LE NUOVE REGOLE

Twitter “banna” gli spot politici. In campo algoritmi e un team dedicato

Via tutti i riferimenti a candidati o elezioni in vista delle Presidenziali Usa 2020. E non sarà permesso neanche fare campagne per promuovere cause sociali. Le misure in vigore dal 22 novembre

Pubblicato il 18 Nov 2019

Antonio Dini

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Nel dubbio, si vieta tutto. Twitter rafforza la sua politica di eliminazione della politica dalla pubblicità sul flusso di cinguettii definendo i divieti con un articolato di norme ancora più restrittive di quanto immaginato un mese fa, per quanto riguarda gli spot politici. Via tutti i riferimenti a candidati o alle elezioni, e non sarà permesso neanche fare spot per promuovere cause sociali.

Twitter aveva annunciato di voler chiudere il rubinetto della pubblicità politica per candidati a elezioni e simili lo scorso mese, ma non aveva ancora annunciato i dettagli della sua nuova politica. Venerdì scorso invece l’azienda ha spiegato cosa intende per “contenuto politico”: qualsiasi cosa faccia riferimento a “candidati, partiti politici, figure elette o nominate, elezioni, referendum, qualunque misurazione dei voti, legislazione, regolamenti, direttive o decisioni giudiziali.

Twitter ha anche detto che utilizzerà un insieme di sistemi automatici e di lavoro umano per applicare le nuove policy per la pubblicità.

La decisione arriva mentre si sta scaldando la temperatura politica negli Usa per le elezioni presidenziali del novembre 2020.

L’obiettivo di Twitter è dare una risposta soprattutto a chi chiede che i social media non diano più spazio alle fake news e alle informazioni alterate o scorrette che possono in qualche modo influenzare le elezioni. Jack Dorsey, il ceo di Twitter, ha detto che “la presa di un messaggio politico dovrebbe essere meritata e non comprata”. Il ban entrerà in funzione il prossimo 22 novembre.

Facebook invece ha rifiutato le richieste di alcuni politici di sposare la politica di Twitter e dice che non vuole vietare o controllare che gli spot politici siano veritieri in nome della libertà di espressione e di parola.

Intanto Brad Parscale, responsabile della campagna per la rielezione di Donald Trump, ha detto che questa mossa “è un altro tentativo di far tacere i conservatori, dato che Twitter sa bene che il presidente Trump ha la più sofisticata campagna online che si sia mai vista”.

Bill Russo, dirigente della campagna elettorale di Joe Biden, il vicepresidente della amministrazione Obama, ha detto di apprezzare che Twitter non permetterà spot in cui ci siano “calunnie spudorate”, ma che i social media in generale dovrebbero lavorare di più per assicurare che i loro siti non diventino veicolo di disinformazione.

Twitter permetterà alle associazioni e gruppi, ma anche alle aziende, di far passare degli spot che promuovano la discussione e la consapevolezza relativamente a cause sociali come l’ambiente. Ma non permetterà che siano pubblicati quelli spot che richiedono cambiamenti politici e legislativi, soprattutto se hanno a che fare con temi relativi al business delle aziende che li promuovono.

Un esempio fatto da Twitter è che un gruppo di cittadini può pubblicare spot contro la violenza perpetrata utilizzando le armi, ma non può chiedere un divieto di possesso di armi semiautomatiche come quelle usate nelle sparatorie di massa, che implicherebbe una modifica alla legislazione americana corrente.

La manovra di Twitter è complessa e, secondo alcuni osservatori, anche difficile da realizzare in pratica. “Come fare a discriminare – si chiede Roy Temple di Gps Impact – una campagna a favore dell’assistenza sanitaria universale dalle relative leggi e progetti di legge?”. Tuttavia, l’’impatto economico della mossa di Twitter sui suoi stessi conti, secondo Temple, è limitato perché la pubblicità politica è solo una piccola frazione del totale per l’azienda di Jack Dorsey.

Se tuttavia anche le due grandi piattaforme, cioè Facebook e Google, seguissero questa politica per la pubblicità online, dice Eric Wilson che si occupa di campagne elettorali a Washington, i risultati sarebbero “catastrofici”: “Se Facebook prendesse in considerazione l’ipotesi di eliminare il microtargeting, quello sarebbe il momento di farsi prendere dal panico”. La piattaforma di Mark Zuckerberg è infatti il migliore e più grande veicolo per raccogliere e consolidare il supporto dal basso, soprattutto in fase di finanziamento delle campagne elettorali, e un divieto come quello di Twitter colpirebbe soprattutto i candidati che non accettano donazioni dalle grandi corporation.

Infine, per quanto riguarda la pubblicità dei giornali su Twitter, le nuove regole volute da Dorsey prevedono che i media possano continuare a pubblicare le loro pubblicità sul social con riferimenti diretti a contenuti politici, basta che non prendano posizione a favore o contro alcun argomento.

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