Raggiungere la connettività universale e significativa entro il 2030 è un obiettivo ambizioso, ma imprescindibile per garantire pari opportunità nell’accesso all’istruzione, al lavoro e ai servizi essenziali. Secondo il nuovo report “Connecting Humanity Action Blueprint” (SCARICA QUI IL TESTO ORIGINALE) pubblicato dall’International Telecommunication Union (Itu) in collaborazione con la Commissione per le comunicazioni, lo spazio e la tecnologia dell’Arabia Saudita, il costo per colmare il digital divide globale si aggira tra i 2,6 e i 2,8 trilioni di dollari.
Una cifra che riflette non solo la necessità di espandere le infrastrutture digitali, ma anche di rendere accessibili i servizi, formare le persone e modernizzare i quadri normativi. Il report aggiorna e amplia l’analisi del 2020, tenendo conto dell’inflazione, dell’evoluzione tecnologica e dell’innalzamento degli standard minimi di connettività, oggi fissati a 20 Mb/s.
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Infrastrutture, il nodo più costoso
La voce più rilevante del piano è rappresentata dalle infrastrutture digitali, che da sole richiedono tra 1,5 e 1,7 trilioni di dollari. Si tratta di investimenti necessari per portare la banda larga a 2,6 miliardi di persone ancora offline, attraverso una combinazione di fibra ottica, wireless fisso 4G e satelliti per le aree più remote.
Il report evidenzia che il 91,7% della popolazione mondiale è coperto da reti 4G, ma la copertura non equivale all’uso. In molte regioni, soprattutto in Africa e Sud Asia, la disponibilità di rete non si traduce in accesso effettivo, a causa di barriere economiche, culturali e infrastrutturali.
Accessibilità economica: quasi 1 trilione per rendere Internet alla portata di tutti
Il secondo grande ostacolo alla connettività universale è l’affordability, ovvero la possibilità per le persone di permettersi dispositivi e abbonamenti. Il report stima che servano 983 miliardi di dollari per rendere accessibili smartphone e servizi broadband, sia fissi che mobili, per cinque anni.
In Africa, ad esempio, il 100% della popolazione a basso reddito non può permettersi un pacchetto dati da 10 GB, mentre in America Latina e nei Paesi arabi la percentuale supera l’85%. Anche nei Paesi ad alto reddito, come gli Stati Uniti, esistono sacche di popolazione escluse per motivi economici.
Competenze digitali: 152 miliardi per formare 1,5 miliardi di persone
La connettività significativa non si esaurisce nella disponibilità di rete: è necessario che le persone sappiano usarla in modo sicuro, efficace e produttivo. Per questo, l’Itu stima un fabbisogno di 152 miliardi di dollari per formare 1,2 miliardi di persone alle competenze digitali di base e 311 milioni a quelle avanzate.
Il report sottolinea che molti utenti accedono a Internet senza avere le competenze per farlo in modo consapevole, aumentando i rischi di esclusione, disinformazione e vulnerabilità. Le competenze digitali sono anche un fattore chiave per l’adozione dell’intelligenza artificiale, che rischia di ampliare ulteriormente il divario tra chi è connesso e chi non lo è.
Regolamentazione e policy: piccoli costi, grande impatto
La componente meno onerosa in termini economici, ma cruciale per abilitare gli altri interventi, è quella relativa a policy e regolamentazione. Con un investimento stimato in 600 milioni di dollari, è possibile supportare i Paesi nel modernizzare i quadri normativi, semplificare le autorizzazioni, incentivare la concorrenza e creare ambienti favorevoli agli investimenti.
Il report evidenzia che la mancanza di un contesto regolatorio prevedibile e aggiornato è uno dei principali freni alla diffusione della banda larga, soprattutto nei Paesi a basso reddito. Interventi mirati possono sbloccare investimenti privati e accelerare la trasformazione digitale.
Banda ultralarga, infrastruttura abilitante
La banda ultralarga è il fondamento tecnico su cui costruire la connettività universale. Senza reti ad alta capacità, è impossibile garantire servizi stabili, veloci e scalabili. Il report dell’Itu sottolinea l’importanza di investire in backbone, data center e Internet exchange point (Ixp), elementi spesso trascurati ma essenziali per la qualità del servizio.
