l’appello

5G, Uncem richiama all’ordine i Comuni: “Basta impedimenti”



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Il presidente Marco Bussone: “Dire no alle infrastrutture di rete, soprattutto nelle zone in digital divide, è assurdo e dannoso per tutti. Bisogna lavorare per favorire investimenti degli operatori e dello Stato con il Piano Bul”

Pubblicato il 2 mag 2024

Federica Meta

Giornalista



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Uncem scende in campo a difesa del 5G e richiama all’ordine i Comuni per bocca del presidente Marco Bussone.

“Sono perplesso quando leggo che un Comune dice no al 5G. Tanto più se è un Comune montano. Oltre a non poterlo fare, per legge, occorre capire tutti insieme, anche i Comuni, che a fronte del digital divide così forte, in crescita, che registriamo nelle zone rurali e montane del Paese, dire no a infrastrutture di rete è veramente assurdo – sottolinea Bussone – E dannoso per tutti. Anche per i Comuni e per tutta la PA. Non vogliamo restare nel piccolo mondo antico, come Comuni e territori montani, scriveva efficacemente alcuni anni fa un giornalista in prima pagina sulla Stampa”.

5G, dire “no” è un danno

Secondo Bussone dire no al 5G o al prossimo 6G è un danno. “Entrare nelle dinamiche dei ricorsi al Tar fa pure perder soldi. E ci fa restare indietro, mentre il mondo, delle aree urbane in particolare, va avanti – puntualizza – Quando peraltro abbiamo 4230 segnalazioni, alla indagine Uncem, di luoghi italiani dove il telefono cellulare non prende. Mi pare assurdo e inutile opporsi come enti locali ai ripetitori per il 5G o ad altre reti. Noi siamo per la tecnologia, per le reti, per le infrastrutture, per abbattere il digital divide che oggi ci rende più deboli e più fragili, meno attrattivi nelle zone rurali e montane del Paese”.

Uncem chiede dunque ai sindaci di lavorare per favorire investimenti degli operatori e dello Stato con il Piano Bul. Piano che “deve marciare più veloce e fare meno danni alle strade, con il Piano Italia 5G e con il Piano Italia 1Giga che con grande fatica abbiamo ottenuto, con diversi miliardi di euro di investimenti, sul Pnrr- avverte – Lavoriamo su intelligenza artificiale e blockchain, per usare bene i voucher che tutti i Comuni hanno ricevuto per la digitalizzazione. Ma per tutto questo c’è bisogno di reti. Diciamo dunque si al 5G, al 6G di domani e a tutte le tecnologie che portino reti migliori per servizi migliori per imprese e cittadini”.

Sono ancora molti, troppi, i Comuni italiani che continuano a fare ostruzionismo sull’installazione delle nuove reti 5G. Non sono dunque bastati i decreti semplificazioni, i fondi nazionali e le campagne di sensibilizzazione a sgombrare del tutto il campo dalle fake news – quelle sui pericoli per la salute – e a far comprendere agli amministratori locali il valore delle infrastrutture in qualità di volano per lo sviluppo economico dei territori.

5G, il caso di Diamante

Un caso emblematico di Comuni “resistenti” all’innovazione quello del Comune calabrese di Diamantenon sono bastate ben 8 condanne (QUI TUTTI I PROVVEDIMENTI) in sede amministrativa (6 sentenze/ordinanze del Tar e 2 del Consiglio di Stato) e le 5 per risarcimento delle spese legali a sbloccare l’impasse sul 5G. Il Comune di Diamante ha rifiutato per otto volte a Inwit – la tower company in campo per la realizzazione delle infrastrutture – la concessione dell’autorizzazione dell’inizio dei lavori ostinandosi nel blocco dei cantieri al punto da spingere il Tar della Calabria a trasmettere il dossier alla Procura della Repubblica di Paola. E la vicenda è finita anche sul tavolo della Corte dei Conti per l’accertamento di eventuali danni erariali. Saranno dunque la magistratura penale e quella contabile a doversi occupare del caso.

