Un’occasione da non perdere. Così le principali aziende di telecomunicazioni europee accolgono la decisione della Commissione Europea di aprire una consultazione pubblica sulle regole che disciplinano fusioni e acquisizioni nel mercato unico. L’obiettivo delle Telco? Spingere per una maggiore libertà di consolidamento, ritenuta l’unica via per raggiungere la massa critica necessaria a sostenere gli investimenti in reti di nuova generazione e tecnologie emergenti come 5G, cloud, edge computing e AI.
Una posizione che il settore difende da tempo, rilanciata con forza negli ultimi mesi anche alla luce dei report Draghi e Letta, che hanno acceso i riflettori sulla necessità di un’Europa più integrata e competitiva. Tuttavia, le speranze di un cambio di rotta radicale appaiono, almeno ad oggi, difficili. Dal 2004, anno dell’introduzione del quadro normativo europeo in materia di M&A, le modifiche sono state minime.
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Una consultazione-lampo, una posta alta
La consultazione lanciata dalla Commissione durerà appena quattro mesi – fino al 3 settembre 2025 – un tempo record per gli standard comunitari. Ma i contenuti sono tutt’altro che ordinari: il processo punta a rivedere i criteri con cui si valutano le operazioni di fusione, ponendo maggiore attenzione su innovazione, resilienza, sostenibilità, intensità degli investimenti e orizzonti strategici, specie nei settori ritenuti critici per il futuro dell’Unione.
«Questo è un momento cruciale per l’Europa», ha dichiarato Teresa Ribera, vicepresidente esecutiva della Commissione incaricata della transizione giusta e competitiva. «Solo evolvendoci possiamo garantire che la nostra politica sulle fusioni continui a servire le persone, promuovere l’innovazione e rafforzare la resilienza europea. Contiamo sul contributo di imprese e cittadini».
Un mercato, 34 operatori: la frammentazione che frena
In tutta Europa operano attualmente almeno 34 operatori mobili principali, spesso confinati nei rispettivi mercati nazionali. Un livello di frammentazione che, secondo un’analisi commissionata da Vodafone, genera inefficienze strutturali, debole competitività e scarsa capacità di investimento.
Questa situazione è frutto di un impianto regolatorio superato, nato in epoca pre-digitale, basato su logiche verticali e infrastrutture fisiche. A differenza di altri settori come quello dei capitali o delle merci, il mercato unico delle telecomunicazioni non è mai stato davvero realizzato. Il Digital Single Market del 1993 è rimasto sulla carta: non esiste oggi in Europa un operatore paneuropeo in grado di offrire servizi digitali in modo uniforme su tutto il territorio dell’Unione.
Tutti gli occhi sono ora puntati sul prossimo passo della Commissione: la proposta di Digital Networks Act, attesa entro fine maggio, che punta a modernizzare il quadro normativo per le Tlc europee, razionalizzare le regole e creare finalmente le condizioni per una scalabilità continentale.
Le richieste avanzate dal settore, sintetizzate da Gsma e Connect Europe, si articolano in tre pilastri chiave:
- Semplificazione normativa, con regole più chiare e aggiornate all’ecosistema digitale attuale;
- Parità regolatoria, per evitare distorsioni tra operatori tradizionali e Ott;
- Un vero mercato unico operativo, che consenta agli operatori di fornire servizi digitali in tutta l’Ue senza ostacoli nazionali.
Lo scopo finale è favorire consolidamento, investimenti e innovazione, contrastando la concorrenza asimmetrica delle big tech globali e ridando slancio all’industria europea delle reti.
Le telco insistono: “Senza scala, niente futuro”
Le telco ribadiscono dunque un messaggio ormai familiare: senza consolidamento non è possibile competere con i colossi globali né sostenere l’enorme mole di investimenti richiesta dalla transizione digitale. Un mercato europeo troppo frammentato – sostengono – soffoca l’efficienza, rallenta l’innovazione e scoraggia l’allocazione di capitali a lungo termine.
L’Italia al centro del cambiamento: Tim-Iliad e Vodafone-Fastweb
Il mercato italiano è oggi uno dei principali laboratori di questa trasformazione. Due operazioni di consolidamento stanno infatti ridisegnando la mappa del settore: la potenziale fusione tra Tim e Iliad, ancora in fase di discussione, e la già completata acquisizione di Vodafone Italia da parte di Swisscom, con integrazione in Fastweb.
Nel primo caso, Tim — attraverso il suo amministratore delegato Pietro Labriola — ha ribadito l’apertura verso un’operazione con Iliad, evidenziando la necessità di rafforzare l’intero settore. Secondo Mediobanca Securities, una fusione tra i due operatori porterebbe alla nascita di un soggetto dominante, con quote residue del 30% per Vodafone-Fastweb e del 25% per WindTre. Labriola, tuttavia, non considera strategicamente critico un eventuale accordo alternativo tra Iliad e Wind Tre.
Nel secondo caso, la fusione tra Vodafone e Fastweb è già realtà: Swisscom ha investito 8 miliardi di euro per acquisire l’operatore britannico in Italia, unendolo alla sua controllata per formare un colosso da 20 milioni di linee mobili e 5,6 milioni di linee fisse. I risultati del primo trimestre 2025 confermano la stabilità dell’operazione, con ricavi pari a 1,82 miliardi di euro e una chiara strategia di espansione nei segmenti B2B e wholesale.
La trincea delle autorità nazionali
Ma il mantra della concentrazione non convince tutti. E la Commissione dovrà misurarsi anche con le resistenze interne. Un freno arriva da un fronte compatto di autorità antitrust. Le omologhe di Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Irlanda, Paesi Bassi e Portogallo hanno sottoscritto una dichiarazione congiunta che suona come un altolà: le fusioni tra operatori in uno stesso Paese – si legge – «devono continuare a essere sottoposte a un rigoroso scrutinio».
Il motivo è semplice: meno concorrenti significa meno pressione a innovare, minore qualità nei servizi, copertura di rete ridotta e, in ultima analisi, un sistema meno resiliente. “La narrazione secondo cui la frammentazione del settore ostacolerebbe investimenti e innovazione, per colpa di regole troppo rigide, è fuorviante”, affermano.
Sette temi sul tavolo. Ma lo scontro è appena iniziato
La consultazione lanciata da Bruxelles si articolerà su sette temi chiave: competitività, resilienza, potere di mercato, innovazione, decarbonizzazione, digitalizzazione, efficienze e impatti occupazionali. È l’occasione per riscrivere le regole del gioco in una fase cruciale della trasformazione tecnologica europea. Ma se la volontà è quella di aggiornare la bussola regolatoria, il rischio è che la direzione sia contesa metro per metro.
Come spesso accade in Europa, dietro a una finestra di consultazione breve può celarsi un lungo percorso di mediazione, che potrebbe durare anni. E se da un lato le Telco tornano a battere il tamburo del consolidamento, dall’altro le istituzioni comunitarie sembrano decise a non sacrificare i principi della concorrenza sull’altare della scala.
Il confronto è aperto. E sarà uno dei più delicati degli ultimi anni per il futuro delle telecomunicazioni europee.
ll punto a Telco per l’Italia l’11 giugno
Di mercato unico digitale, consolidamento come temi strategici per l’industria delle telecomunicazioni europea si discuterà al prossimo Telco per l’Italia – “Oltre le reti: da TelCo a TechCo per costruire il futuro dell’Italia” – l’evento CorCom-Nextwork360 in programma a Roma il prossimo 11 giugno.
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