anche sulla questione dell’evasione fiscale: “Ci sono le sacrosante esigenze della riservatezza, ma non possono essere un ostacolo quando c’è di mezzo l’interesse pubblico e senza le banche dati l’evasione fiscale non può essere sconfitta”.

E’ evidente che l’inasprimento dei toni non porta da nessuna parte se non a uno scontro istituzionale pericoloso in un momento critico come quello che stiamo vivendo. E peraltro il diritto alla privacy è una pietra miliare dell’Italia, Paese considerato una best practice a livello internazionale. Che possano esserci degli “aggiustamenti” è lecito proporre, anche in considerazione delle rinnovate esigenze soprattutto legate alla pandemia, ma che si faccia di tutta l’erba un fascio, improvvisamente e su terreni in cui si dibatte da anni senza alcun risultato appare quantomeno “ardito”. Dunque è la privacy a impedire nel nostro Paese la lotta all’evasione fiscale? E’ la privacy l’ostacolo alla incapacità di saper analizzare e processare le banche dati pubbliche? Siamo proprio sicuri?

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