LA RIFORMA

Canone Rai, la proposta di Bassanini: “Paghi di più chi ha più case”

Il presidente della Cassa Depositi e Prestiti interviene nel dibattito sulla riforma: “Il modello sia il sistema francese. Così si abbatte l’evasione”

Pubblicato il 14 Ott 2014

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Un modello di finanziamento del canone ritagliato sul sistema francese, con un prelievo basato sul possesso degli immobili: chi possiede più case e più di una televisione “se lo può permettere, quindi è giusto che paghi di più”, ha affermato Franco Bassanini, presidente della Cassa Depositi e Prestiti intervenendo al convegno organizzato dalla Rai all’Auditorium Loyola su “Missione, indipendenza e governance del servizio pubblico”. E l’ipotesi di legare il canone Rai al possesso di immobili secondo Bassanini sarebbe la strada più percorribile per combattere l’evasione (che sottrae alla Rai tra i 500 e i 600 milioni di euro), ma sembra che anche il governo sia orientato a questa soluzione, piuttosto che la via della bolletta elettrica (troppi gestori) o della dichiarazione di non possesso di una tv.

A dover dare una risposta sul canone è il sottosegretario allo Sviluppo, Antonello Giacomelli. In un video messaggio da Bruxelles ha annunciato “una riforma radicale del canone in base a criteri di equità e che dia certezza di risorse alla Rai, anche che sia vissuta con meno umore negativo dai cittadini.

“Presto presenteremo una proposta” ha detto Giacomelli, seguita poi da una “riforma della governance che restituisca alla Rai il suo ruolo, sia per operare come azienda sia come dimensione delll’organo di governance” e una “diminuita invasivita della politica”. Terzo punto nell’agenda del governo: il rinnovo della concessione di servizio pubblico, un mandato affidato alla Rai, in modo che abbia certezza delle risorse e modalità innovativa.

Ancora una volta il direttore generale della Rai, Luigi Gubitosi, sollecita il governo sulla riforma del canone: “si sarebbe dovuta fare ieri, è urgente perché da gennaio si deve pagare”, ha avvertito, augurandosi che si trovi il modo di combattere l’evasione così da poter “ridurre” l’importo. Quanto ai modelli di governance del servizio pubblico invece il dg la pensa in modo diverso rispetto alla presidente della Rai: se Anna Maria Tarantola boccia il cosiddetto sistema “duale”, tra un consiglio di sorveglianza è uno di gestione, il tanto ammirato modello Bbc, Gubitosi continua a vedere il sistema britannico come il più efficace. Secondo Cardani, presidente Agcom: “Serve più servizio pubblico, non meno servizio pubblico”, ma con il digitale e i nuovi media è difficile giustificarne un finanziamento.

Nel 2016 scade la concessione di servizio pubblico, quindi una riforma “è necessaria” secondo il presidente Agcom ma ci sono alcuni punti fermi: la qualità dei programmi in un quadro culturale per il Paese, quindi “cultura e produzioni nazionali non esclusive ma neppure dei contentini minoritari”. ( Cardani cita il “che fare” di Lenin e rimpiange le opere teatrali di Govi in tv) e “nuove regole di governance” che garantisca “indipendenza di azione dal governo” . Quindi certezza di finanziamento e Innovazione tecnologica. Quanto alle istituzioni di controllo sulla Rai, divise in tre, Agcom, ministero dello Sviluppo e Vigilanza, secondo Cardani è un intreccio che il Parlamento dovrebbe “disboscare”.

A richiamare al ruolo centrale del Parlamento e del servizio pubblico è Roberto Fico, presidente della Commissione di Vigilanza. Lamenta un certo disinteresse per i lavori della commissione: “per sette mesi a Palazzo San Macuto abbiamo lavorato sul contratto di servizio scaduto nel 2012, dal 7 maggio giace nel cassetto del Minstero dello Sviluppo” , sono stati sollecitati sia il sottosegretario Giacomelli che la Rai. Insomma, il parere della Vigilanza resta inascoltato, mai la Rai “non è stata mai punita se è stata inadempiente”. Il grillino Fico parla della necessità di un nuovo modello governance della Rai, ma “deve essere una legge di iniziativa parlamentare, che sia Pd, 5 stelle o altri, non con un decreto o un disegno di legge governativo”. Un processo non rapido, e, visto che il Cda Rai scade a maggio, “almeno per le nuove nomine cambino le modalità, cambiamo i comportamenti prima di cambiare la legge, in Italia fatta la legge si trova l’inganno, invece possiamo scoprire l’inganno anche prima di fare la legge” è una sorta di lezione di etica del preside te cinque stelle, che non vorrebbe più parlamentari nel Cda Rai.

Gubitosi ha chiuso i lavori: “La riforma della governance non spetta a noi, ma non bisogna comparare la Fondazione con il sistema duale, ipotesi da valutare”. Anche sulla governance però si deve “Fare in fretta, altrimenti fa bene solo all “convegnistica”.La Rai “viene considerata più affidabile delle altre tv” ha detto rispondendo a dubbi di Cardani, “ci sono resistenze al cambiamento”, anche per l’età dei dipendenti, ance se sono uscite 800 persone in Rai “i nativi digitali sono merce rara…”.

Prima della fine del mandato il dg e la presidente vogliono avere i conti in ordine e incassare la riforma dell’informazione e dei telegiornali a viale Mazzini, molto contrastata. Gubitosi lancia una frecciata: “alcuni giornalisti hanno telefonato ai politici in Vigilanza, per cercare di bloccare il cambiamento, infatti arrivano le interrogazioni parlamentari. la politica deve stare fuori dalla Rai, ma Rai fuori dai partiti. Abbiamo tutto quello che ci serve per cambiare, servizio pubblico al centro, patto con gli italiani, ma meritiamocelo”.

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