PRIVACY

Lavoro, stretta sul controllo di e-mail e smartphone aziendali

Una pronuncia del Garante per la protezione dei dati personali contro una multinazionale ribadisce: “Libertà e dignità sono inviolabili”. Sotto accusa la conservazione delle caselle postali dopo la fine dei contratti, l’informativa ai lavoratori e l’accesso da remoto ai device da parte del datore di lavoro

Pubblicato il 17 Feb 2017

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Vietato accedere in maniera indiscriminata alla posta elettronica o ai dati personali contenuti negli smartphone in dotazione ai dipendenti. A ricordare nuovamente l’illegittimità di una simile condotta è il Garante della privacy nell’ambito di un provvedimento nei confronti di una multinazionale. Disponendo il divieto, l’authority motiva la decisione ribadendo “il datore di lavoro, pur avendo la facoltà di verificare l’esatto adempimento della prestazione professionale ed il corretto utilizzo degli strumenti di lavoro da parte dei dipendenti, deve in ogni caso salvaguardarne la libertà e la dignità, attenendosi ai limiti previsti dalla normativa”.

La vicenda nasce dal reclamo di un dipendente che si era rivolto al Garante lamentando un illegittimo trattamento effettuato da una multinazionale, che avrebbe acquisito informazioni anche private contenute nella e-mail e nel telefono aziendale, sia durante il rapporto professionale sia dopo il suo licenziamento.

Le attività dell’Autorità hanno accertato numerose irregolarità. Tra queste, il fatto che la società non avesse adeguatamente informato i lavoratori sulle modalità e finalità di utilizzo degli strumenti elettronici in dotazione, né su quelle relative al trattamento dei dati. La multinazionale aveva poi configurato il sistema di posta elettronica in modo da conservare copia di tutta la corrispondenza per ben dieci anni, un tempo non proporzionato allo scopo della raccolta. Esisteva anche una procedura che consentiva alla società di accedere al contenuto dei messaggi che, in linea con la policy aziendale, potevano avere anche carattere privato. È addirittura emerso che la società continuava a mantenere attive le caselle e-mail fino a sei mesi dopo la cessazione del contratto, senza però dare agli ex dipendenti la possibilità di consultarle o, comunque, senza informare i mittenti che le lettere non sarebbero state visionate dai legittimi destinatari ma da altri soggetti.

Nel corso dell’istruttoria è stato accertato inoltre, che il titolare poteva accedere da remoto e non solo per attività di manutenzione alle informazioni contenute negli smartphone in dotazione ai dipendenti. Anche privatissime e non attinenti allo svolgimento dell’attività lavorativa, tenendosi la possibilità di copiarle o cancellarle, di comunicarle a terzi violando i principi di liceità, necessità, pertinenza e non eccedenza del trattamento.

Alla luce di tutte queste criticità, il Garante ha disposto l’apertura di un autonomo procedimento per verificare l’applicazione di eventuali sanzioni amministrative, ricordando che la disciplina di settore in materia di controlli a distanza “non consente di effettuare attività idonee a realizzare, anche indirettamente, il controllo massivo, prolungato e indiscriminato dell’attività del lavoratore”. I lavoratori, conclude l’Autorità, devono inoltre essere sempre informati in modo chiaro e dettagliato sulle modalità di utilizzo degli strumenti aziendali ed eventuali verifiche.

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