La corsa all’AI-Ran, l’integrazione dell’intelligenza artificiale nella rete di accesso radio, sta tracciando nuove direttrici nel panorama delle telecomunicazioni globali. La notizia dell’espansione dell’AI-Ran Alliance a oltre 80 membri, riportata da Light Reading, segna un punto di svolta nella costruzione di un ecosistema cooperativo per accelerare l’adozione dell’AI nelle infrastrutture di rete. Tuttavia, l’elemento che balza agli occhi è l’assenza relativa dei grandi operatori telco e la scarsa partecipazione della regione Emea (Europa, Medio Oriente e Africa). Un segnale che impone una riflessione sull’allineamento strategico di queste aree rispetto alla direzione in cui si sta muovendo l’innovazione a livello globale.
Secondo quanto riportato dalla testata americana, l’alleanza ha superato la soglia degli 80 membri a distanza di pochi mesi dalla sua nascita, avvenuta nel febbraio 2024. Tra i nuovi aderenti spiccano importanti attori dell’ecosistema tecnologico come Broadcom, Dell, Fujitsu e VMware, che si aggiungono ai fondatori originari – tra cui spiccano Nvidia, Arm, Microsoft, SoftBank, T-Mobile Usa ed Ericsson. Si tratta di un consorzio che unisce vendor, operatori, hyperscaler e startup, con l’obiettivo dichiarato di promuovere l’interoperabilità, le specifiche comuni e i modelli AI per l’ottimizzazione delle reti mobili.
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Un’assenza che pesa: Europa in ritardo nell’AI-Ran Alliance
Tuttavia, come sottolinea Caroline Gabriel, vicepresidente della ricerca per Light Reading e analista veterana del settore: “Il fatto che solo tre dei membri dell’alleanza provengano dalla regione Emea è preoccupante, soprattutto se consideriamo l’impatto potenziale dell’AI nel trasformare le reti mobili di nuova generazione”. Inoltre, tra i nuovi ingressi non figura alcun operatore di telecomunicazioni, fatto che rafforza la percezione di una certa distanza tra chi la rete la gestisce e chi la sta tecnologicamente reinventando.
Una carenza non marginale. L’intelligenza artificiale è destinata a rivoluzionare l’intera filiera delle telecomunicazioni, dalla gestione automatizzata della rete (zero-touch networks), all’ottimizzazione dinamica dello spettro, fino alla manutenzione predittiva e all’automazione delle funzioni core. Rimanere ai margini di questo consorzio può significare, per le telco europee, ritardare l’acquisizione delle competenze e delle architetture necessarie per affrontare con successo la transizione verso il 6G.
Le ragioni di un disallineamento strategico
L’assenza delle telco non è necessariamente un rifiuto della tecnologia. Molti operatori europei sono impegnati in sperimentazioni sull’AI nelle reti, ma spesso queste iniziative si sviluppano in modo frammentato, senza aderire a un quadro collaborativo più ampio. Un comportamento in parte dovuto alla complessità regolatoria, alla protezione del know-how proprietario, ma anche a un certo conservatorismo tecnologico.
Al contrario, l’AI-Ran Alliance si propone come un acceleratore dell’innovazione condivisa. Come dichiarato da John Smee, vicepresidente esecutivo di Qualcomm, altro membro chiave dell’alleanza: “L’intelligenza artificiale nel Ran non è un’opzione, ma un imperativo. E serve una base comune su cui costruire soluzioni scalabili, interoperabili e affidabili”.
I rischi di una marginalizzazione dell’Europa
Lo squilibrio geografico nella composizione dell’alleanza pone interrogativi profondi. L’industria europea delle telecomunicazioni ha tradizionalmente giocato un ruolo da protagonista nello sviluppo degli standard globali – basti pensare al ruolo del 3GPP – ma l’assenza di protagonismo in consessi come l’AI-Ran Alliance potrebbe eroderne l’influenza.
Inoltre, senza una partecipazione attiva, l’Europa rischia di trovarsi a implementare soluzioni tecnologiche progettate altrove, senza possibilità di incidere sulla loro evoluzione. Uno scenario che indebolirebbe la sovranità digitale e limiterebbe le opzioni strategiche dei policymaker europei in materia di sicurezza, interoperabilità e innovazione.
Il valore dell’AI-Ran Alliance e le prospettive
L’AI-Ran Alliance si propone non solo come piattaforma tecnica, ma anche come luogo di definizione di roadmap comuni, linee guida per l’adozione dell’AI e benchmark per la validazione dei modelli. Il valore di aderirvi va ben oltre la visibilità: significa avere voce in capitolo sul futuro delle architetture radio, su come addestrare i modelli AI per la gestione delle celle, sulla standardizzazione delle Api di rete.
Per le aziende europee – siano esse vendor, operatori o startup AI-native – questo può rappresentare un vantaggio competitivo chiave, soprattutto nel contesto dell’evoluzione verso il 5G Advanced e il futuro 6G, dove l’automazione intelligente sarà una pietra angolare.
Serve un cambio di passo
L’espansione dell’AI-Ran Alliance dimostra che l’industria sta maturando una visione collettiva sull’uso dell’AI nella rete. Ma questa visione rischia di escludere, per ora, l’Europa e le sue telco. È il momento di un cambio di passo: partecipare significa influenzare. Restare alla finestra, in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale ridisegna le fondamenta stesse della rete, può trasformarsi in un costo strategico difficilmente recuperabile. Come ammonisce Gabriel: “Le alleanze contano. Non solo per ciò che si costruisce, ma anche per ciò che si perde stando fuori.”