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5G, Huawei chiarisce: “Nessuna intenzione di lasciare l’Italia”

Mal interpretate, sostiene l’azienda, le dichiarazioni del Presidente De Vecchis in audizione alla Camera sul decreto perimetro cibernetico. “Facevano riferimento a un caso teorico e non hanno alcuna connessione con le politiche di cybersecurity che il Governo metterà in atto”

Pubblicato il 07 Ott 2019

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“Riguardo all’audizione effettuata oggi alla Camera da Luigi De Vecchis, Presidente di Huawei Italia, l’azienda riafferma il proprio impegno nel Paese, sulla base di una presenza di 15 anni all’insegna della collaborazione e della crescita. Huawei non ha alcuna intenzione di lasciare l’Italia, che è uno dei mercati più importanti in Europa e nel mondo”: questo il chiarimento che Huawei ha messo nero su bianco in serata a seguito di quanto dichiarato dal Presidente Luigi De Vecchis in occasione dell’audizione sul decreto Perimetro cibernetico.

“Le dichiarazioni del Presidente  – sottolinea l’azienda – facevano riferimento a un caso teorico e non hanno alcuna connessione con le politiche di cybersecurity che il Governo metterà in atto. Huawei supporta tutti i passi necessari per proteggere la sicurezza nazionale. Gli investimenti di Huawei in Italia sono confermati così come la fiducia in un ambiente aperto e collaborativo”.

“E’ in corso una battaglia geopolitica tra Usa e Cina della quale Huawei è un capro espiatorio. E non possiamo dar credito a un signore che viene qui a dire ‘fuori Huawei dalla PA’, per noi è un grosso danno”, ha detto in audizione il presidente Luigi De Vecchis, commentando il pressing del segretario di Stato americano Mike Pompeo sul 5G nel corso della visita in Italia.

Parlando più specificamente del decreto De Vecchis ha detto: “Vorremmo capire meglio quali sono le circostanze che creano pregiudizio alla sicurezza nazionale. Le misure di sicurezza correttive secondo noi devono essere uniche per tutto il cyberspazio”. Il presidente di Huawei Italia si è augurato poi che “la collaborazione tra istituzioni e operatori sia attivata sin dall’inizio”.

“Nel 2018 ci sono stati 157 attacchi, pari a 967 milioni di minuti di disservizi nella rete. Il 67% dovuto a system failure, il 18% a errori umani e solo il 5% ad attacchi hacker – ha ricordato – Questi 967 milioni di minuti rappresentano lo 0,062% dell’intero sistema di comunicazione”.

“Vorrei far presente che esistono già degli standard di sicurezza e non possiamo non fare riferimento agli standard internazionali – ha evidenziato- Chiediamo quindi il riferimento a norme comuni all’interno degli stati della Ue. Le misure di sicurezza collettive devono essere uniche per tutte il cyberspazio”.

Sappiamo che le tecnologie emergenti aumenteranno il perimetro della rete e i rischi informatici, riteniamo importante per questo motivo il confronto tra istituzioni e operatori, perché la competenza è in casa nostra e noi abbiamo tutta la propensione ad aprire su un settore così importante”.

“L’adozione di misure specifiche che impongono la sostituzione di reti 5G che hanno già adottato le prescrizioni dettate dalla attuale normativa sul golden power crea un quadro di incertezza – ha ricordato il presidente di Huawei Italia – Una volta che ho definito un piano di investimenti infatti devo tornare su decisioni già prese e modificare qualcosa che era già appianato e questo crea, ancora una volta, soprattutto se viene indirizzato su Paesi non Ue come nel nostro caso, conseguenze forti sul rallentamento degli investimenti sul 5G e sulla competitività del Paese, con costi aggiuntivi per gli operatori”.

De Vecchis ha evidenziato come Huawei Italia sia una “azienda che ha dedicato 9mila ingegneri allo sviluppo delle rete 5G e investimenti per alcuni miliardi di euro, che ci ha permesso di avere uno o due anni di vantaggio”.

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