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Gara 5G, ecco le regole proposte da Agcom. Pacchetto “riservato” per i nuovi entranti

L’authority lancia la consultazione – relatori i commissari Nicita e Posteraro – per il sistema di assegnazione delle frequenze da cui l’Italia stima di incassare 2,5 miliardi. Introdotte novità sugli obblighi di copertura. Pacchetti “misti” all’asta. Nella banda 700Mhz prevista una porzione per gli operatori non attualmente in possesso di frequenze. Chiusa l’indagine conoscitiva sui servizi

Pubblicato il 06 Mar 2018

r. c.

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Proprio mentre l’Europa raccomanda agli Stati di accelerare (vedi l’intervista a Roberto Viola, Dg Connect Commissione Ue), l’Italia compie due passi decisivi verso il 5G: Agcom dà infatti l’avvio della consultazione pubblica sulle regole per la gara con cui lo Stato si prefigge di incassare almeno 2,5 miliardi. E pubblica i risultati dell’indagine sulle prospettive di sviluppo dei sistemi che saranno resi possibili dal 5G.

Il Consiglio dell’Autorità del 26 febbraio ha infatti approvato con una delibera  – relatori i Commissari Antonio Nicita e Francesco Posteraro – l’avvio di una consultazione pubblica che si chiuderà in 30 giorni, sulle procedure per l’assegnazione e le regole per l’utilizzo delle frequenze disponibili nelle bande 694-790 MHz, 3600-3800 MHz e 26.5-27.5 GHz. Lo stesso Consiglio ha inoltre disposto – relatori i Commissari Antonio Martusciello e Antonio Nicita – la pubblicazione degli esiti dell’indagine conoscitiva di cui alla delibera n. 557/16/CONS.

Regole previste per la gara

Agcom propone modalità inedite, rispetto al passato. Sia per quanto riguarda la durata delle licenze, sia per quanto riguarda gli obblighi di copertura: il tutto, modellato a seconda delle caratteristiche delle bande messe a gara, del mercato telco, degli utilizzi industriali. Altra novità messa in campo: l’opzione di riservare delle “porzioni” (5 o 10 Mhz) a un nuovo entrante.

Banda 700Mhz. E’ quella che verrà ceduta per ultima alle telco, al massimo entro il 2022. Attualmente infatti è utilizzata dalla TV che dovranno “traslocare” sulla banda “sub-700”. I diritti per questa banda dureranno 15 anni e mezzo, la base d’asta 2,1 miliardi per 30 Mhz accoppiati. Viene suddivisa in 6 lotti da 5 MHz accoppiati ciascuno. Ogni aggiudicatario potrà al massimo ottenere 15 Mhz.

Si prevede l’opzione, messa a consultazione, di riservare 5 o 10 MHz su 30 ad un nuovo entrante (ovvero non  TIM, Wind Tre o Vodafone); il lotto riservato potrebbe anche comprendere in maniera combinata anche un lotto a 26 GHz, per offrire un pacchetto maggiormente “completo” e sinergico al nuovo entrante;

Obblighi di copertura previsti individuali (80% popolazione entro 36 mesi, con priorità ad aree urbane, il nuovo entrante ha 12 mesi in più di tempo), collettivi (gli aggiudicatari, collettivamente, entro 54 mesi debbono coprire 100% della popolazione, anche tramite accordi tra loro).

Banda 3.6-3.8. I diritti dureranno 19 anni. I pacchetti sono composti da 2 lotti da 100 MHz, 4 lotti da 50 MHz,

2 lotti da 80 MHz+1 lotto da 40 MHz. Base d’asta di circa 300 milioni di euro su 200 MHz. Viene introdotto un sistema inedito per gli obblighi di copertura: “la copertura di rete 5G – si legge – deve seguire le richieste da parte di persone fisiche o giuridiche (obbligo innovativo nel quale l’offerta di infrastrutture “segue” la domanda di servizi da parte di consumatori o attori industriali o istituzionali)”. Inoltre viene previsto l’obbligo di dare accesso anche a soggetti non in possesso di frequenze (ad esempio, operatori automotive o altri service provider) di avere accesso alla rete 5G per favorire la diffusione di servizi a livello nazionale. “Se l’operatore non copre dove il service provider ha la necessità di connettività, quest’ultimo può prendere in leasing le frequenze (o con altro accordo commerciale) per realizzare “in casa”  le coperture (“use it or lease it” obligation)”.

