Banda larga mobile: quanto vale lo spettro?

Analysys Mason: la maggiore disponibilità di frequenze, gli spazi bianchi e le evoluzioni tecnologiche possono minare la convinzione che le frequenze siano un asset. Sempre più complicato determinare il peso sul business

Pubblicato il 28 Lug 2011

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Un programma di ricerca per studiare come le nuove tecnologie
cambiano il valore dello spettro: a lanciarlo è la società di
ricerche Analysys Mason, perché “le evoluzioni tecnologiche e la
crescente disponibilità di spettro fanno sì che determinare il
valore delle frequenze usate per i servizi di banda larga mobile
diventi sempre più difficile sia per gli operatori che per i
regolatori”, spiega Terry Norman, Principal analyst responsabile
del nuovo Spectrum research programme di Analysys Mason.

La scelta che gli operatori oggi hanno – i 2.6GHz, grazie
all’espansione di banda di standard Imt, frequenze ottenute con
il refarming nelle bande degli 850, 900 e 1800MHz, lo spettro del
dividendo digitale – i tetti allo spettro imposti nelle aste e il
crescente ricorso al network sharing tra operatori sono tutti
elementi che contribuiscono a rendere più complesso prendere
decisioni riguardo alla valutazione e allocazione delle
frequenze.

In più, le tecnologie cognitive sviluppate per sfruttare i
cosiddetti spazi bianchi potrebbero rendere superata la nozione
secondo cui chiunque usi lo spettro ha ad esso accesso
esclusivo.

Il problema che i regolatori si trovano a fronteggiare è
ugualmente complesso: per esempio, devono capire come un quadro
così composito influirà sui processi di consultazione per
l’assegnazione futura delle frequenze, sulla definizione dei
prezzi minimi delle aste e dei benefici socio-economici, ecc.

“Non è mai stato facile stabilire il valore dello spettro: ci
sono molte variabili in gioco che possono essere nel loro insieme
descritte come fattori tecnici, commerciali e strategici. Ma dieci
anni fa valutare lo spettro era comunque più immediato rispetto ad
oggi”, afferma Norman. “Si liberava un singolo lotto di spettro
in una certa frequenza, un operatore stimava il suo valore e,
conoscendo il suo budget, entrava nell’asta”.

Negli ultimi quattro anni, invece, nota Norman, gli operatori in
una serie di Paesi hanno pagato prezzi molto diversi per frequenze
simili e anche i prezzi che gli operatori sono disposti a pagare
per lo spettro variano notevolmente.

“Con la maggiore disponibilità di frequenze che si è venuta a
creare, innovazioni come gli spazi bianchi e le evoluzioni
tecnologiche possono minare la convinzione che lo spettro sia un
asset, per cui la difficoltà di determinare quanto vale lo spettro
è destinata ad aumentare”, continua Norman.

Il nuovo programma di ricerca di Analysys Mason esaminerà una
serie di tematiche e sfide connesse con la valutazione dello
spettro, compreso l’impatto della tecnologia sulle aste, le
future evoluzioni del concetto di licenza per la trasmissione
esclusiva e molti altri aspetti.

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