IL CASO

Il Decreto scavi slitta a settembre

Il via libera era atteso prima della pausa di agosto. Ma secondo quanto risulta al Corriere delle Comunicazioni la discussione del testo, nelle mani della Conferenza Stato-Regioni, è fissata al 26 settembre. Salvo ulteriori sorprese

Pubblicato il 19 Lug 2013

Alessandro Longo

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L’iter del decreto scavi presso le Regioni prenderà più tempo del previsto e quindi è ormai certo il rinvio ad (almeno) il 26 settembre per il via libera definitivo. In quella data ci sarà infatti la prossima riunione utile della Conferenza Unificata Stato Regioni presso cui è arrivato il testo concordato (e travagliato) dal Mise e dal Mit.

La prossima riunione della Conferenza, prevista per fine luglio, ha già infatti un ordine del giorno troppo intenso e quindi il decreto non vi è stato incluso. Dal Mise sono ottimisti, tuttavia, “molto probabilmente il 26 sarà anche la data in cui il decreto potrà finalmente partire”. Si continua quindi a scontare un problema già segnalato dagli addetti ai lavori, tra cui Confindustria Digitale: molti decreti attuativi dell’Agenda Digitale sono sottoposti a un numero eccessivo di decisori (in questo caso Mise, Mise, Conferenza) e i ritardi sono inevitabili.

Questo sugli scavi, poi, è uno dei decreti più attesi tra quelli che devono attuare le norme dell’Agenda Digitale (è previsto dal Crescita 2.0, D.L. 179/2012). Alleggerirà gli obblighi burocratici e le autorizzazioni necessarie per chi mette le nuove reti in fibra e sarà il via libera ufficiale alle tecniche di scavo innovative minitrincee, in grado di dimezzare i costi degli scavi. Tanto che Sviluppo economico ha stimato in 2 miliardi di euro il risparmio che gli operatori potranno ottenere dalle nuove norme nei prossimi cinque anni.

Si arriva a questa stima considerando che gli operatori investiranno 8-10 miliardi per le reti di nuova generazione e che le mini trincee consentono di dimezzare i costi degli scavi (che ora pari a circa il 70-80 per cento della spesa totale per l’infrastruttura).

L’impatto principale sarà su Telecom Italia, Fastweb, Metroweb e Vodafone, cioè gli operatori che hanno dichiarato piani infrastrutturali con scavi in alcune città. Ma sarà un vantaggio in generale per il settore e per gli utenti, perché le semplificazioni sono pensate per accelerare la copertura delle nuove reti in fibra.

Il decreto attuativo è un regolamento tecnico ad ampio raggio, infatti. Come una coperta che colma le varie lacune normative accumulate negli anni.

Per esempio, già il decreto legge 25 giugno 2008 stabiliva che per installare “reti e impianti di comunicazione elettronica” bastasse una Denuncia di inizio attività (Dia).

“Purtroppo, però molti Enti non ritengono applicabile di fatto questa norma prevedendo ancora l’iter standard definito di solito nel regolamento Provinciale triplicando i tempi dei lavori di scavo”, si legge in una scheda tecnica a cura del Ministero allo Sviluppo economico. Lo stesso decreto del 2008, del resto, permetteva all’ente gestore della strada di bloccare i lavori per “qualora esistano specifici motivi ostativi di sicurezza, incolumità pubblica o salute”. Secondo Asstel, il decreto attuativo dovrebbe risolvere la questione ponendo un regolamento scavi che sostituisca in toto quelli degli enti, togliendo quindi ogni adito a incertezze.

Un altro limite della normativa precedente riguarda appunto le minitrincee. La legge 69 del 2009 stabilisce che “per gli interventi di installazione di reti e impianti di comunicazione elettronica in fibra ottica, la profondità minima dei lavori di scavo, anche in deroga a quanto stabilito dalla normativa vigente, può essere ridotta previo accordo con l’ente proprietario della strada, ove lo stato dei luoghi o particolari circostanze lo consigliano”. L’effetto pratico è che gli operatori sono stati costretti a fare accordi per scavare con le nuove tecniche (senza peraltro riuscirci a volte).

Il decreto attuativo invece stabilisce il diritto a usare le minitrincee senza bisogno di autorizzazione.

Infine, un’altra incertezza normativa è quanta parte di strada l’operatore deve ripristinare dopo gli scavi. Gli operatori da tempo lamentano che alcuni enti ne approfittano per chiedere interventi molto estesi, ingiustificati. Il decreto, sulla scorta del Crescita 2.0, fissa l’estensione del manto stradale da ripristinare in base alla tecnica di scavo usata.

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