LO SCANDALO

Datagate, lo scandalo frena lo sbarco di At&T in Europa

Il colosso Usa “paga” la collaborazione alla raccolta dati della Nsa. I governi di Francia e Germania vogliono analizzare meglio le conseguenze di un possibile ingresso della compagnia in Vodafone

Pubblicato il 31 Ott 2013

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Lo scandalo Prism, oltre a guastare i rapporti diplomatici fra le due sponde dell’Atlantico, rischia di impattare pesantemente anche sul mercato delle Tlc. Secondo il Wall Street Journal il Datagate avrà ripercussioni sui piani di espansione in Europa del colosso telefonico americano At&t. A ostacolare i piani Usa ci sono Francia e Germania, la cui cancelliera ha lamentato di essere spiata: il progetto di At&t di entrare nella telefonia mobile europea, in particolare in Vodafone Group, potrebbe così essere sottoposto a un più approfondito esame – evidenzia il Wsj – proprio perché At&T è fra le aziende che hanno collaborato alla raccolta di dati dell’agenzia governativa americana.

Dell’affare, uno dei più grossi nelle tlc – Vodafone è il secondo operatore in Germania – si vocifera da un po’ fra analisti e investitori di Wall Street. Secondo il quotidiano finanziario americano la probabilità di un affare nel breve periodo è molto bassa, troppo caldi lo scandalo diplomatico, le dichiarazioni infuriate di Angela Merkel e la conseguente l’onda mediatica del Datagate. Dal portavoce di At&t un “no comment”.

L’interesse di At&t per il mercato europeo non è un mistero. I primi di ottobre, in viaggio in Europa, il ceo Randall Stephenson ha dichirato che “l’Europa ha il potenziale per essere incredibilmente eccitante”, annunciando anche la disponibilità ad acquistare attività di telefonia mobile in Europa se ce ne fossero disponibili al giusto prezzo. Ma a certe condizioni che lo stesso Stephenson, a cominciare da “politiche coerenti sulle frequenze in modo da offrire condizioni più interessanti per le aziende che operano nel wireless”.

“Aziende come At&t – ha sottolineato – hanno bisogno di rassicurazioni sul fatto che le politiche pubbliche siano favorevoli agli investimenti sulle reti che hanno bisogno di aggiornamenti per l’evoluzione a lungo termine e per l’Lte”.

Stephenson ha detto che servono modifiche alle regole sulle licenze delle frequenze: occorre dare agli operatori la possibilità di controllare ampie aree di territorio per lunghi periodi di tempo per incentivare a realizzare investimenti sulle reti validi anche per il futuro. Alcuni paesi offrono licenze di circa 10 a 12 anni contro i 30 degli Stati Uniti e possono rimette all’asta le frequenze a nuovi operatori a fine licenza. E questo rende difficile costruire una rete pan – europea dal momento che ogni paese vende diverse porzioni di spettro in base alle proprie modalità.

Il ceo ha anche evidenziato che l’Europa ha bisogno di un mercato in cui gli operatori possano scambiarsi porzioni di spettro, permettendo di assemblare pezzi della loro rete e renderle più efficienti. E ha chiesto ai regolatori di smettere di riservare le frequenze ad una tecnologia specifica, come avvenuto con il 3G e dare alle aziende una maggiore flessibilità per utilizzare lo spettro come meglio credono .

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