IL CASO

La newco della discordia: botta e risposta Recchi-Bassanini

L’ipotesi di una liaison per posare la fibra nelle aree bianche diventa l’ennesimo terreno di scontro fra le due aziende. Ma si potrà davvero competere con due reti nelle aree a fallimento di mercato?

Pubblicato il 25 Mag 2017

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I toni si fanno sempre più accesi. Fra Telecom Italia e Open Fiber la guerra è in pieno corso e i due contendenti non se le mandano certo a dire. Ieri l’oggetto del contendere è stata l’ipotesi – che molti degli addetti ai lavori delle Tlc italiane ritengono probabile e persino auspicabile – fra la newco che Telecom si prepara a costituire per portare la fibra nelle aree bianche e la società capitanata da Tommaso Pompei. La questione non è da poco conto: un merger di questo tipo consentirebbe di mettere a fattor comune le risorse e di evitare la competizione infrastrutturale nelle aree a fallimento di mercato. Sull’ipotesi quantomeno di un accordo ha fatto un ragionamento anche il presidente di Open Fiber Franco Bassanini nel suo speech al Digital Regulation Forum, ma il presidente di Telecom Italia Giuseppe Recchi ha rimandato la “proposta” al mittente. “Non c’è nessun dialogo con Open Fiber, andiamo avanti con la banda ultralarga, con 400mila case al mese connesse per arrivare alla copertura completa nel 2019. Non ne vedo la necessità per noi”, ha detto Recchi a margine dell’assemblea di Confindustria. E in merito a una possibile futura alleanza ha detto che “evidentemente Bassanini sogna molto”.

In verità il presidente di Open Fiber nel suo ragionamento si è concentrato sulla questione della sostenibilità o meno della duplicazione infrastrutturale in alcune aree. E peraltro della famosa newco della rete a cui avrebbero dovuto partecipare le principali telco italiane – in tempi non sospetti ossia quando Open Fiber non esisteva – se n’è discusso per anni. “Siamo concreti, non sognatori”, ha ribattuto Bassanini puntualizzando che “evidentemente Recchi non legge quello che ho scritto. Ho detto esattamente il contrario, peraltro in una relazione pubblica, letta al Digital Regulation Forum di Londra: A Open Fiber non fa paura una fair competition nel rispetto delle regole italiane e europee. E infatti la prima gara bandita da Infratel per portare nelle case degli italiani fibra (non rame, come per lo più fa Telecom Italia) l’abbiamo vinta noi. Noi vogliamo colmare i ritardi che l’Italia ha accumulato sul digitale proprio perché chi avrebbe dovuto farlo, godendo di una rendita monopolistica, non ha investito abbastanza. Noi intendiamo attuare il Piano Bul del Governo, portando la fibra a tutte le imprese e a tutte le famiglie. Costruiremo la rete del futuro per tutti gli italiani, non per sole 400 mila case (come si impegna a fare Recchi) e questa rete sostituirà dappertutto la rete in rame esistente, garantendo più velocita d’accesso (gigabit invece di megabit), più affidabilità e stabilità delle connessioni e minore latenza. Così contribuiremo a riportare l’Italia dove merita. Ai primi posti in Europa. Siamo concreti non sognatori”.

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