TELECOM ITALIA

El Economista: “Bernabè pronto a dimettersi senza aumento di capitale”

Secondo il periodico iberico il presidente esecutivo potrebbe minacciare le dimissioni se il Cda del 3 ottobre non approverà l’aumento. Ma per Telefonica non è la priorità. Bernabè: “Sono fiducioso”. Oggi la riunione informale sul piano industriale: focus su fibra e societarizzazione del customer care

Pubblicato il 19 Set 2013

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“Telecom Italia è una polveriera. Franco Bernabè potrebbe minacciare le dimissioni nel caso in cui non venisse approvato un aumento di capitale nel consiglio di amministrazione del 3 ottobre prossimo”. E’ quanto si legge sul sito del periodico iberico El Economista sulla base di indiscrezioni provenienti da fonti vicine alla società di telecomunicazioni italiana.

Bernabè, si legge sul sito, è “riluttante” a vendere la partecipata brasiliana Tim Brasile e “vincola il futuro dell’operatore telefonico ad un aumento di capitale superiore ai 3 miliardi di euro. Nel caso, molto probabile, di fallimento della proposta, Bernabè potrebbe uscire dal gruppo, forse incoraggiato anche dai soci attuali”. El Economista parla di situazione “critica” e sostiene che il gruppo iberico Telefonica potrebbe valutare “una quadratura del cerchio” per salvare Telecom Italia con un piano “realisticamente fattibile”. In tale contesto, l’aumento di capitale auspicato da Bernabè non figura tra le priorità del gruppo spagnolo, attualmente impegnato a ridurre il proprio indebitamento.

Al termine della riunione informale che si è tenuta oggi, nella quale si sarebbe dovuto presentare il piano industriale, contattato da Bloomberg, il presidente Franco Bernabè ha sottolineato che l’incontro di oggi tra i consiglieri di Telecom è stato ”costruttivo” e si è detto ”fiducioso” su un accordo sul futuro di Telecom per il 3 ottobre.

Il consigliere Tarak Ben Ammar ha detto che si è trattato di un “pranzo” tra amici tra amici. A chi gli chiedeva poi se durante il vertice si fosse parlato di un aumento di capitale, Ben Ammar ha risposto: “Occorre aspettare il 3 ottobre (quando è in programma un nuovo Cda Telecom, ndr). Pazienza, ci vuole pazienza”. Secondo quanto si apprende, all’incontro odierno sono presenti tutti i principali componenti del Cda, tra cui i due rappresentati di Telefonica, Cesar Alierta e Julio Linares.

Secondo il Sole 24 Ore il piano industriale dovrebbe insistere su un’accelerazione consistente degli investimenti per la fibra ottica e in parallelo una riorganizzazione con l’ipotesi di societarizzare, oltre alla rete di accesso, anche l’attività di customer care, i servizi per la clientela business e quelli per la clientela retail. Il piano dovrà quantificare anche le risorse necessarie a sostenerlo, ma su questo fronte bisognerà aspettare il consiglio del 3 ottobre, quando si saprà se Telco è ancora in vita o se è destinata a sciogliersi.

Proprio sul fronte dell’assetto dell’azionariato, lo scenario più probabile è lo scioglimento di Telco, con Telefonica che diventerebbe primo azionista con una quota del 10,3%. Ma, continua il quotidiano, si potrebbe anche andare nella direzione di far uscire dal riassetto una nuova maggioranza, pur nella versione più contendibile di una sostanziale public company. Se la quota del 12% che fa capo ai soci italiani di Telco fosse ceduta a un partner sinergico con i progetti industriali di Telecom, non sarebbe infatti difficile ottenere l’appoggio della Findim di Marco Fossati che detiene il 5% e che è da sempre scettico sulla formula Telco, ma è più che mai interessato a valorizzare il suo investimento.

Sempre sul fronte del riassetto è intervenuto il Presidente del Consiglio di gestione Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro. “Noi siamo aperti a qualunque soluzione sia utile al futuro di Telecom nonché alla tutela dei nostri interessi”. “Comunque – ha spiegato Gros-Pietro – su questo argomento non dimentichiamo mai il rispetto che si deve a una grande società che svolge un servizio essenziale nel Paese: è un grande investitore, quindi rispettiamo quelle che saranno le decisioni prima di tutto della società”. No comment invece sullo scorporo: “Su questo non vorrei fare nessun commento, perché, oltretutto, chiama in causa anche altri protagonisti”, ha detto.

Dal canto suo l’amministratore delegato di 3 Italia, Vincenzo Novari, ha detto di “escludere” qualsiasi interesse di H3G per Telecom in questo specifico momento. “Se ci sarà consolidamento – ha detto Novari parafrasando il magnate cinese Li-Ka Shing – non saremo consolidati, ma consolidatori. La strada di Telecom la stanno definendo e prescinde totalmente da noi”. Novari ha quindi reso noto che il matrimonio tra Telecom e 3 Italia è sfumato per questioni di riservatezza: “Avevamo spiegato ai cinesi che in Italia è difficile mantenere certi livelli di riservatezza, ma per loro forma e sostanza sono la stessa cosa. Per questo ci hanno detto di lasciarli nel loro brodo”.

