Casco elettronico per i postini. La Slc-Cgil sul piede di guerra

Il sindacato contro l’ipotesi “sperimentazione” su 150 portalettere in Campania e Lazio del casco con chip incorporato recentemente presentato da Schumacher e Jean Todt all’autodromo di Monza. Il segretario Barbara Apuzzo: “Rischi per la salute, i lavoratori non sono cavie”

Pubblicato il 18 Nov 2011

Bufera sulla sperimentazione del casco elettronico con Gps e chip
Gsm incorporato da parte di 150 postini, che starebbe per partire
in Campania e Lazio. Il sindacato Slc-Cgil va su tutte le furie e
non ci sta a fare dei portalettere le "cavie" di un
sistema di sicurezza che "rischia di essere dannoso per la
salute ed è contrario all'articolo 300 dello statuto dei
lavoratori, che vieta il controllo elettronico a distanza dei
lavoratori". Poste interpellate dal nostro giornale non
commenta, ma si riserva di farlo nei prossimi giorni.

“In riferimento alla notizia
appresa dalla stampa
, secondo la quale “un casco elettronico
nato nell'Autodromo di Monza proteggerà la salute dei
portalettere di Poste Italiane” e al fatto che nei prossimi
giorni 150 portalettere di Poste Italiane, scelti nei centri di
distribuzione postale del Lazio e della Campania, cominceranno a
usare regolarmente il casco e andranno avanti per un periodo di due
mesi, verificandone il funzionamento “sul campo” e fornendo
informazioni ai ricercatori e ai progettisti del Monza Research
Institute per metterne a punto le funzionalità, la scrivente
Segreteria Nazionale ricorda che già con comunicazione inviata a
novembre dello scorso anno Slc Cgil aveva manifestato tutta la
propria contrarietà rispetto alla scelta di utilizzare per la
“sicurezza” dei lavoratori, un sistema che, per tipo di
tecnologia applicata (Gps, Gsm, sensori di movimento), ha tutti i
presupposti per configurarsi come un sistema di controllo a
distanza dei lavoratori, oltre che essere potenzialmente nocivo
della salute.” Così l’inizio della lettera ufficiale che
Barbara Apuzzo, segretaria nazionale Slc Cgil, ha spedito oggi ai
Responsabili di Risorse Umane e Relazioni Industriali di Poste
Italiane.

Interpellata dal nostro giornale, Poste Italiane per ora non
commenta.

“Un argomento così delicato necessita dunque di un
approfondimento che chiarisca che tipo di controllo si intende
effettuare sulle lavoratrici ed i lavoratori durante il servizio,
dal momento che, come è noto, in assenza di accordo sindacale,
questo è vietato dallo statuto dei lavoratori", prosegue la
lettera.

Inoltre, non essendoci alcuna “Convenzione Internazionale” che
stabilisce che i portalettere siano delle “cavie” sulle quali
sperimentare innovazioni tecnologiche di questo tipo, e dovendo gli
stessi subirne gli effetti anche per 7 ore e 20 minuti al giorno,
la nostra Organizzazione ritiene che sia indispensabile affrontare
la questione legata agli effetti che l’utilizzo del casco può
produrre sulla salute di chi lo indossa, alla presenza di esperti
di parte aziendale e sindacale.”

“La presentazione fatta da Michael Schumacher e Jean Todt –
conclude la Apuzzo – potrà pure essere suggestiva e mediaticamente
accattivante, ma non è a nostro avviso sufficiente per dare le
dovute garanzie alle lavoratrici e ai lavoratori di Poste
Italiane”.

Già un anno fa, in una missiva
indirizzata all'amministratore delegato di Poste Italiane Paolo
Sarmi e ai responsabili delle risorse umane il segretario generale
della Slc-Cgil Emilio Miceli aveva espresso la sua contrarietà
"alla scelta di utilizzare per la “sicurezza” dei
lavoratori, un sistema che, per tipo di tecnologia applicata ( GPS,
GSM, sensori di movimento, accelerometro), ha tutti i presupposti
per configurarsi come un sistema di controllo a distanza dei
lavoratori e nocivo della salute".

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