L'EDITORIALE

L’Italia “punisce” le telco: ennesima stangata in arrivo a danno (anche) dei consumatori

Mentre si chiede agli operatori di accelerare sulle reti, il decreto di recepimento del Codice delle Comunicazioni elettroniche prevede una stretta sulla durata dei contratti di telefonia-Internet, l’inasprimento delle sanzioni e un rincaro dei costi delle frequenze. Un controsenso che rischia di provocare un effetto boomerang devastante

Pubblicato il 13 Set 2021

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Riduzione da 24 a 12 mesi del vincolo telco-cliente nei contratti di telefonia-Internet; inasprimento del 5% delle sanzioni nelle controversie con i consumatori; rincaro dei costi delle frequenze. Sono queste le tre misure messe nero su bianco nella bozza di decreto legislativo di recepimento del nuovo Codice delle Comunicazioni elettroniche (QUI IL DOCUMENTO) all’esame del Parlamento in settimana.

Le misure, in particolare quelle sui contratti e sulle sanzioni, sono state delineate in chiave pro-consumatori e il provvedimento sulla carta punta alle maggiori tutele e a svincolare gli utenti dalle clausole temporali – misura quest’ultima già adottata da alcune compagnie di Tlc che per l’appunto non prevedono vincoli per la rescissione dei contratti. Ma le buone intenzioni potrebbero generare un effetto boomerang non calcolato.

Tanto per cominciare il provvedimento italiano prevede clausole non contemplate dalla direttiva europea. Un inasprimento a livello nazionale di cui non si comprende la ratio considerate le tutele per i consumatori già previste in capo alle varie autorità, in primis Agcom e Antitrust. Per non parlare poi del salasso a carico degli operatori dalla “famosa” asta 5G e delle norme stringenti sull’elettrosmog che pesano e non poco sui conti economici delle telco considerato l’elevato numero di antenne (ben più alto che in altri Paesi europei e mondiali) che bisognerà mettere in campo per rispettare i limiti.

La nuova norma ora va a rincarare la dose: il patto telco-consumatore si infrangerà nel limite dei 12 mesi, un limite che di fatto costringerà a una revisione delle previsioni di bilancio con una voce di rischio riguardante, appunto, la possibilità di perdere clienti a scadenza. Dunque le offerte, spesso scontate quando in ballo c’è l’abbinata abbonamento-dispositivo, dovranno essere ricalcolate sulla base dei 12 mesi. A danno di chi? Del consumatore ca va sans dire, che con tutta probabilità si vedrà rincarare le rate mensili visto che non si potrà più spalmare l’importo sui 24 mesi, oppure sarà costretto ad avere a che fare con due operatori in contemporanea nel caso di migrazione dopo i 12 mesi (dovrà pagare a uno l’abbonamento e all’altro il residuo per il terminale).

Nel provvedimento, inoltre, è prevista una sanzione maggiorativa del 5% rispetto alla situazione attuale nel caso delle violazioni considerate “gravi”. Che poi gravi non si capisce a quali casi ci si riferisca visto che non ci sono dettagli in merito. Anche in questo caso, dunque, gli operatori dovranno accantonare risorse (quante?) per evitare buchi di bilancio. Poi c’è il capitolo frequenze con tanto di nuova tabella dei costi, lievitati di non poco.

Accantona qui, accantona lì, le telco rischiano dunque di dover rivedere i propri piani di qui a fine anno, di rifare i conti per non soccombere. Sì, soccombere: perché i numeri parlano chiaro, in Italia gli operatori sono tutti in difficoltà e gli investimenti da fare velocemente – su spinta del Governo – per l’upgrade delle reti esistenti e quelli per le reti di nuova generazione a banda ultralarga fissa e mobile rappresentano già una voce di spesa abnorme. La linea pro-consumatori potrebbe dunque trasformarsi in un salasso proprio per i consumatori, da qualche parte le telco i mancati introiti dovranno recuperarli. E non è da escludere che ripercussioni ci siano anche sulla forza lavoro: le telco saranno in grado di mantenere tutto il personale considerati i nuovi costi?

Perché il Governo non ha convocato le telco per discutere delle questioni e individuare la migliore soluzione in grado di tutelare i consumatori e l’industry? È vero, c’è stata una consultazione pubblica, alla quale però non ha fatto seguito un esame dettagliato delle risposte e delle questioni in ballo. Inspiegabile.

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