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Banda ultralarga: pochi fondi Ue, partita a due Regioni-governo

Insufficienti a recuperare il ritardo con l’Europa le risorse che le Regioni vogliono destinare alle nuove reti. Acchioni (Commissione Ue): “I negoziati sono in corso. Ma il governo può dare un indirizzo grazie all’accordo di partenariato”. Secondo il piano banda ultra larga presentato dal Governo alle Regioni, servono 6 miliardi di euro pubblici

Pubblicato il 23 Ott 2014

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Sono troppo pochi i fondi strutturali europei 2014-2020 che le Regioni intendono allocare sulla banda ultra larga. Ed è un problema, perché questo sembra l’ultimo treno con cui l’Italia può sperare di recuperare il ritardo con l’Europa e soddisfare gli obiettivi dell’Agenda digitale europea (30 Megabit a tutti gli italiani e 100 Megabit ad almeno 50% entro il 2020; ora siamo a quota 20%). Secondo le attuali bozze del piano banda ultra larga, presentato alle Regioni il 17 ottobre, servono 6 miliardi di euro pubblici per assicurare una copertura nazionale.

Ma non è detta ancora l’ultima parola: l’Italia ha alcune carte da giocare per rastrellare una quantità sufficiente di fondi pubblici con cui completare la copertura banda ultra larga (rispetto ai piani di investimento dei privati). A quanto riferisce Guido Acchioni, che si occupa di questo capitolo presso la Direzione Generale “Connect” nella Commissione europea, «nelle interlocuzione tra noi, il Governo e le Regioni, contiamo di convincerle a mettere qualcosa di più sulla banda ultra larga. In più, oltre ai Fesr, possiamo contare sui fondi delle politiche regionali (pure in mano alle Regioni, Ndr.) e sul Fondo Sviluppo e Coesione (che è nazionale)».

Lo confermano le parole del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, durante la Convention Between di Capri (ottobre 2014): è in capo ai suoi uffici il compito di redigere un nuovo piano banda ultra larga con le risorse pubbliche 2014-2020 e ha detto che vi confluiranno Fesr, Feasr, Coesione e Sviluppo e un residuo della programmazione 2007-2013. Delrio ha dato solo le cifre totali su cui potrà contare l’Italia (per tutti i capitoli, non solo Ict): «32 miliardi di fondi europei a cui ne vanno aggiunti altrettanti di cofinanziamento, più 52 miliardi del Fondo sviluppo e coesione e residui per 20-30 miliardi. E ulteriori 50 miliardi dalle politiche agricole».

Spiega Acchioni: «la prima proposta di aprile, dalle Regioni, era di 1,936 miliardi di euro per l’Ict, di cui 803 milioni per la banda larga (cifre da raddoppiare con il cofinanziamento)». «In particolare, alcune Regioni del Centro-Nord avevano stanziato poco o nulla per la banda ultra larga». «Abbiamo chiesto di più, soprattutto da parte del fondo rurale, visto che le aree peggio coperte, in Italia, sono proprio quelle rurali». «Nella prima proposta, le Regioni avevano previsto solo 136 milioni di euro nel Feasr: stiamo negoziando una cifra superiore». A quanto risulta, le Regioni avrebbero già acconsentito a salire a 300 milioni di euro circa. Sui Fesr, quando scriviamo, si è saliti a 1,7 miliardi di euro (compreso il cofinanziamento, quindi 100 milioni in più rispetto alla proposta di aprile). L’obiettivo sarebbe di arrivare a 2 miliardi solo di Fesr.

Acchioni spiega le dinamiche di queste contrattazioni: «è vero che sono le Regioni a decidere, individualmente, quanto stanziare su quali capitoli; e che in Italia hanno deciso di dare la priorità a pmi e ricerca, penalizzando l’Ict. Tuttavia, Il Governo può darà un indirizzo grazie all’accordo di partenariato con la Commissione europea». «I piani regionali poi devono arrivare più o meno alla cifra prevista nell’accordo, per i diversi capitoli. Ammettiamo uno scollamento, purché minimo; se resta troppo grosso, se dovessero fallire le negoziazioni per ridurlo, possiamo non dare l’accordo», dice Acchioni. Il Governo sta giocando inoltre una carta, per spingere sulle Regioni: parte delle cofinanziamento è nazionale. In teoria potrebbe negarlo se non si trova un accordo sulle priorità di investimento.

È una partita complicata e lo dimostra anche il ritardo sugli annunci precedenti: a luglio, in una nota congiunta di Delrio e del e del commissario Ue per la Politica Regionale Johannes Hahn (in visita ufficiale in Italia), si leggeva che “ saremo in grado di concludere le negoziazioni e adottare l’Accordo di partenariato in settembre”. Adesso l’obiettivo è la fine di ottobre.

«Anche in altri Paesi europei ci troviamo ad affrontare le stesse difficoltà- spiega Acchioni: la crisi economica li spinge a usare i fondi 2014-2020 per dare ossigeno a tanti settori tradizionali in difficoltà. Ma in base al regolamento dei fondi strutturali, i capitoli su cui bisogna investire sono quelli “competitività”: Ricerca, Pmi, Ict, Ambiente ed Energia».

Insomma, non si può svicolare. Sembra tuttavia inevitabile che con i soli Fesr e Feasr le regioni del Centro-Nord (che hanno a disposizione meno fondi rispetto al Sud) resteranno scoperte, negli obiettivi 30 e 100 Megabit. «Il Governo però ci rassicura sempre dicendo che interverrà, in queste regioni, con il fondo Sviluppo e Coesione», dice Acchioni. Tra questo fondo e il residuo della vecchia programmazione, bisognerà trovare insomma circa 4 miliardi di euro (la differenza tra quanto allocano le Regioni e la stima dei 6 miliardi presente nel piano banda ultra larga).

Sarà un bel banco di prova per testare la volontà del Governo di sostenere la banda ultra larga. Certo è che alla fine, sempre per ottobre, Delrio finalizzerà il piano, mandandolo in Europa e trasformandolo in un decreto. «Abbiamo chiesto un piano nazionale. Solo le Regioni che spenderanno molto per la banda ultra larga possono avventurarsi in un piano regionale», dice Acchioni.

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