Gli operatori chiedono “regole certe”

Promossa la leadership di Renzi che punta sulle politiche per il digitale anche in vista del semestre italiano di presidenza Ue. Ma in Italia occorre affrontare un gap innanzitutto “culturale”

Pubblicato il 24 Giu 2014

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Il ruolo delle telco nella Digital e Mobile Economy tema centrale della prima tavola rotonda del convegno Telco per l’Italia! organizzato dal Corriere delle Comunicazioni oggi a Roma. Il ritardo dell’Italia nella digitalizzazione ha fatto da leit-motiv accanto alle aspettative riposte nel semestre di presidenza Ue dell’Italia, che ha una chance unica di dire la sua in Europa anche sui temi del digitale. Ma il gap italiano è sostanzialmente “culturale” per Cesare Avenia, presidente Asstel, secondo cui le aziende del settore telecom stanno lavorando per colmare il ritardo italiano nelle infrastrutture, mentre il ritardo culturale aumenta perché alle tante discussioni a livello politico non sempre segue la necessaria azione. “Eravamo leader nel mobile, ora nell’Lte stiamo perdendo terreno; l’Italia ha un 10% di deployment di questa tecnologia, contro la media europea del 37%”, ha detto Avenia, “anche per l’ostacolo rappresentato dai limiti sulle emissioni elettromagnetiche. Deve cambiare il modo in cui la politica dà attenzione in Italia alle politiche sul digitale”.

Anche per Marco Patuano, Ad di Telecom Italia, l’Italia non soffre veramente di un gap infrastrutturale. “Il problema forse è un altro, se il 67% della popolazione è coperta da Internet a 20 Mega, ma solo il 12% compra questo tipo di connessione”, ha fatto notare Patuano.

Alle soglie del semestre italiano di presidenza Ue, gli obiettivi dell’Agenda Digitale europea vanno aggiornati, secondo Paolo Coppola della Camera dei Deputati: si tratta di obiettivi e azioni fissati anni fa e nel frattempo il panorama delle tecnologie è cambiato. Inoltre secondo Coppola non è detto che la mancanza in Italia della tv via cavo sia un handicap sul piano infrastrutturale: “Non credo che la tecnologia via cavo adattata all’ultra-broadband possa essere sufficiente a sfruttare il 5G“. Da noi la mancanza del cavo stimola invece gli investimenti in fibra, che per Coppola sono la vera chiave di volta per la digitalizzazione del Paese. “Ma soprattutto la digitalizzazione deve raggiungere più settori: il lavoro, la scuola, la sanità, la partecipazione democratica dei cittadini alla vita politica del Paese”.

Per Antonio Preto, commissario Agcom, la leadership di Renzi segna un importante cambio di passo del nostro governo in termini di attenzione al digitale. Quanto ad Agcom, la dinamicità del mercato delle Tlc pone grandi sfide al regolatore, chiamato a “stare sempre un passo avanti”, secondo Preto: “La convergenza ridisegna i confini del settore e l’autorità si sta attrezzando per dare regole aggiornate, capire le evoluzioni delle tecnologie e dei modelli di business”. La convergenza è la vera sfida per il regolatore, che non può più agire a compartimenti stagni e deve cercare di garantire un level playing field per tutti gli operatori, evitando che alcuni siano favoriti rispetto ad altri. “Anche l’autorità avrebbe bisogno di un level playing field, nel mondo online non sempre abbiamo la competenza per intervenire”, aggiunge Preto. Ma per il commissario, se le regole devono aggiornarsi, i fondamenti su cui sono basate restano validi, come il principio della certezza e prevedibilità e la difesa della concorrenza sul mercato.

Non concorda sulla prevedibilità delle regole Patuano di Telecom che critica gli interventi ex post dell’Agcom sulle proprie regole. Per Preto si tratta di interventi che il regolatore è costretto a fare per l’alto livello di contenzioso del settore (“Con meno contenzioso le regole sono più prevedibili e gli investimenti più protetti”), ma per Patuano “una regolazione pro-investimetnti deve essere stabile”. “Vorrei sottolineare anche, in apertura al semestre di presidenza italiana dell’Ue, l’appuntamento chiave di Digital Venice, un importante momento di incontro tra governo italiano e player del settore in cui si mette l’accento sul digitale come parte di una politica economica”, ha aggiunto Patuano.

“L’industria delle Tlc è un’industria a forte base di capitale fisso che ha ritorni di lungo termine e quindi bisogno di un quadro regolatorio certo”, ha indicato Pietro Guindani, presidente di Vodafone. “Noi crediamo fermamente nella concorrenza, come è stata nel radiomobile, dove quattro operatori si sono confrontati su un level playing field”: la concorrenza ha permesso investimenti e offerta di qualità e promosso la domanda. Il sistema però non funziona ugualmente bene nel fisso e anche nel mobile è al suo limite, perché la concorrenza si è fortemente spostata sull’elemento prezzo. “Ma Vodafone continua ugualmente a investire, per portare connessioni sempre più veloci e di maggiore qualità ai suoi clienti. Stiamo anche sperimentando l’Lte Advanced“, ha detto Guindani. E ha concluso: “Per la digitalizzazione del Paese non c’è una soluzione unica: la banda ultra-larga si deve diffondere con una combinazione di tecnologie fisse e mobili”.

“E’ vero, l’Italia parte dal gap rappresentato dalla mancanza della tv via cavo”, ha affermato Giovanni Moglia, general counsel Fastweb, “ma da noi sono anche nate imprese come Fastweb che hanno fortemente investito nella fibra, sia nell’Ftth, dove abbiamo 300.000 clienti, sia nella Fttc, dove abbiamo 100.000 clienti. E si tratta di una tecnologia scalabile”. Fastweb l’anno scorso ha investito il 35% delle sue revenues: la copertura in fibra non si ferma, ma per Moglia un forte impulso alla digitalizzazione del Paese deve arrivare dal settore pubblico: è la PA che deve digitalizzarsi per prima, dotandosi della fibra e delle tecnologie digitali più avanzate, e spingere cittadini e imprese a digitalizzarsi a loro volta. “Non ci sono veramente aree a fallimento di mercato, ma zone dove i ritorni sull’investimento sono più lenti: anche qui il pubblico deve agire da volano per attirare gli investimenti privati”, ha concluso Moglia.

Insomma, l’obiettivo è superare innanzitutto il gap culturale cui faceva cenno Avenia. “E il semestre di presidenza italiana dell’Ue, e la forte leadership di Renzi, sono occasioni che l’Italia deve saper cogliere”, ha concluso il presidente Asstel.

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