Più di tutti il Corriere delle Comunicazioni ha seguito con attenzione e determinazione il tema della Digital Agenda for Europe, il summit dei ministri europei che si proponeva fare il punto sugli obiettivi dell’Agenda digitale UE. L’incontro, su iniziativa del governo Italiano, avrebbe dovuto tenersi a Venezia a inizio luglio. Una due giorni europea seguita, o preceduta, da una giornata tutta dedicata all’Italia. L’idea era nata nel corso del governo di Enrico Letta per poi essere stata fatta propria anche da Matteo Renzi
Sino all’ultimo, il vertice sembrava destinato a saltare: a causa di una serie di inerzie e pasticci burocratici dalle parti di Palazzo Chigi cui hanno fatto da successivo contraltare alcune ripicche politiche dalle parti di Bruxelles.
Sul fronte italiano, le incertezze procedurali, la lentezza nell’individuazione di chi dovesse seguire il dossier, il conseguente ritardo con cui l’Italia ha confermato la volontà di ospitare il vertice Ue ci paiono purtroppo significativi non di un possibile incidente di percorso nel passaggio fra due gabinetti di governo, bensì di un più persistente “guasto” nei meccanismi di funzionamento della macchina amministrativa pubblica che troppo spesso gira a vuoto su se stessa, volta alla ricerca della perfezione formale dimenticandosi il problem solving, e cioè l’obiettivo da raggiungere.
Alla fine della giostra, siamo di fatto arrivati fuori tempo massimo per Digital Agenda for Europe, come ha testimoniato la risposta piccata che abbiamo ricevuto dalla commissaria Ue all’Agenda digitale, Neelie Kroes, che in un primo momento ha cancellato il vertice a ragione della scarsità dei tempi tecnici disponibili.
Per fortuna, non tutto è andato perduto e vi è stato provvidenziale recupero in zona Cesarini. Al posto di Digital Agenda for Europe si terrà, l’8 e 9 luglio, Digital Venice. Si tratta di un un grande evento internazionale particolarmente importante e significativo anche se non avrà la stessa valenza politica originaria sotto il cappello della Commissione Ue.
Va dato atto a chi si è battuto con decisione sino all’ultimo, non solo nel governo ma anche alle autorità locali veneziane, per mantenere in agenda un appuntamento di altissimo livello nonostante il disappunto di Bruxelles per i ritardi della nostra burocrazia.
Sarebbe stata un’occasione persa, soprattutto per l’Italia ma anche per l’Europa. Raggiungere gli obiettivi, pur ambiziosi, di Agenda 2020 significa consentire all’economia e alla società europee di essere competitive con i concorrenti globali americani ed asiatici.
L’incontro veneziano potrà essere uno stimolo importante per far emergere in Italia la consapevolezza necessaria a bruciare le tappe dei nostri ritardi digitali (siamo indietro in molte classifiche) e per fare capire in Europa che l’Italia digitale è più di uno slogan. Ma potrà anche essere un passaggio di testimone politico alla nuova Commissione Ue e al nuovo Parlamento europeo perché nella legislatura che seguirà alle elezioni di maggio non si spenga il faro e la priorità politica della società digitale.
Adesso di tratta di lavorare tutti perché Digital Venice divenga non solo un appuntamento ma anche un successo. E di imparare la lezione: le pastoie della burocrazia italiana non sono invincibili.
Digital Venice, una lezione per Renzi
I pasticci burocratici nella transizione fra i governi Letta e Renzi hanno fatto saltare Digital Agenda for Eu che doveva tenersi a Venezia. Si rimedierà a luglio con un altro appuntamento importante: Digital Venice. Ha vinto la volontà di ottenere un risultato contro i freni delle pastoie della burocrazia
Pubblicato il 22 Apr 2014
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