Le aziende di tutto il mondo continuano a investire nella privacy dei dati: la spesa globale è passata infatti da 1,8 milioni di dollari del 2020 a 2,2 milioni di dollari di quest’anno. Tuttavia, esiste una notevole differenza tra le misure adottate dalle aziende in materia e ciò che i consumatori si aspettano, soprattutto per quanto riguarda l’applicazione e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale (IA).
Secondo la sesta edizione del Cisco Data Privacy Benchmark Report 2023 (SCARICA QUI IL REPORT COMPLETO), il 60% dei consumatori è preoccupato per il modo in cui le organizzazioni applicano e utilizzano l’IA mentre il 65% ha già perso fiducia per lo stesso motivo. Al contempo, il 92% degli intervistati ritiene che la propria azienda debba fare di più per rassicurare i clienti sull’utilizzo dei dati, e che le priorità delle aziende in materia di privacy sono in realtà diverse rispetto a quelle espresse dai consumatori.
Fra strategie aziendali e aspettative dei consumatori
I consumatori hanno anche affermato che un modo per renderli più tranquilli sarebbe quello di fornire loro l’opportunità di rinunciare alle soluzioni che si basano sull’IA. Tuttavia, il report mostra che tra le opzioni che le aziende mettono a disposizione, quella dell’opportunità opt-out è stata la meno selezionata (8% in Italia). L’83% degli intervistati in Italia, inoltre, ritiene che i fornitori globali siano in grado di proteggere meglio i loro dati rispetto ai fornitori locali.
“Quando si tratta di guadagnare e costruire la fiducia, la conformità non è sufficiente”, dichiara Harvey Jang, vicepresidente e Chief privacy officer di Cisco. La richiesta di trasparenza da parte delle aziende è risultata essenziale per il 39% dei consumatori, mentre le aziende intervistate ritengono che la conformità dei dati sia la loro priorità (30%). Anche se il 96% delle aziende italiane ritiene di attuare dei processi per soddisfare gli standard e le aspettative dei clienti circa i servizi che si basano sull’IA, il 92% dei consumatori ritiene che debba essere fatto di più.
Il ritorno sull’investimento della privacy
Oltre il 70% delle aziende ritiene che la privacy aggiunga un grande valore, permetta di ridurre i ritardi nelle vendite, di mitigare l’impatto dovuto alle violazioni dei dati, di abilitare il processo di innovazione, di operare con maggiore efficienza, di consolidare la fiducia dei clienti e di attirarne di nuovi. Le aziende stimano, in media, un ritorno pari a quasi 2,2 volte l’investimento fatto, mentre il 94% degli intervistati ritiene che i benefici della privacy siano complessivamente superiori ai costi.
E così, con la privacy che si conferma una priorità aziendale, un numero sempre maggiore di aziende (95%) riconosce che tutti i dipendenti svolgono un ruolo fondamentale nella protezione dei dati.
“L’approccio di un’azienda al tema della privacy ha un impatto che va oltre la conformità”, spiega Dev Stahlkopf, Executive vicepresident e Chief legal officer di Cisco. “Gli investimenti in materia di privacy generano valore aziendale non solo per le vendite, ma anche per la sicurezza e, soprattutto, per la fiducia”.
Maggiore fiducia nei confronti dei fornitori globali
La legislazione sulla privacy svolge un ruolo fondamentale e consente ai governi di ritenere le aziende responsabili della gestione dei dati personali. Attualmente sono 157 i Paesi (rispetto ai 145 dell’anno scorso) che dispongono di leggi sulla privacy, e anche se il rispetto di queste leggi spesso comporta sforzi e costi significativi, il 79% delle aziende intervistate ha accolto in maniera positiva l’inquadramento normativo di questa materia. L’83% degli intervistati, tendenza confermata in Italia, ha inoltre affermato che un fornitore che opera a livello globale è in grado di proteggere i dati in modo più efficace rispetto a un fornitore locale.