L'EDITORIALE

Banda ultralarga, altro che semplificazioni per le Tlc: nuovi obblighi, aumenta burocrazia

Il decreto Concorrenza impone il coordinamento fra operatori nella posa delle infrastrutture per evitare duplicazioni e condividere i costi di realizzazione. Ma la bontà delle intenzioni batte con la realtà dell’execution: per ogni scavo servirà un accordo sul da farsi. Inevitabile l’allungamento dei tempi di cantiere, la misura va cambiata

Pubblicato il 09 Nov 2021

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Le nuove regole per la realizzazione delle reti a banda ultralarga, messe nero su bianco nel decreto Concorrenza approvato nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri, rischiano di impantanare i cantieri e di allungare i tempi nella posa delle infrastrutture. Un paradosso considerato che l’obiettivo della misura è quello di accelerare la roadmap.

La bontà delle intenzioni non fa il paio con la realtà dell’execution: alle telco viene chiesto di cooperare nella richiesta dei permessi nonché di coordinarsi per evitare la duplicazione delle opere di scavo e di condividere i costi di realizzazione. Misure che sulla carta puntano a semplificare i lavori ed anche ad abbattere le spese in capo agli stessi operatori. Solo suulla carta però. Perché il governo non ha fatto i conti con gli aspetti procedurali e su cosa comporti nella sostanza coordinarsi e cooperare. E non è un caso se il decreto sia stato accolto con una certa dose di scontento – per usare un eufemismo – proprio dai diretti interessati, gli operatori di Tlc.

Coordinarsi e cooperare si traduce nella pratica in un aumento delle attività in capo alle telco, attività di tipo procedurale, in buona sostanza in un aumento delle pratiche da disbrigare. Ogni volta che una telco dovrà avviare un cantiere dovrà, nell’ordine: contattare il/i competitor con cui valutare la tipologia di scavo, individuare le risorse da condividere, decidere la ripartizione dei compiti, appaltare i lavori (a quale impresa di rete? Chi paga?) e contabilizzare il tutto. Altro che semplificazioni. Con le disposizioni del decreto Concorrenza la lista delle pratiche al posto di accorciarsi si allunga a dismisura andando a complicare il già intricato capitolo della permessistica per ottenere il via libera.

I provvedimenti approvati nei mesi scorsi per accelerare i cantieri – a partire dal decreto Semplificazioni – al momento non hanno sortito la svolta attesa: molti gli enti e i Comuni che continuano a operare quasi come se nulla fosse e non basta il silenzio assenso a sbloccare gli iter. Insomma, se davvero si vorrà imprimere un’accelerazione le misure andranno riviste o quantomeno andrà fortemente aggiustato il tiro.

Il decreto Concorrenza passa all’esame del Parlamento, quindi c’è tempo e modo per “sistemare” le cose. E come sistemarle le cose? La questione è molto più semplice di quanto si creda: basterebbe stralciare dalla norma le parti in cui si obbligano gli operatori al coordinamento e imporre l’obbligo, in capo a ciascun operatore che effettua un nuovo scavo, di realizzare infrastrutture fisiche “ridondanti”, ossia aggiuntive e già idonee per essere concesse ai competitor (sulla base delle regole di accesso stabilite dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), ossia alla stregua di quanto già si fa, ad esempio, nella nuova edilizia abitativa, in cui vengono realizzati cavidotti, canaline e intercapedini in chiave “future proof” e quindi con spazi adeguati ad ospitare infrastrutture aggiuntive in caso di necessità, per evitare onerose opere murarie o persino l’impossibilità di dotare gli edifici di impianti di nuova generazione.

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