IL FUTURO DELLA TV

Nuovo digitale terrestre, l’allarme dell’Uncem: “Ripetitori da adeguare, servono fondi”

Da oggi operative le nuove modalità di trasmissione e collegamento in vista del cambio di frequenze. Appello dell’Unione delle comunità montane a Mise e Ministro della Transizione digitale affinché sostengano gli enti locali proprietari degli impianti: “Spese insostenibili”

Pubblicato il 03 Gen 2022

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Tv a rischio nelle valli alpine e appenniniche: nelle zone coperte da ripetitori di proprietà degli enti locali il servizio televisivo è infatti destinato a restare senza segnale, anche se “non per colpa di Comuni, Unioni, Comunità”. Lo fanno presente i rappresentanti dell’Uncem (Unione nazionale Comuni comunità enti montani), chiarendo che da oggi viene adottato, in vista del definitivo cambio delle frequenze, un nuovo sistema di collegamento e trasmissione dei segnali tv che rischia di comportare gravi discriminazioni per i residenti nei Comuni di montagna, dove i ripetitori non sono di proprietà delle reti televisive (Rai in primis).

“In diverse aree del Paese il rischio concreto è che le Unioni e i Comuni, o le Comunità montane, debbano far fronte a spese insostenibili per interventi di adattamento dei ripetitori al nuovo sistema – spiegano Marco Bussone, presidente Uncem nazionale, e Roberto Colombero, presidente Uncem Piemonte – Negli ultimi giorni di dicembre, a fronte delle comunicazioni da parte delle sedi locali Mise di revoca dell’autorizzazione rilasciata agli enti locali per l’installazione di impianti televisivi DVB-T per garantire il servizio pubblico che Rai peraltro non ha mai assicurato in alta montagna e nelle valli laterali, gli enti locali montani hanno manifestato l’interesse alla prosecuzione con i medesimi impianti dell’esercizio attualmente svolto con la ripetizione del Mux-Rai contenente anche Rai1, Rai2, Rai3. Questo è il primo passo per non perdere la tv nelle valli. Ma non basta, purtroppo”.

Rischio di costi ingenti

Gli enti hanno richiesto di garantire, in attesa del rilascio della nuova autorizzazione, la copertura del servizio ai cittadini utenti interessati senza interruzioni temporali. Solo successivamente all’eventuale assegnazione di nuove frequenze sarà possibile quantificare i costi per gli interventi di adeguamento agli impianti esistenti.

“Il rischio concreto è che vi siano a breve costi ingenti, a carico degli enti, per il servizio pubblico cittadini a cui non potrà più essere garantita la visione della trasmissioni Rai – sottolineano Bussone e Colombero – Per adeguare un impianto servono almeno 15 mila euro. E vi sono enti che ne hanno più di dieci di proprietà. Serve un intervento politico del Governo, Mise e Ministro della Transizione digitale in particolare, per ricercare soluzioni che non impattino sugli enti locali, che non hanno certamente le disponibilità economiche per far fronte ad adempimenti peraltro non dipendenti dalla propria volontà”. L’Uncem ha quindi chiesto con urgenza un supporto operativo e finanziario ai due Ministeri, per non lasciare senza tv chi vive nei territori montani.

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