AFFAIRE TELEFONICA

Catricalà: “Telecom Italia, non serve aprire un tavolo a Palazzo Chigi”

Il viceministro alle Comunicazioni risponde ai sindacati che chiedono una discussione con Telefonica e con l’esecutivo sul futuro della compagnia: “Eccessivo coinvolgere il premier. TI è un’azienda di grandi capacità industriali”

Pubblicato il 04 Dic 2013

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Su Telecom “non c’è un problema di tavolo di crisi, credo sia eccessivo coinvolgere il premier, anche se il tema è alla massima attenzione del ministero per lo Sviluppo economico”. Lo dice il vice ministro allo Sviluppo con delega alle Tlc, Antonio Catricalà, a margine di una tavola rotonda dell’Agcom.

Secondo il viceministro “Telecom è ancora un’azienda di grandi capacità industriali e commerciali e gli impegni presi saranno rispettati” “C’è da capire – ha continuato Catricalà – se Telecom può fare da sola per il Paese ciò di cui il Paese ha bisogno: se non può farlo dobbiamo intervenire ma solo con lo scorporo della rete e non attraverso aiuti di Stato”.

Catricalà ha ribadito che “l’idea dello scorporo è ancora presente e ritenuta prioritaria dal mio dipartimento, è una scelta opportuna. Lo scorporo societario e non proprietario – ha concluso – può garantire la sicurezza degli investimenti e un socio forte come Cassa Depositi e Prestiti può assicurare la crescita”.

Sulla possibilità di un ingresso nel capitale di Telecom italia da parte di Vodafone o da parte di altri operatori, ha detto: “Finora non mi sembra ci siano state proposte concrete di ingresso in Telecom Italia da parte di altri concorrenti”. Parlando più genericamente del consolidamento Catricalà ha affermato che “se da quattro operatori mobili si passasse a tre, mantenendo quelli virtuali, non ci sarebbe alcun danno per il mercato, anzi”.

Nei giorni scorsi i sindacati avevano fatto appello al governo affinché si aprisse un tavolo. “Il Governo convochi un incontro con Telecom Italia, Telefonica e sindacati – aveva detto il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, sottolineando che “le scelte da operare per la definizione della vicenda Telecom saranno decisive non solo per il futuro dell’azienda, ma anche per lo sviluppo del nostro Paese. Ecco perché – affermava in una nota – l’obiettivo della difficile vertenza in cui sono impegnati i lavoratori e il sindacato è quello della valorizzazione del Gruppo. Ed ecco perché, considerato il valore strategico di questa realtà per la nostra economia, chiediamo al Governo l’apertura di un tavolo che coinvolga oltre all’azienda e alle parti, anche Telefonica. Al partner spagnolo, infatti, vanno chieste garanzie occupazionali e industriali, a partire dalla rete, idonee ad assicurare una prospettiva competitiva ad uno dei pochi grandi gruppi italiani. Se così non fosse, quelle che già sono soltanto buone intenzioni sulla crescita del Paese verrebbero definitivamente declassate al rango di chiacchiere”.

D’accordo anche la Cgil. “La richiesta di Angeletti – diceva al Corriere delle Comunicazioni il segretario nazionale della Slc Michele Azzola – è in linea con quanto deciso nell’ultima riunione di coordinamento della RSU del Gruppo Telecom. Il tavolo è essenziale per avere garanzie sul futuro industriale del Gruppo Telecom e sulle prospettive occupazionali. Al Governo ci rivolgiamo perché riteniamo che possa e debba fare due cose molto importanti: fissare gli obiettivi della banda larga, a cui ovviamente Telecom dovrebbe adeguarsi, e approvare velocemente il decreto di modifica sull’Opa”.

Per Salvo Ugliarolo segretario nazionale della Uilcom, il tavolo è necessario perché “il problema sul futuro di Telecom è un problema paese”. “Il governo deve battere un colpo – avvertiva Ugliarolo – Le carte della partita Telecom cambiano quotidianamente: Patuano ha rassicurato i sindacati sull’aspetto core delle attività brasiliane ma in questi giorni scopriamo che l’Antitrust brasiliano ha sottolineato il pericolo anti-concorrenziale nell’operazione Telefonica-Telco, cosa che potrebbe costringere alla vendita di Tim Brasil con effetti deleteri sulla capacità competiviva di Telecom nonché sull’occupazione. Il governo non può rimanere sordo”.

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