I data center rappresentano una sfida sempre più urgente sul fronte della sostenibilità energetica. In un contesto globale segnato dalla crescita esponenziale della domanda di elaborazione dati, alimentata da tecnologie come l’intelligenza artificiale, il 5G, il cloud computing e l’Internet of Things, il consumo energetico dei data center è sotto i riflettori.
Negli Stati Uniti, il tema è arrivato al centro del dibattito pubblico e regolatorio con una proposta che potrebbe segnare un punto di svolta. Dominion Energy, una delle principali utility elettriche della Virginia, ha presentato alla commissione per l’energia dello Stato un piano per istituire una nuova classe tariffaria — la GS-5 — specificamente pensata per i clienti con un consumo superiore a 25 MW, cioè per i data center. L’obiettivo è chiaro: evitare che i clienti residenziali e le piccole imprese si facciano carico, attraverso bollette maggiorate, dei costi infrastrutturali necessari a soddisfare la domanda crescente delle big tech.
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Data center e hyperscaler, una crescita senza precedenti che grava sulle reti
Il consumo energetico dei data center sta crescendo a ritmi allarmanti. Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti, la loro domanda elettrica potrebbe triplicare entro il 2028, arrivando a rappresentare fino al 12% del fabbisogno nazionale. A fare la parte del leone sono gli hyperscaler — Amazon Web Services, Microsoft Azure, Google Cloud — che, pur contribuendo all’economia digitale con servizi fondamentali, stanno esercitando una pressione sempre maggiore sulle infrastrutture energetiche locali.
Negli ultimi anni, molti stati americani hanno offerto condizioni estremamente vantaggiose ai grandi gruppi tecnologici per attrarre investimenti in data center. Questi accordi prevedono spesso sconti tariffari o addirittura esenzioni fiscali, con effetti distorsivi: a fronte di benefici economici concentrati, si generano costi socializzati, cioè scaricati su altri clienti, in particolare sui residenziali. Il risultato? Bollette in crescita e una percezione di ingiustizia che sta iniziando a farsi sentire nell’opinione pubblica.
Dominion Energy ha deciso di rompere questa dinamica. Secondo quanto riportato da Fierce Network, l’azienda ha motivato la sua proposta con la necessità di tutelare gli altri clienti dal rischio di un’impennata delle tariffe dovuta agli ingenti investimenti richiesti dall’espansione dei data center. Il piano prevede che i grandi utilizzatori paghino una quota proporzionata delle spese legate alla costruzione di nuove infrastrutture energetiche, come linee ad alta tensione e centrali elettriche dedicate.
Data center, la proposta di Dominion Energy
L’iniziativa di Dominion Energy potrebbe configurarsi come il primo passo verso un modello tariffario alternativo per i data center, che tenga conto non solo delle esigenze di business degli hyperscaler, ma anche dell’equilibrio complessivo tra i diversi attori del sistema. La chiave di volta è l’introduzione di trasparenza e giustizia distributiva: i colossi digitali devono assumersi una quota equa delle responsabilità economiche connesse all’impatto del loro operato sul territorio.
Non mancano però le resistenze. La Data Center Coalition, Amazon e Google si sono già dichiarati contrari alla proposta, temendo un aumento dei costi operativi e una riduzione dell’attrattività della Virginia come destinazione per nuovi investimenti. Le aziende hanno sottolineato che i data center contribuiscono significativamente all’economia locale in termini di occupazione, tasse versate e sviluppo industriale. Tuttavia, queste argomentazioni iniziano a mostrare il fianco alla critica pubblica, soprattutto in un momento storico in cui la transizione ecologica richiede nuovi criteri di equità e sostenibilità.
Data center e residenziali, un conflitto latente
Il caso della Virginia riaccende il dibattito su una questione di fondo: chi deve pagare per l’espansione delle infrastrutture energetiche necessarie al mondo digitale? La proposta GS-5 rappresenta un tentativo concreto di ridefinire questo equilibrio. Non si tratta di penalizzare l’innovazione, ma di costruire un ecosistema più equo, in cui la crescita tecnologica non vada a scapito dei cittadini.
Un concetto simile emerge anche da Business Insider, che ha evidenziato come in altri Stati stiano emergendo iniziative analoghe. In Indiana, ad esempio, un disegno di legge prevede che i costi di connessione alle centrali nucleari siano a carico esclusivo dei data center che ne beneficiano. In California, il dibattito è ancora in fase iniziale, ma la pressione dell’opinione pubblica e dei gruppi di consumatori sta crescendo.
Data center, un’opportunità per le telco di rivedere il ruolo strategico nelle reti
Per il comparto telco, questa evoluzione rappresenta una finestra strategica. Gli operatori di telecomunicazioni, spesso fornitori di connettività per i data center o gestori delle reti edge, potrebbero giocare un ruolo decisivo nel ridefinire le regole del gioco. Da semplici erogatori di banda, potrebbero diventare facilitatori di un modello più sostenibile, in cui l’infrastruttura venga progettata non solo sulla base della massimizzazione dei profitti degli hyperscaler, ma anche in funzione dell’interesse collettivo.
La crescente attenzione verso le architetture edge e la distribuzione decentrata del calcolo apre scenari nei quali gli operatori telco, in sinergia con i regolatori, possono proporre un modello infrastrutturale più equo, resiliente e ambientalmente sostenibile. La proposta della Virginia può fungere da laboratorio: se si dimostrerà efficace, potrebbe essere replicata in contesti europei, dove il dibattito sul potere degli hyperscaler è già avanzato, ma manca ancora una risposta strutturale e condivisa.
Una proposta locale con implicazioni globali
L’idea di Dominion Energy non è solo un esperimento regolatorio: è un segnale politico ed economico forte che potrebbe ispirare un cambio di paradigma su scala più ampia. Se accolta, la classe tariffaria GS-5 potrebbe stabilire un precedente nella relazione tra pubbliche amministrazioni, utility energetiche e hyperscaler.
La sfida non è solo americana: anche in Europa, dove la Commissione Europea ha recentemente avviato un’indagine sulla sostenibilità delle infrastrutture digitali, si avverte l’urgenza di un nuovo equilibrio. Il modello alternativo proposto in Virginia potrebbe contribuire a definire le linee guida di un’economia digitale più giusta, nella quale l’espansione dell’AI e del cloud non diventi un fardello per i cittadini, ma un’occasione per ripensare — con lungimiranza — il modo in cui costruiamo, alimentiamo e regoliamo le infrastrutture del futuro.