I giudici romani: “Scaglia accentratore al limite del dispotico”

Le motivazioni dei pm che hanno portato al rigetto della richiesta di scarcerazione descrivono l’ex numero uno di Fastweb come un manager dalla visione accentratrice. “Non poteva non sapere”.

Pubblicato il 09 Apr 2010

"Una visione aziendale assolutamente accentratrice, al limite
del dispotico". Queste le parole messe nero su bianco dai
giudici del Tribunale di Roma per descrivere, nell'ambito
dell'inchiesta sul riciclaggio, il ruolo di Silvio Scaglia in
qualità di presidente del Cda di Fastweb. Motivazioni che hanno
portato a rigettare la richiesta di scarcerazione avanzata dai
legali del manager.

Nel documento a firma dei magistrati Giovanna Schipani e Alessandra
Boffi e dal presidente del collegio Giuseppe D'Arma, sono state
descritte con puntualità le attività illecite: "L'Iva
fittiziamente a credito è stata in parte reimpiegata nella
realizzazione delle finalità operative della società, mentre la
parte preponderante è stata trasferita all'estero per
transitare in società compiacenti a volte create appositamente. Il
flusso più consistente non è però rappresentanto dall'Iva
evasa ma dalla enormità delle poste passive di bilancio per
centinaia di milioni di euro, costituenti, relativamente alla
operazione traffico telefonico, i fittizi pagamenti a favore delle
cosiddette società cartiere I-Globe prima e Planetarium poi le
principali, veri e propri fondi neri filtrati in una complessa
attività di riciclaggio. Il tutto ufficializzato in bilanci
formalmente ineccepibili ove vengono documentati flussi finanziari
per centinaia di milioni di euro in un arco di due anni
complessivamente"

I giudici sottolineano che "nessuno fra gli indagati (80 le
persone coinvolte, fra il management di Fastweb e Telecom Italia
Sparkle, ndr), è bene ribadirlo, è stato in grado di fornire una
giustificazione su una tale macroscopica discrasia".
"L'altra considerazione di pari valenza indiziaria è
rappresentata dal fatto che il verificarsi di traffici telefonici
solo fittizi era una possibilità tutt'altro che peregrina, e
ciò a prescindere da una sottostante condotta umana truffaldina,
dato che Fastweb con il business traffico telefonico si è in
sostanza limitata a trasportare solamente il segnale di chiamata di
un carrier ad un altro senza avere alcun riscontro sul ritorno di
informazione".

"Ciò che si vuole sottolineare è che se siffatta conseguenza
era insita nel sostema stesso di trasmissione in concreto attuato e
se tutti ne erano più o meno al corrente, l'enorme traffico
venutosi da subito a sviluppare avrebbe dovuto mettere
automaticamente in moto meccanismi di autocontrollo, che
evidentemente, se è vero che sono stati svolti, come sostenuto da
quasi tutti gli indagati, ciò è avvenuto in modo necessariamente
complice e con uno scopo preciso. Allo stato questa è l'unica
spiegazione possibile".

"Qualsiasi dichiarazione possa aver reso Scaglia, e con lui
tutti gli altri all'unisono, per prendere le distanze dal
Focarelli e per sostenere una conoscenza solo superficiale dello
stesso, non è attendibile dato che il nome del Focarelli era noto
a tutti, compreso a Scaglia che del resto lo ha ammesso. Per quanto
concerne l'operazione traffico telefonico Rossetti, uomo di
Scaglia come lo ha definito Francesco Micheli, era stato messo al
corrente sia la redditività del busisness sia degli eventuali
problemi regolamentari e legali connessi, che comunque in passato
non sarebbero emersi".

I legali di Scaglia hanno immeditamente replicato alle accuse:
"Apprendiamo che il grave indizio nei confronti dell'ex
numero uno di Fastweb è il fatto di essere accentratore e
dispotico", sottolineano gli avvocati Pier Maria Corso e
Antonio Fiorella, che presenteranno ricorso per Cassazione contro
il rigetto dell'istanza di revoca della custodia in carcere.
"Le motivazioni scritte dal Tribunale del riesame, dopo aver
fatto un quadro improbabile di Silvio Scaglia, definendolo un
accentratore (quasi questo possa essere reato), in buona sostanza,
citando anche dichiarazioni di coindagati assolutamente non
significative e già smentite da altri, traggono la seguente
conclusione: la custodia in carcere è del tutto proporzionata alla
gravità dei fatti".

"Dalla stessa motivazione – aggiungono gli avvocati – risulta
ancora una volta un dato inequivocabile: l'unico argomento
utilizzato nei confronti di Scaglia è che egli non poteva non
sapere. Argomento del tutto inaccettabile che la nostra Cassazione
ha assolutamente escluso possa stare a fondamento della
responsabilità della persona. Questa conclusione finalenon ha
nulla a che vedere con la posizione di Silvio Scaglia, e in ogni
caso nulla a che vedere con le esigenze cautelari che
nell'ordinanza appaiono del tutto immotivate".

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