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5G, i conti non tornano: il ban sui cinesi costerebbe all’Europa solo 3,5 miliardi?

Contrastanti i calcoli sull’extra-costo derivante dall’eventuale esclusione di Huawei e Zte dalle reti di nuova generazione. Si va dai 55 miliardi della Gsma ai 5 miliardi per l’Italia calcolati da EY. Strand Consult ridimensiona la “partita”: “Bisogna calcolare gli investimenti dal 2016”. Come stanno davvero le cose?

Pubblicato il 09 Ott 2019

offerte 5g mobile

Le restrizioni su Huawei e Zte aumenterebbero i prezzi delle apparecchiature? Ridurrebbero la concorrenza? Ritarderebbero il ruolo del 5G? Queste le tre domande alla base di un report di Strand Consult – che Corcom pubblica per i suoi lettori – che smentisce stime e conclusioni messe nero su bianco da altre società di analisi e fonti autorevoli secondo le quali il ruolo dei vendor cinesi sarebbe determinante ai fini sia del rispetto della roadmap 5G in Europa sia dei relativi costi a carichi delle telco.

Prima considerazione di Strand: le restrizioni non hanno comportato aumenti di prezzo negli Stati Uniti o in Australia ed è improbabile che abbiano un impatto negativo sull’Europa perché il “peso” delle risorse messe in campo vale una fetta del 6% a livello globale”.

Seconda considerazione:  gli operatori mobili devono comunque aggiornare le loro attrezzature per motivi tecnologici, indipendentemente da Huawei e Zte. E Strand quantifica i costi di sostituzione in 3,5 miliardi di dollari, pari a 7 dollari per abbonato mobile. Il dato viene calcolato sulla base delle attrezzature acquistate dal 2016. Negli ultimi 3 anni – calcola Strand -gli operatori europei hanno speso in totale 8,75 miliardi di dollari (circa 2,9 miliardi di dollari ogni anno) per acquistare tecnologia Ran da tutti i vendor sul mercato. Ma di questi solo il 40% è servito per acquistare tecnologia Ran da vendor cinesi, pari dunque a 3,5 miliardi di dollari. Quindi sono questi 3,5 miliardi di dollari il costo effettivo europeo a cui si dovrebbe far fronte in caso di ban e di sostituzione di tecnologia Ran di vendor cinesi, evidenzia Strand. E se si considerano i 465 milioni di utenti ai servizi mobili presenti in Europa, il costo sarebbe equivalente a “una tantum” di  7 dollari per utente.

Un calcolo che stride parecchio con quello ad esempio della Gsma, secondo cui “l’esclusione dei vendor cinesi di apparati di telecomunicazioni introdurrebbe un “ritardo tecnologico” di 18 mesi nelle reti 5G in Europa, oltre che un extra costo di circa 55 miliardi di euro”. E secondo uno studio appena presentato da EY l’extra-costo per gli operatori in Italia sarebbe di circa 4-5 miliardi. Ma Strand puntualizza che è il 2016 l’anno da cui bisogna iniziare a fare i conti perché le eventuali sostituzioni riguarderebbero solo le tecnologie messe in campo negli ultimi 3 anni e non, come calcolano altre fonti, tenendo conto di un dato “generico” di investimento che va molto più indietro nel tempo.

Le reti vanno aggiornate indipendentemente dal 5G

“Gli operatori devono aggiornare il 70–80 percento dell’attrezzatura Ran esistente, indipendentemente dalla decisione politica o dalla scelta del venditore”, evidenzia Strand. Costi dunque che sarebbero già stati considerati e che non diventano “aggiuntivi” rispetto alle decisioni sui vendor cinesi sostiene Strand che però non considera la pianificazione già effettuata e dunque il costo di “smantellamento” dei piani messi in campo, che indirettamente rappresenta un inevitabile costo e che in maniera altrettanto inevitabile incide sui tempi di rollout.

Il mercato europeo rappresenta una parte piccola e decrescente del mondo mercato delle infrastrutture di accesso radio (Ran). Molte misure politiche e normative hanno causato all’Europa un gap di investimento nella rete, un ritardo che era già in atto prima del lancio del 4G. E la presenza di apparecchiature Huawei, nonostante i benefici in termini di basso prezzo e tecnologia avanzata, non ha dato slancio all’Europa nel mercato mobile, sostiene Strand.

I costi non sono lineari ma logaritmici

“Limitare Huawei e Zte dalla rete non danneggia l’economia.  Gli operatori di telefonia mobile in Europa né riducono significativamente la concorrenza né ritardano il lancio delle reti”, è la tesi di Strand secondo cui le valutazioni fatte da altre società di analisi sono errate per la seguente ragione. “Alcuni ritengono erroneamente che il costo di aggiornamento o sostituzione sia semplicemente lineare ossia che vada di pari passo con l’evoluzione dello standard mobile. Questo non è corretto: gli investimenti in rete non procedono in modo lineare. Inoltre, i miglioramenti nella capacità della rete sono logaritmici”. E dunque secondo Strand un’analisi corretta deve tenere conto di questi fattori: costi associati alla sostituzione dell’accesso radio Huawei e Zte, ossia apparecchiature di rete (Ran) acquistate dagli operatori negli ultimi tre anni e che possono essere aggiornati al 5G; costo per la rimozione dell’attrezzatura Huawei / Zte Ran; costi associati alla configurazione della nuova apparecchiatura Ran non cinese.

“Alcuni suggeriscono che se a Huawei fosse vietato operare in Europa, altre aziende non sarebbero in grado di produrre le attrezzature necessarie. Mentre Huawei e Zte sono grandi fornitori in Europa, la Regione vale solo il 10-15 percento del mercato globale, e di ciò, le imprese cinesi forniscono solo 7% di attrezzature. Pertanto, se Huawei fosse limitata, non sarebbe difficile per altre aziende globali colmare il divario”, sottolinea Strand.

Quanto guadagnerebbero Ericsson e Nokia?

Se l’operatività di Huawei fosse limitata, Ericsson e Nokia – stima Strand- nella migliore delle ipotesi vedrebbero accrescere la propria quota di 3,5 punti base ciascuna considerando le nuove entrate dal segmento Ran. Peraltro, puntualizza Strand, non è scontato che potrebbero trarne benefici reali considerando che gli operatori europei potrebbero scegliere altri vendor e fornitori non cinesi come ad esempio Samsung. Inoltre, è crescente il ruolo dei fornitori di software che secondo Strand andranno ad accrescere sempre di più la loro quota.

La questione sicurezza: il rischio è già un costo

Quando si considera il rischio per la sicurezza, l’impatto delle limitazioni su Huawei e Zte sarebbe inferiore in Europa rispetto a Usa e altri Paesi, è il parere di Strand che però si dice convinta dei vantaggi nel ridurre i rischi e aumentare la sicurezza e la resilienza della rete. Secondo la società di analisi andrebbe infatti calcolato il rischio per le molte aziende europee che utilizzano le reti e che con nuove attrezzature ridurrebbero l’eventuale rischio informatico. “Vale la pena pagare per la sicurezza, e considerando gli avanzamenti tecnologici il prezzo diventa più competitivo. Gli aggiornamenti al 5G possono essere fatti senza sacrificare l’economia o la concorrenza e senza Huawei”, è la conclusione di Strand.

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