Un piano d’azione multilivello
Il report propone un Action Blueprint articolato in due parti. La prima analizza lo stato attuale della connettività globale, le barriere e i costi per superarle. La seconda offre un piano operativo basato su partnership multistakeholder, con raccomandazioni pratiche, casi studio e progetti trasformativi.
Tra questi, spiccano iniziative come il Giga Project per connettere tutte le scuole del mondo, il Last-Mile Connectivity Investment Fund per finanziare piccoli operatori nei Paesi emergenti, e il Global Digital Divide Data Observatory per migliorare la raccolta e l’uso dei dati a livello subnazionale.
Connettività universale: un investimento per il futuro
Il messaggio dell’Itu è chiaro: la connettività universale non è solo un costo, ma un investimento strategico. Ogni dollaro speso per colmare il digital divide genera ritorni in termini di crescita economica, inclusione sociale, resilienza e innovazione. Ma per trasformare questa visione in realtà, serve un impegno coordinato e duraturo da parte di governi, imprese, istituzioni finanziarie e società civile.
Le differenze regionali: un divario che si allarga
Come detto, il report evidenzia come il divario digitale sia fortemente disomogeneo a livello geografico. In Africa, ad esempio, il 100% della popolazione a basso reddito non può permettersi un pacchetto dati da 10 GB, mentre in Sud Asia, pur con una maggiore densità abitativa, i costi per colmare il gap infrastrutturale sono i più alti al mondo. Questo perché la copertura mancante riguarda aree densamente popolate che richiedono ingenti investimenti in fibra ottica, più costosa rispetto al wireless fisso o al satellite.
In Europa e Nord America, invece, le sfide sono più legate alla sostenibilità economica dei modelli di business per le aree rurali e alla necessità di aggiornare le reti esistenti per supportare applicazioni avanzate come l’intelligenza artificiale. Il report sottolinea che nessuna regione è immune: anche nei Paesi ad alto reddito esistono sacche di esclusione digitale, spesso legate a fattori socioeconomici, culturali o di genere.
Progetti trasformativi: la via dell’impatto sistemico
Per accelerare il raggiungimento della connettività universale, l’Itu propone una serie di Digital Inclusion Transformative Projects (Ditp), pensati per avere un impatto scalabile e replicabile. Tra questi, il progetto Giga, in collaborazione con Unicef, punta a connettere tutte le scuole del mondo entro il 2030, trasformandole in hub digitali per le comunità locali. Ad oggi, ha già raggiunto oltre 24.000 scuole in 43 Paesi.
Un altro progetto chiave è il Last-Mile Connectivity Investment Fund, che mira a finanziare piccoli operatori nei Paesi a basso e medio reddito, spesso esclusi dai circuiti tradizionali di investimento. Il fondo fornisce capitale paziente, assistenza tecnica e accesso a reti di partner, con l’obiettivo di stimolare modelli di business innovativi e sostenibili. Questi progetti dimostrano che è possibile combinare impatto sociale e sostenibilità economica, a patto di adottare un approccio sistemico e collaborativo.
Partnership pubblico-private: la chiave per sbloccare il potenziale
Uno dei messaggi centrali del report è che nessun attore può colmare il digital divide da solo. Servono partnership pubblico-private solide, basate su obiettivi condivisi, trasparenza e una chiara distribuzione dei ruoli. L’Itu propone quindi, come spiegato, un Action Blueprint Partnership Framework che guida i partner attraverso tutte le fasi del progetto: dalla pianificazione alla gestione operativa, fino alla chiusura o scalabilità dell’iniziativa.
Le esperienze raccolte nel report mostrano che le partnership di successo sono quelle che coinvolgono attivamente le comunità locali, valorizzano le competenze di ciascun attore e prevedono meccanismi di monitoraggio e adattamento continuo. In questo senso, la connettività universale non è solo una questione tecnica o finanziaria, ma un processo di co-progettazione sociale, che richiede ascolto, fiducia e visione di lungo periodo.