LAVORO

Call center, si cambia di nuovo: regole più “light” nei cambi di appalto

Modificato l’emendamento al ddl Appalti che introduceva la clausola sociale per i lavoratori in outosurcing. Il nuovo testo lascia alla contrattazione nazionale di settore le modalità di applicazione. Domani il provvedimento al voto della Camera

Pubblicato il 09 Nov 2015

Federica Meta

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Clausola sociale “light” per i call center. Stando a questo risulta a CorCom è stato infatti modificato l’emendamento al ddl Appalti, in discussione alla Camera, che prevedeva il mantenimento del posti di lavoro in casi di cambio di appalto nei servizi di customer care. Domani 10 novembre a Montecitorio è in programma programma l’esame del ddl.

La modifica, primi firmatari i deputati Pd Cesare Damiano e Luisa Albanella, introdotta stabilisce che, in caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center, il rapporto di lavoro continuerà alle condizioni del contratto collettivo nazionale di lavoro.

“In caso di successione di imprese nel contratto di appalto con il medesimo committente e per la medesima attività di call center, il rapporto di lavoro continua con l’appaltatore subentrante, salvaguardando i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento – si legge nell’emendamento – In assenza di disciplina collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, adottato sentite le organizzazioni datoriali e sindacali, definisce i criteri generali per l’attuazione del presente comma. Le amministrazioni pubbliche e le imprese pubbliche o private che intendono stipulare un contratto d’appalto per servizi di call center devono darne comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali e alle strutture territoriali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale”.

L’emendamento originario, uscito dalla commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici di Montecitorio, prevedeva che in caso di cambio di appalto il rapporto di lavoro continuasse “con l’appaltatore subentrante, salvaguardando i trattamenti economici e normativi previsti”.

Resta invece come nel testo originario la seconda parte dell’emendamento che così recita: “In assenza di specifica disciplina nazionale collettiva, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto, adottato sentite le organizzazioni datoriali e sindacali, definisce i criteri generali per l’attuazione del presente comma. Le amministrazioni pubbliche e le imprese pubbliche o private che intendono stipulare un contratto d’appalto per servizi di call center devono darne comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali e alle strutture territoriali delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale”.

La clausola sociale è stata, nelle scorse settimane, motivo di scontro tra associazioni datoriali e sindacati. Mentre Cgil, Cisl e Uil la considerano una norma di civiltà e strumento di lotta al precariato, per Asstel è un provvedimento che mette a rischio gli investimenti.

“Così si ingessa la concorrenza e non si tutela l’occupazione. Le imprese hanno bisogno di maggiore flessibilità”, avvisava la presidente Dina Ravera.

A favore della clausola invece Assocontact. “ Si tratta – diceva l’associazione che riunisce le aziende di contact center – di un inizio positivo, anche se bisognerebbe affrontare con maggior efficacia temi come quello delle clausole sociali e delle gare al massimo ribasso, così come verificare un’ipotesi di defiscalizzazione che sostituisca la decontribuzione”.

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