Negli ultimi anni, l’intelligenza artificiale ha fatto il suo ingresso in modo massiccio nelle strategie di customer experience (CX) delle aziende. Gli algoritmi sono ormai in grado di gestire un numero crescente di richieste, analizzare grandi moli di dati e offrire risposte in tempi rapidissimi. Molti brand vedono in queste tecnologie un’opportunità per ridurre i costi operativi, aumentare l’efficienza interna e scalare i servizi a milioni di utenti contemporaneamente.
Tuttavia, se dall’interno i numeri sull’efficienza sono spesso celebrati come successi, dal lato dei clienti la percezione è ben diversa. È quanto emerge dal CX Annual Insights Report di Verizon, basato su un sondaggio internazionale condotto su 5.000 consumatori e 500 dirigenti senior in sette Paesi. I dati mostrano chiaramente che, sebbene l’AI sia utile e in certi casi determinante, non basta da sola a garantire un’esperienza di qualità.
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Il tocco umano resta insostituibile
L’indagine conferma che il fattore umano continua a giocare un ruolo centrale nella soddisfazione del cliente. Ben l’88% dei consumatori si dichiara soddisfatto delle interazioni gestite per lo più o interamente da operatori umani. Al contrario, solo il 60% afferma di essere soddisfatto quando l’interazione è affidata all’AI.
Questa differenza di 28 punti percentuali è significativa: suggerisce che velocità e automazione, pur essendo apprezzate in certi contesti, non riescono a colmare il gap emotivo e relazionale che solo un essere umano è in grado di offrire. Empatia, ascolto attivo e capacità di comprendere sfumature restano elementi difficilmente replicabili da un algoritmo.
La frustrazione principale: l’impossibilità di parlare con un operatore
Uno dei dati più evidenti riguarda la difficoltà di contattare un operatore umano quando il cliente lo ritiene necessario. Il 47% dei consumatori indica questa impossibilità come principale fonte di insoddisfazione nelle interazioni automatizzate.
Le aziende non sono ignare del problema: una percentuale simile di dirigenti ammette che questo è il reclamo più frequente ricevuto in merito ai sistemi AI. In altre parole, i brand sono consapevoli che la gestione dei passaggi tra AI e operatore umano — la cosiddetta human hand-off — rappresenta ancora un punto critico da migliorare.
Personalizzazione: tra promessa e delusione
Se c’è un ambito in cui l’AI viene spesso presentata come risolutiva è quello della personalizzazione. Teoricamente, grazie ai dati raccolti e analizzati, i sistemi dovrebbero offrire esperienze su misura, anticipando bisogni e preferenze.
Eppure i dati raccontano un’altra storia:
- Il 30% dei consumatori afferma che la personalizzazione ha addirittura peggiorato l’esperienza complessiva.
- Solo il 26% ritiene che l’abbia migliorata.
Una delle cause principali di questo paradosso è legata alla privacy.
- Il 65% dei dirigenti dichiara che le norme sulla protezione dei dati limitano fortemente l’uso dell’AI per personalizzare i servizi.
- Il 54% dei consumatori afferma di avere oggi meno fiducia nella capacità delle aziende di gestire i dati personali in modo corretto rispetto al passato.
Non sostituire, ma potenziare l’interazione umana
Il messaggio di fondo che emerge dal report è riassunto dalle parole di Daniel Lawson, SVP Global Solutions di Verizon Business:
“Il futuro della CX non è sostituire l’uomo con l’AI, ma usare l’AI per migliorare le interazioni umane. Le aziende che sapranno anticipare le esigenze, supportare i dipendenti e personalizzare nel rispetto della privacy saranno leader di mercato.”
Questa visione implica un cambio di paradigma: l’AI non come rimpiazzo dell’operatore umano, ma come strumento per renderlo più efficace, riducendo il carico di lavoro ripetitivo e permettendo di concentrarsi sui casi più complessi e strategici.
Esempi concreti di AI che funziona nella Customer Experience
1. L’aiuto proattivo ai clienti in difficoltà
Durante i lockdown dovuti al Covid-19, l’utility energetica Exelon ha utilizzato AI e analisi predittiva per identificare famiglie a reddito medio che avrebbero potuto avere problemi a pagare le bollette. Questo approccio ha permesso di contattare i clienti in anticipo, offrendo soluzioni e programmi di assistenza personalizzati. Il risultato è stato duplice: riduzione del rischio di insolvenza e maggiore fidelizzazione, grazie alla percezione di un’azienda attenta e proattiva.
2. L’AI come assistente degli operatori
Exelon sta anche sperimentando AI generativa per affiancare gli operatori dei call center, non per sostituirli. La tecnologia fornisce in tempo reale dati pertinenti durante le chiamate, suggerisce risposte e riassume le conversazioni. Questo permette agli operatori di risparmiare tempo, ridurre il margine di errore e concentrarsi sulla relazione con il cliente.
Questo approccio si allinea alla tendenza evidenziata dal report: oggi le aziende destinano investimenti in modo equilibrato sia al miglioramento delle capacità umane sia al potenziamento delle tecnologie AI.
La sfida dell’equilibrio
L’AI ha il potenziale per trasformare radicalmente la customer experience, ma i dati mostrano che l’efficienza interna non è sufficiente se non si accompagna a una reale soddisfazione del cliente. La sfida, per i brand, sarà trovare un equilibrio tra automazione e contatto umano, tra personalizzazione e rispetto della privacy.
In un mercato sempre più competitivo, vinceranno le aziende che sapranno usare l’AI non per eliminare il fattore umano, ma per valorizzarlo, creando un’esperienza che sia al tempo stesso tecnologicamente avanzata e profondamente umana.