Banda 26 GHz. Diritti di 19 anni. Suddivisione in 5 lotti nazionali da 200 MHz ciascuno, tetto massimo di 400 MHz. Base d’asta di circa 140 milioni di euro per 1 GHz. Qui non sono previsti obblighi di copertura, ma per “gli aggiudicatari, obbligo di condivisione delle frequenze tra loro laddove – in alcune aree geografiche – la banda non sia utilizzata al fine di aumentare localmente la capacità disponibile”.

La gara, spiega Agcom, si pone due obiettivi: un obiettivo di bilancio (proventi non inferiori a 2.500 milioni di euro) e obiettivi di sviluppo economico e sociale, volti in particolare ad “assicurare il più ampio livello di copertura e di accesso a tutti gli utenti ai servizi basati su tecnologia 5G sul territorio nazionale”. L’impatto su bilancio statale è rilevante, visto che la prima tranche di pagamento, pari a 1,25 miliardi, si paga già nel 2018.

Le tre bande messe a gara sono quelle che l’Unione europea ha identificato come bande pioniere del 5G. L’Italia pertanto si pone all’avanguardia essendo la prima che proporre un regolamento che rende disponibili tutte le bande in una gara unica (anche se la banda 700 MHz potrà essere utilizzata solo più avanti a causa della necessità del refarming da parte degli attuali utilizzatori).

La struttura di gara multibanda consente di dare maggiori certezze agli operatori sin da subito, assicurandosi un portafoglio di frequenze nella combinazione più adatta al proprio piano di business, sfruttando opportunamente le sinergie tra le tre bande, e quindi consente la migliore pianificazione al fine di mettere in campo gli importanti investimenti richiesti per lo sviluppo del 5G.

Le tre bande in questione hanno caratteristiche molto diverse:

I 30 Mhz accoppiati della banda 700 (banda bassa) sono ideali per costruire reti mobili di copertura (anche su zone isolate, remote o di difficile accessibilità). Queste frequenze saranno disponibili per gli operatori mobili a partire dal luglio 2022, visto che sono ora utilizzate dalle televisioni per le trasmissioni in digitale terrestre.

I 200 MHz nella banda 3.6-3.8 (banda intermedia) hanno buone caratteristiche in termini di fornitura di capacità di banda e sono attualmente quelle utilizzate per le prime sperimentazioni 5G in alcune aree geografiche (Milano, L’Aquila-Prato, Bari-Matera). A parte le aree in sperimentazione, sono disponibili dalla fine dell’anno.

1 GHz disponibile sulla banda 26 GHz (parte alta della banda), si tratta di frequenze che possono abilitare servizi ad altissima capacità su aree geografiche limitate (hot spot). Disponibili dalla fine dell’anno, anche se per la disponibilità degli apparati occorrerà attendere la conclusione del processo di standardizzazione.

Complessivamente, i diritti d’uso scadranno tutti nel 2037 offrendo un tempo adeguato allo sviluppo e auspicabilmente al successo delle nuove tecnologie.

Indagine conoscitiva 5G

L’obiettivo dell’indagine conoscitiva sui servizi 5G è stato quello di analizzare lo stato dell’arte del dibattito tecnologico, economico e regolamentare all’interno del mercato delle telecomunicazioni italiano per verificare eventuali impatti sull’attività dell’Autorità. L ’interesse più elevato del mercato si è manifestato sulle frequenze nelle bande 700 MHz, 3.6-3.8 GHz e 26.5-27.5 GHz, sulle quali AGCOM pubblica, simultaneamente alle risultanze dell’indagine, una bozza di regolamento da porre a consultazione pubblica, per definirne le procedure competitive di assegnazione. Dal punto di vista tecnico, è stato inoltre esplicitamente affermato che, in futuro, tutte le frequenze in uso adesso agli operatori mobili – 800, 900, 1500 (la cosiddetta banda L), 1800, 2100 e 2600 MHz –  saranno, presumibilmente, prima o poi migrate all’uso 5G.