“Il problema di Telecom è un ebitda in forte calo – ha poi detto Novari, durante la presentazione della nuova stagione di La3, media channel di 3 Italia – Quando Bernabè ha preso la dirigenza dell’azienda Telecom aveva un debito di 37 miliardi di euro, ora e’ di 28 quindi comunque e’ riuscito a farlo scendere. Quello che rimane è uno zoccolo duro”.

Secondo Intermonte “l’ipotesi di riorganizzazione societaria è interessante per il gruppo, in quanto favorirebbe alleanze strategiche su vari fronti – Cdp per la rete, Hutchison per il mobile o fornitori di servizi – con minori implicazioni politiche”. “Tuttavia la riorganizzazione da sola non risolve il problema debito e potenziale downgrade – puntualizzano gli analisti – Analoga considerazione sull’ipotesi di un allargamento di Telco a Fossati o altri soci finanziari: avrebbe senso per Telefonica in quanto riduce le implicazioni antitrust in Brasile, ma, se non seguita da un aumento di capitale o cessione, da sola non apporta nuove risorse al gruppo Telecom Italia“.

Berenberg ha ridotto il target price su Telecom (-0,25% a 0,5905 euro) da 0,68 a 0,66 euro sulle ordinarie e da 0,56 a 0,54 sulle risparmio, confermando la raccomandazione hold. “Le incertezze abbondano su Telecom e il tempo sta finendo perché la società affronti il problema del bilancio e tranquillizzi le agenzie di rating”, affermano gli esperti in un report dal titolo “Il tempo sta finendo”, in cui ricordano la scadenza del patto di Telco e notano come “nessuno” dei soci “sembri propenso a un aumento di capitale, mentre Telefonica, secondo la stampa, vuole che Telecom ceda il Brasile. Crediamo che un downgrade a junk potrebbe far salire il costo del funding di Telecom di 100 punti base nel medio termine, pesando sugli utili e il free cash flow per circa il 7-8%”.

Berenberg spiega che “se potessimo essere sicuri di un aumento di capitale adeguato sostenuto da Telco, potremmo essere piu’ entusiasti sul titolo. Una ricapitalizzazione da 5-6 mld euro potrebbe convincere le agenzie di rating” a non ridurre il merito di credito di TI “e dovrebbe consentire al multiplo Ev/Ebitda di riprendersi fino a forse 4,5 volte e al titolo di registrare un re-rating di circa il 30% rispetto ai livelli attuali. Ma la nostra fiducia su questo esito non è elevata”. Se un aumento a queste condizioni sarebbe la soluzione migliore per gli azionisti, secondo Berenberg, la vendita del Brasile è “sub-ottimale, a meno che non venga fatta a premio consistente. Ma Telecom non è ben posizionata per negoziare un prezzo ottimale per Tim Brasil”, mentre per ottenere gli stessi benefici di un aumento di capitale dovrebbe vendere il suo 67% a un premio del 77% rispetto all’attuale equity value, “un po’ irrealistico secondo noi”. Berenberg non crede poi che TI possa decidere in generale di vendere il suo asset “a maggior crescita. Improvvisare potrebbe essere l’opzione di default, ma sarebbe una notizia negativa per gli investitori”. Gli esperti hanno intanto ridotto le stime di Ebitda del 3% circa e degli utili del 10%, alzando invece la valutazione di Tim Brasil.

Intanto Telecom Italia ha collocato oggi un bond a 7 anni dell’importo di un miliardo di euro. Il rendimento dell’emissione, spiega una nota, è pari al 5,054% e risulta largamente inferiore al costo medio del debito che a fine giugno si attestava a 5,4%. L’emissione si inserisce nel processo di rifinanziamento del debito in scadenza. I titoli saranno emessi nell’ambito del programma Emtn da 20 miliardi del gruppo e saranno quotato presso la Borsa del Lussemburgo.

L’obbligazione – con scadenza 25 settembre 2020 e cedola al 4,875% – è stato prezzato nel pomeriggio a reoffer 98,966, per un rendimento effettivo del 5,054%, riferiscono i lead manager dell’operazione. Il rendimento del titolo era stato fissato in tarda mattinata a 330 punti base sopra il tasso midswap, dopo una prima indicazione in un range compreso tra 340 e 350 punti base.

Secondo quanto riportato dal servizio Ifr di Thomson Reuters, gli ordini si sono attestati a circa 5 miliardi di euro. Le banche che guidano il collocamento sono Unicredit, Deutsche Bank e Rbs, cui si affiancano come ‘joint bookrunner’ Bbva, Mitsubishi, Santander e Smbc.

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