STRATEGIE

At&t-Vodafone, Jan Dawson: “Tlc, pochi vantaggi dalle fusioni transnazionali”

L’analista di Jackdraw: “Mercato delle telco europee, meglio la strada di un consolidamento interno”

Pubblicato il 06 Dic 2013

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At&t si guarda intorno e punta all’Europa. La preda potrebbe essere Vodafone. Un’operazione su cui si sprecano analisi e previsioni, l’ultima delle quali firmata Financial Times secondo cui il take over presenta pro e contro sia per il mercato delle Tlc del Vecchio continente che per quello americano. Ne abbiamo parlato con Jan Dawson, analista e fondatore di JackDaw, società statunitense di consulenza.

Cosa pensa di questo interesse di At&t per il mercato Tlc europeo, e nello specifico della possibile operazione d’acquisto di Vodafone?

Sono scettico. Perché nessuna azienda finora ha realizzato sinergie rilevanti con operazioni di acquisizione o di fusione transnazionali nel settore delle Tlc. Sono pochi i benefici derivanti dal possedere asset in paesi diversi. Le sinergie realizzate con operazioni del genere sono rare. Mi spiego meglio: ci sono ben poche sinergie che derivano dal gestire reti in paesi diversi. Si potrebbe obiettare che esistono alcune piccole efficienze di scala che si producono con l’acquisto di attrezzature di rete e device in volumi maggiori, ma i vantaggi finiscono qui. Ciascun paese richiede una propria gestione, le sue proprie reti, le sue iniziative di marketing e vendita e così via, e ci sono davvero pochi vantaggi dal far questo in una molteplicità di paesi. I principali benefici dell’attività di fusione e acquisizione derivano dal costruire economie di scala in un unico paese dove queste operazioni possono essere spalmate su una più ampia base di abbonati.

E questo è sempre valido?

L’unica eccezione è nel settore dei servizi, specialmente in riferimento alle multinazionali. Queste aziende hanno bisogno di una copertura globale, ed esistono pochissimi fornitori in grado di soddisfare i loro bisogni. At&t è uno di questi. L’operazione ha veramente senso se intesa come il tentativo di At&t di rafforzare la propria presenza oltreoceano nel mobile e, anche se in misura minore, sulla telefonia fissa. Ma si tratta di un’operazione che presenta un alto numero di rischi rispetto ai possibili vantaggi.

Quali crede potrebbero essere i principali problemi derivanti dall’operazione per il mercato delle Tlc in Europa? E per At&t?

Non vedo impatti negativi, a parte il fatto che dietro il brand Vodafone possa esserci una società americana. Non vedo differenze nemmeno per gli utenti finali europei. Un take over determinerebbe semplicemente un cambio di proprietà, e col passare del tempo forse anche un cambio di strategia. Ma non credo verrebbero anno adottate svolte così eclatanti per il periodo successivo all’acquisizione.

Nell’analisi del FT si scrive: “Gli analisti puntano sulla “missione” (degli americani, ndr) di “curare” gli europei con un po’ di ‘american know how’”. Cosa si intende esattamente?

Complessivamente il mercato delle Tc europeo è meno attraente di quello americano: i ricavi medi per unità sono molto minori, il tasso di abbandono più alto, c’è un più forte utilizzo dei servizi prepagati, ed è in generale più competitivo e molto più regolamentato. In questo senso, l’Europa è un’area completamente diversa e credo che At&t si terrebbe alla larga dall’adozione di strategie simili a quelle adottate in Usa. Gli operatori americani hanno avuto in complesso performance di gran lunga migliori delle loro controparti europee negli ultimi anni, e c’è una tendenza da parte loro a pensare di conoscere meglio degli europei la strada per il successo. Questo è ciò a cui si riferisce il Financial Times quando parla di “desiderio evangelico”. Ma come ho detto, sarebbe un errore pensare di applicare pedissequamente in Europa le lezioni imparate negli Stati Uniti.

Qual è la strada per il mercato europeo allora?

Il miglior rimedio per i problemi di questo mercato è il consolidamento interno ai paesi, non oltre confine. Questo potrà aprire a un certo tipo di sinergie ed economie di scala di cui c’è bisogno se si vogliono migliorare le performance.

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