C’era una volta Mediaset Premium, promessa sposa di Vivendi e abbandonata poco prima dello scambio degli anelli. Alle prese con una solitudine che sarà presto scossa dalle aste per i diritti televisivi. Dal dietrofront della media company all’accordo stretto con Mediaset ad aprile 2016, preludio della nascita mai avvenuta di un grande polo televisivo europeo, la pay-tv del Gruppo di Cologno Monzese è lentamente uscito, seppur mai definitivamente, dalle mire del patron di Vivendi, Vincent Bolloré. Il finanziere bretone ha girato le proprie carte, salendo rapidamente al 28,8% di Mediaset, scordandosi di una pay-tv che solo qualche mese fa veniva dichiarata strategica per la nascita di un colosso anti-Netflix.
La holding della famiglia Berlusconi, Fininvest, e la controllante diretta di Premium, Mediaset, hanno più volte denunciato i danni subiti dalla tv a pagamento con lo stallo decisionale dovuto al cambio di rotta firmato Bolloré. A ottobre Vivendi ha interrotto l’interim management condiviso su Premium, ma secondo i vertici di Cologno Monzese si è trattato solo di “un tardivo tentativo di evitare ulteriori danni a quelli enormi già provocati dalla paralisi organizzativa di Mediaset Premium”. Già senza la vicenda italo-francese non è che Premium navigasse in ottime acque, con l’utile mai centrato dalla propria nascita e da ultimo il fardello della spesa da oltre 600 milioni per i diritti Champions League 2015-2017.
E proprio da quest’ultima esperienza e più in generale dalle aste Premium vuole far ripartire il motore dopo l’ingolfamento degli ultimi mesi. I tempi stringono, visto che l’asta dei diritti 2018-2021 per la Coppa dalla grandi orecchie avverrà probabilmente in primavera, con una certezza per gli operatori del mercato: la Federazione calcistica europea procederà con aste Paese per Paese, partendo dall’Inghilterra dove i diritti televisivi valgono oro grazie alla sopravvalutazione della Premier League.
Per quel che riguarda l’Italia c’è una novità interessante, ossia la partecipazione assicurata per 4 squadre italiane in Champions dal 2018-2019. Se Premium ha pagato 660 milioni la vecchia Champions con di fatto solo due squadre italiane alla fase a giorni, quella con il doppio di partecipanti potrebbe salire ben oltre la stessa cifra. Vero è che la concorrenza dei sistemi di trasmissione online tra due anni potrà essere ancora più devastante dell’attuale, ma i big del settore sono comunque pronti a darsi battaglia. Non c’è solo Premium: Sky con questo prodotto è sbarcata in Italia, Discovery sta puntando sullo sport e si è già aggiudicata l’ultima asta per le Olimpiadi. C’è anche la Rai, interessata a trasmettere almeno una partita per turno in chiaro. Insomma, la concorrenza a Premium non manca.
Poi c’è anche l’asta per lo stesso triennio della Serie A, rispetto alla quale si vede all’orizzonte un mare agitato. Premium e Infront, advisor della Lega calcio, in novembre avevano fatto capire che il procedimento avrebbe potuto attendere che la situazione della pay tv del Biscione si fosse chiarita, suscitando una brusca reazione da parte di Sky. È molto probabile che l’asta per il calcio italiano, destinata a slittare forse a dopo l’estate, seguirà quella per la competizione europea. Anche perché il recente annullamento da parte del Tar della multa agli operatori che si erano divisi i diritti dopo le assegnazioni lascia spazio per trattative a tutto campo. I mesi che attendono Premium saranno quindi fondamentali per disegnare la strategia pluriennale della pay-tv.
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