Con riferimento a nuove allocazioni di banda, su queste occorre distinguere quelle già armonizzate o il cui percorso di armonizzazione è già avviato (estensione banda L, banda 2300-2400 MHz) e le nuove bande. Ad esempio, la banda 66-71 GHz (frequenze su onde millimetriche) è emersa come novità e, in ambito europeo, è quella attualmente vista con maggior interesse per lo sviluppo 5G dopo quelle prioritarie già identificate.

Per quanto riguarda i principali sviluppi tecnici delle reti 5G,  è stato evidenziato come prioritario il tema della densificazione della rete e, in particolare, quello delle installazioni degli apparati. Sono state evidenziate nuove soluzioni flessibili ed innovative denominate “white-label”, in cui i sistemi small cell risultano integrati- ad esempio –  all’interno di edifici, quali stadi, stazioni, etc., o in specifiche aree urbane, quali fermate di autobus, pali di luce stradale, etc., da soggetti anche diversi dagli operatori storici, per poi essere “accesi” e connessi quindi da uno o più operatori di telecomunicazioni, in modo da creare anche nuovi modelli di business (e.g. il cosiddetto neutral host).

Dal punto di vista degli sviluppi in ambito IoT, il tema più rilevante è stato il confronto tra approcci di sviluppo di tecnologie che impiegano frequenze licenziate, rispetto a quelli di estrazione collettiva. Gli operatori che sono intervenuti nella consultazione pubblica hanno espresso la propria preferenza per le tecnologie che utilizzano frequenze licenziate, soprattutto per abilitare applicazioni e servizi con elevate caratteristiche prestazionali. In ogni caso, sul tema dell’evoluzione IoT, AGCOM conclude che occorrerà rimanere in linea con gli sviluppi comunitari ed agire in maniera da favorire le innovazioni, anche, se del caso, nell’ambito dell’esistente Comitato AGCOM Machine-to-Machine.

Con riferimento allo sviluppo delle architetture di rete, è stato riconosciuto come fondamentale il monitoraggio sulle applicazioni del concetto di slicing, anche in ottica della vigilanza di AGCOM nell’ambito del rispetto del principio di neutralità della rete. Per quanto riguarda invece gli sviluppi in ambito dei settori industriali “verticali”, il settore dei trasporti (servizi di intelligent transport system e Transport and Traffic Telematics ) e in particolare quello automobilistico appare, ad ora, quello su cui l’impatto del 5G è più evidente. Ad esempio, il settore automobilistico è quello numericamente più rappresentato nei 3 progetti di sperimentazione MiSe, anche se le proposte sono estremamente variegate, attraverso il coinvolgimento di numerosi partner tecnologici ed industriali, aziende, università, enti di ricerca e varie istituzioni locali.

Dal punto di vista strettamente regolamentare, il risultato principale è stato il riconoscimento della necessità di disegnare diritti d’uso delle frequenze sempre meno “esclusivi”. Nell’indagine è stato infatti trattato il tema legato alla possibile introduzione di nuove forme di spectrum sharing, di condivisione dello spettro c.d. di light licensing o club use o di impiego di bande ad uso collettivo (unlicensed) anche in modalità LAA (Licensed Assisted Access), cioè in accoppiamento con bande licenziate. Ciò, anche in linea con le proposte regolatorie contenute nel nuovo Codice Europeo delle Comunicazioni Elettroniche, attualmente in discussione comunitaria, che pongono enfasi sulla necessità di un diritto d’uso classico esclusivo solo ove strettamente necessario a evitare le interferenze nocive.

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