TRADE WAR

Huawei, le banche occidentali stringono la borsa

Il fondatore e Ceo del Gruppo, Ren Zhengfei annuncia che le sanzioni Usa hanno avuto un impatto sul finanziamento con mancati guadagni stimati per circa 10 miliardi di dollari quest’anno. L’azienda vira verso gli istituti cinesi

Pubblicato il 26 Set 2019

F. Me

Ren Zhengfei

Gli effetti della Trade War pesano su Huawei, anche sul fronte finanziamenti da parte delle banche occidentali. Parlando durante una tavola rotonda alla sede di Huawei a Shenzhen,  Ren Zhengfei, fondatore e amministratore delegato del gruppo cinese, ha sottolineato che “in passato abbiamo ricevuto finanziamenti dalle banche occidentali, ma ora questo canale tende a prosciugarsi e così abbiamo deciso di provare le banche cinesi”. Il manager ha ammesso che anche le sanzioni imposte dagli Stati Uniti hanno avuto un impatto sul finanziamento della società, con mancati guadagni stimati per circa 10 miliardi di dollari quest’anno.

Secondo Rui Luis Andrade Aguiar docente universitario di Telecomunicazioni e reti e chair dell’associazione Networld 2020 e uno degli advisor tecnici-chiave dell’Unione europea, le sanzioni volute dagli Usa non serviranno a nulla, se non a frenare lo sviluppo tecnologico e del 5G.

“La cooperazione e gli standard aperti sono la strada per arrivare a una posizione comune che favorisca la crescita economica”, spiega l’esperto in un’intervista a CorCom.

E anche Ey lancia l’allarme sull’esclusione dei cinesi dal roll out del 5G. Secondo la società di consulenza, la restrizione all’uso delle tecnologie di uno o più vendor si tradurrebbe innanzi tutto in un ritardo nel deployment delle reti 5G in Italia. Ritardo dovuto sia ai tempi necessari affinché i vendor “certificati” possano consegnare prodotti pienamente utilizzabili nelle reti e non in fase di sviluppo, sia per la necessità di rivedere la pianificazione delle reti e effettuare i necessari interventi di sostituzione degli apparati, non solo nelle reti 5G in fase di sviluppo, ma anche con riferimento alle reti 3, 4 e 4.5G.

A questo primo effetto “ritardante” se ne sommerebbe un secondo in termini di “extra costi” per gli operatori, generati sia dal replacement di importanti parti delle loro infrastrutture di rete, sia da un possibile incremento dei prezzi delle tecnologie 5G conseguente a un minore livello di competizione tra vendor.

“L’intensità di questi effetti varia a seconda dei vendor esclusi dall’ecosistema 5G e si può ritenere che sarebbero maggiori qualora a essere coinvolti fossero i vendor attualmente considerati leader di mercato – prosegue EY – Ne sono un esempio i vendor cinesi e in particolare Huawei, il cui vantaggio rispetto agli altri fornitori (in particolare nelle tecnologie di accesso radio) è riconosciuto da più osservatori internazionali indipendenti, e nonostante i vendor concorrenti (europei e non), tutti molto qualificati e committed nello sviluppo dell’offerta 5G, stiano accelerando i tempi di sviluppo commerciale dei rispettivi prodotti in questa tecnologia”.

In termini quantitativi si stima che la restrizione di cui sopra potrebbe generare almeno 12-18 mesi di ritardo nel deployment delle reti 5G in Italia e un extra-costo per gli operatori di circa 4-5 miliardi.

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