I giudici amministrativi hanno sempre ritenuto illegittimo il rifiuto del Comune di Diamante considerando le reti di Tlc pubblico servizio, imponendo la realizzazione delle infrastrutture che da un punto di vista giuridico  sono peraltro considerate opere di urbanizzazione primaria, prioritarie in quanto aventi caratteri di pubblica utilità. Ma niente da fare. E non sono bastati i decreti semplificazioni emanati dal 2020 per accelerare la posa delle reti anche e soprattutto per sostenere l’aumento esplosivo del traffico dati e per consentire alle comunità locali di garantire la connettività ottimale ai cittadini in smart working – molte le aziende che hanno adottato la modalità a regime.

Ma il caso di Diamante non è isolato: Inwit riferisce negli ultimi due anni circa il 13% delle autorizzazioni richieste è diventato oggetto di contenzioso con le amministrazioni locali.

Si alzano i limiti elettromagnetici

Intanto è entrato in vigore l’innalzamento dei limiti dei campi elettromagnetici a 15 V/m disposto dalla legge 214/2023: si tratta di un importante passo in avanti per lo sviluppo del 5G, come annuncia sul suo sito il ministero delle Imprese e del Made in Italy (Mimit), evidenziando che le reti altamente performanti potranno rafforzare in maniera sostanziale la competitività del sistema Paese.

L’innalzamento dei limiti di emissione permetterà di amplificare l’adozione del 5G e ciò comporterà che gli operatori di telefonia mobile infrastrutturati possano modificare la propria rete. Al fine di rispondere alle domande e osservazioni ricevute dagli operatori sulle novità introdotte, il Ministero ha predisposto una sezione del sito dove vengono pubblicate le risposte alle domande più frequenti

Come previsto dal ddl Concorrenza in materia di telecomunicazioni, “i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità” vengano adeguati “alla luce delle più recenti e accreditate evidenze scientifiche”. Di qui l’innalzamento dei limiti dagli attuali 0,6 V/m a 15V/m “per quanto attiene all’intensità di campo elettrico E”.

Per quanto riguarda, invece, “l’intensità di campo magnetico H” i limiti verrebbero alzati “a un valore pari a 0,039 A/m, e per quanto attiene alla densità di potenza D a un valore pari a 0,59 W/m2”.

In una logica di garanzia del più efficiente impiego dello spettro frequenziale, si legge nella nota del Mimit, attraverso disposizioni correttive al Codice delle comunicazioni elettroniche, ed in conformità ai criteri previsti dalla Norma tecnica Cei 211-10, sono state introdotte disposizioni che perseguono due principi fondamentali: il principio di equa ripartizione dello spazio elettromagnetico e il principio di effettività.

Ma le opposizioni restano in trincea. “Apprendiamo che da lunedì 29 aprile sono entrati in vigore i nuovi limiti elettromagnetici nelle telecomunicazioni, il che tradotto in un linguaggio accessibile a tutti significa più elettrosmog per i cittadini“, è il commento della deputata del Pd, Stefania Marino. “E al governo poco importa della salute delle persone, ma piuttosto a loro interessa soddisfare gli operatori economici che stanno dietro a tutto questo. E con questi nuovi limiti si viene a creare una vera e propria sanatoria per tantissimi impianti sparsi nella Penisola, già oggi fuori legge per aver sforato i limiti di 6 V/m, che saranno improvvisamente condonati e rientreranno magicamente nei limiti consentiti. Un bel risultato per il Governo in carica, che riceverà i ringraziamenti dalle multinazionali delle telecomunicazioni che operano in Italia (tutte, fra l’altro, rigorosamente straniere), intascando unicamente la delusione e la rabbia di tutta la popolazione, per il trattamento ricevuto”.

“Oggi entrano in vigore i nuovi limiti elettromagnetici: il nuovo tetto da non superare è 15 V/m, più del doppio del precedente, una soglia assunta senza alcun fondamento scientifico ma solo per agevolare imprenditori poco lungimiranti che rifiutano di investire e adeguare gli impianti”, rincara la capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, Luana Zanella. “In definitiva questa è la ricetta di ‘Giorgia’: più inquinamento ovunque, in barba al futuro. Chi vorrà segnare quel nome sulla scheda elettorale lo tenga a mente”.

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