Banda ultralarga, Caio: “Fttc chiave di volta”

L’Ad di Poste Italiane: “Il fiber to the cabinet un gradino importante per adeguare le rete alle esigenze dei clienti di oggi”. Ma avverte: “Centrale il ruolo del governo sulla scelta del modello tecnologico e sulla governance”

Pubblicato il 23 Dic 2014

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“Oggi abbiamo una consolidata esperienza in Europa che hanno fatto dell’Fttc un gradino importante per adeguare le rete alle esigenze dei clienti di oggi”. Così Francesco Caio, oggi Ad di Poste e ex commissario per l’Agenda digitale, in un’intervista a Il Messaggero analizza le modalità di sviluppo della banda ultralarga in Italia. Secondo Caio il fiber to the cabinet “come passo intermedio sta dando risultati che non erano immaginabili fino a qualche anno fa”.

Ma la di là delle scelte tecnologie per il manager è centrale il ruolo del governo. “Se parliamo di pragmatismo, dobbiamo parlare di pragmatismo tecnologico e attuativo – spiega – Il governo non dovrebbe decidere solo il modello tecnologico, ma anche come ci si organizza per ottenerlo”.

“Negli ultimi anni- prosegue Caio – si è utilizzata per gli investimenti pubblici Infratel, ma i fondi sono finiti in una rete intermedia e non di accesso. Se è stato funzionale quel modello, forse bisognerà pensarne altri per l’ultimo miglio”.

Il manager dà un giudizio positivo sul piano del governo sulla banda ultralarga. “Si tratterà – chiarisce però – di capire se il mercato sarà in grado da solo di raggiungere gli obiettivi o se serviranno forme di intervento”.

Caio affronta anche il tema della PA digitale, evidenziando che il freno non è la rete ma la standardizzazione dei dati. “Oggi la PA è il regno del pdf – dice – Non si può digitalizzare se non si cambiano i processi”. Processi su cui deve intervenire lo stato modificando la governance. “La Costituzione riserva al governo centrale il presidio dell’organizzazione dei dati informatici – ricorda – E’ un potere che il governo ha esercitato solo in parte”. Ma con lo Spid, evidenzia, “abbiamo dimostrato che il governo può imporre standard a cui tutti si devono attenere”.

Infine il piano industriale di Poste Italiane. “I tre miliardi – spiega ancora Caio – sono articolati nella maggioranza per le piattaforme digitali, 500 milioni per la manutenzione degli uffici”. Poi c’è il grande sforzo dell’e-commerce “per poter dotare Poste di sistemi di interfaccia con chi vende, come Amazon, e per chi compra”.

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