IL PIANO

Banda ultralarga, 600 milioni di euro per le aree grigie

Le risorse messe a disposizione dal nuovo fondo europeo Cebf che vede in campo anche Cassa depositi e prestiti. Roberto Opilio, manager di lungo corso nel settore Tlc, a capo dalle attività per Italia e Sud Europa: “Newco ad hoc per portare avanti i progetti. Si punta a portare l’Ftth in distretti industriali, hinterland e zone periferiche”

Pubblicato il 07 Feb 2019

fibra-ottica

Spingere la realizzazione delle reti ultrabroadband nelle aree grigie. Con l’obiettivo di “potenziare” la connettività di imprese e industrie ma anche di colmare i “gap” che nel corso degli anni hanno prodotto una mappa della connettività a macchia di leopardo. È questa la mission del Cebf (Connecting Europe Broadband Fund), il nuovo fondo europeo pronto a finanziare progetti di piccola-media entità in materia di ultrabroadband fisso (ma anche mobile).

Voluto dalla Commissione europea, il Cebf è frutto di una gara pubblica bandita nel 2016 che ha visto vincitore – in qualità di gestore – il fondo lussemburghese Cube. Numerosi gli “investitori” in campo fra cui i principali sono la Commissione Ue e l’Efsi (European Fund Strategic Investment) con 100 milioni di risorse a testa. Cdp, Kfw e Cdc, ossia le “Casse depositi” italiana, tedesca e francese hanno stanziato 50 milioni ciascuna a cui si aggiungono i 40 milioni messi sul piatto dalla Bei. E altre risorse private si stanno man mano aggiungendo. “Ci sono a disposizione già 420 milioni ma puntiamo a raggiungere il tetto dei 600”, spiega a Corcom Roberto Opilio, manager di lungo corso del settore delle Tlc e Regional Senior Advisor del Cebf per Italia e Sud Europa (Grecia, Cipro e Malta). “Le telco hanno l’opportunità di accedere dunque a risorse preziose per progetti ‘green field’ ossia per nuove iniziative in aree ancora tutte da cablare”.

Roberto Opilio, Regional Senior Advisor del Cebf per Italia e Sud Europa
Opilio, come verranno distribuite le risorse e per quali tipologie di progetti?

È importante sottolineare che in Italia sono escluse dalla partita le aree bianche ma anche quelle nere, al netto di iniziative minori ossia portate avanti da operatori che vogliano infrastrutturarsi per andare a fornire servizi a specifiche tipologie di utenti. L’obiettivo del fondo, infatti, non è di consentire alle telco di aggiungere risorse nell’ambito di progetti già avviati, ma di inaugurarne di nuovi e inediti. Ecco perché le aree grigie rappresentano il target ideale. Proprio le zone ad alta concentrazione industriale, tipicamente aree grigie, stanno già suscitando l’interesse, a livello di investimento, da parte di molti piccoli operatori locali che hanno individuato proprio in questa tipologia di aree potenzialità di business non da poco. E peraltro il tema delle aree grigie è già sul tavolo del governo: chiusa la partita delle aree bianche i nuovi fondi 2025 andranno inevitabilmente destinati a cablare le zone “periferiche” del Paese e gli hinterland rimasti “scoperti”.

Operativamente come funziona?

Le nuove iniziative vengono portate avanti attraverso “veicoli” ad hoc, ossia newco a partecipazione Cebf-aziende. Il fondo entra nel capitale in maggioranza o in minoranza – a seconda degli accordi che vengono presi di volta in volta – oppure a debito, anche in questo caso in base alle scelte dell’investitore. La creazione di una nuova entità societaria diventa garanzia della bontà dei progetti e anche del buon esito degli stessi.

Ci sono a disposizione 420 milioni, quanto può essere destinato a ciascun progetto?

Si può andare da un minino di 1 milione a un massimo di 30 milioni. Ma tutti i progetti devono garantire connettività di almeno 100 Mb.

I progetti riguardano la banda ultralarga fissa e mobile. Ma è sulla parte fissa che vi state concentrando maggiormente.

In questo momento la fibra è decisamente la tecnologia su cui anche la Commissione europea sta spingendo maggiormente. Il 5G mobile è soggetto ad altre dinamiche non foss’altro perché in campo potranno esserci solo i titolari delle frequenze. Vero è però che nel campo “mobile” rientrano le tecnologie Fwa e dunque su questa tipologia di progetti è possibile prevedere finanziamenti.

Quali sono gli operatori che possono davvero essere interessati ad accedere a queste risorse?

Tutti, grandi e piccoli. Tim e Open Fiber ad esempio, ma anche Fastweb, potrebbero essere interessate a investire in specifiche aree per raggiungere una tipologia precisa di utenti, consumer e business. E analoghi interessi possono avere i piccoli operatori, quelli territoriali ad esempio. Abbiamo avuto un primo incontro con l’Aiip, l’associazione degli Internet Provider affinché gli associati siano informati sulla possibilità di accedere alle nuove risorse. Anche gli operatori del cavo possono entrare nella partita, magari portando avanti specifici progetti di connettività fra Stati, a patto ovviamente che la destinazione sia un Paese europeo.

Bolle già qualcosa di concreto in pentola in Italia?

La nascita di Cebf risale a luglio 2018 ma è dallo scoccare del 2019 che la struttura è entrata in piena operatività. E puntiamo proprio sul 2019 per portare a casa i primi risultati.

Gli altri Paesi a che punto sono?

La Croazia ha battuto tutti sul tempo con un primo progetto da 30 milioni dedicato alla realizzazione di una rete Ftth nelle aree rurali nord-occidentali dell’Istria e della zona Primorje-Gorski Kotar per un totale di 135mila location. È importante che anche gli altri Paesi si diano da fare e in particolare l’Italia in cui ancora grosse porzioni di territorio risultano non coperte dall’ultrabroadband.

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