Mandato d’arresto per Scaglia e Mazzitelli

Richiesta di carcerazione per l’ex Ad di Fastweb e l’ex Ad di Sparkle (Telecom Italia), attuale responsabile della funzione International Business di TI, accusati di riciclaggio. In totale indagati 56 manager tra cui l’attuale Ad Stefano Parisi. Fastweb e Telecom Italia: “Siamo parte lesa”

Pubblicato il 23 Feb 2010

Due miliardi di euro occultati attraverso società fittizie. Questa
l'accusa alla base del mandato di arresto per Silvio Scaglia,
ex amministratore delegato di Fastweb, e alcuni ex vertici di
Fastweb nonché funzionari e amministratori di Sparkle (consociata
di Telecom Italia) fra cui l'ex Ad e attuale responsabile della
Funzione International Business di Telecom Italia, Stefano
Mazzitelli, e alti funzionari.

Coinvolti anche un ufficiale della Guardia di Finanza attualmente
in servizio al comando di Tutela Finanza Pubblica, che avrebbe
incassato una cospicua tangente su una delle operazioni di
riciclaggio, e il senatore del Pdl Nicola Di Girolamo che a quanto
si apprende sarebbe collegato con alcuni degli indagati che
avrebbero favorito la sua elezione in un collegio all'estero.
Indagato anche Riccardo Ruggiero, all'epoca dei fatti
presidente di Telecom Italia Sparkle.

Scaglia che, in un
primo momento non era stato rintracciato dai carabinieri del Ros e
dalla Guardia di Finanza, ha fatto sapere di trovarsi
all'estero per lavoro e ha dato mandato ai suoi difensori di
concordare il suo interrogatorio nei tempi più brevi per chiarire
tutti i profili  della vicenda. In una nota ha inoltre affermato
la sua estraneità a qualunque reato.

In totale ammontano a 56 le ordinanze di custodia cautelare emessa
dalla procura distrettura antimafia di Roma nell'ambito
dell'operazione "Phunchard-Broker". Ai 56 manager si
contesta la mancata adozione delle necessarie cautele per evitare
che società fittizie lucrassero crediti d'imposta per
operazioni inesistenti relativi all'acquisto di servizi
telefonici dalle compagini italiane Cmc, Web Wizzard,  I-Globe e
Planetarium che evadevano il pagamento dell'Iva. L'Iva
lucrata veniva incassata su conti esteri: successivamente il denaro
veniva reinvestito nell'acquisto di immobili, auto e
gioielli.

In particolare, il riciclaggio ha provocato un danno allo Stato
italiano di oltre 365 milioni di  euro, a causa del mancato
pagamento dell'Iva attraverso l'utilizzo di fatture per
operazioni inesistenti per più di un miliardo e 800 milioni di
euro da parte delle società di telecomunicazione, che hanno
ottenuto fittizi crediti Iva, oltre che un utile pari a quasi
96milioni di euro.

Sequestrati 247 immobili per un valore dichiarato di 48 milioni di
euro, 133 auto e 5 imbarcazioni per un valore di 3milioni e 700mila
euro, 743 rapporti finanziari, 58 quote societarie per un valore di
quasi 2 milioni di euro.

Due le operazioni su cui hanno indagato gli investigatori. La prima
riguarda la commercializzazione di schede prepagate, denominate
"Phuncards", che hanno un codice che avrebbe dovuto
consentire l'accesso tramite un sito Internet a contenuti
tutelati da diritto d'autore, in realtà inesistenti.
L'altra riguarda la commercializzazione di servizi a valore
aggiunto (del tipo "contenuti per adulti") da realizzare
mediante l'acquisto e la veicolazione dei contenuti attraverso
servizi di interconnessione internazionale per il trasporto di
traffico telematico.

La procura di Roma ha fatto anche richiesta  formale di
commissariamento delle due società Fastweb e Telecom Sparkle.
Secondo quanto si è appreso la richiesta di commissariamento è
motivata dalla ''mancata vigilanza'' ed è stata
fatta sulla base della legge 231 del 2001 che prevede sanzioni per
quelle  società che non predispongono misure idonee ad evitare
danni  all'intero assetto societario.

Pronta la risposta di
Fastweb. In una nota l'operatore chiarisce che  "i
fatti contestati riguardano una presunta evasione Iva derivante da
attività truffaldine di terzi che si sono avvalsi della rete di
Fastweb e di altri operatori Tlc italiani": 

Sottolineando che "l'azienda garantirà la continuità
dell'attività ai clienti e ai 3500 dipendenti e alle oltre
8mila persone che lavorano per Fastweb", l'operatore
spiega che "la vicenda giudiziaria riguarda fatti accaduti
anni fa (relativi ai periodi d'esercizio 2005-2006), già
oggetto di contestazione agli allora indagati, e rispetto ai quali
la società si ritiene estranea e parte lesa. I fatti contestati
riguardano una presunta evasione Iva, relativa ad attività di
alcuni gestori di servizi a pagamento che si sono avvalsi della
rete di Fastweb e di altri operatori di telecomunicazioni italiani.
Oggetto della contestazione è un credito Iva maturato su detti
servizi nel periodo in questione, per un ammontare massimo di 38
milioni, (è stato disposto un sequestro preventivo di crediti
tributari per detto ammontare corrispondente al credito Iva in
questione)”.

La società  sottolinea inoltre “che tale cifra risulta non 
significativa rispetto all'ammontare dei crediti Iva 
accumulati da Fastweb sin dalla fondazione. A fronte degli 
ingenti investimenti effettuati, Fastweb ha accumulato crediti Iva
per oltre 800 milioni, che sono stati  regolarmente analizzati e
passati a rimborso dall'Agenzia  delle Entrate. 
L'azienda di Tlc precisa inoltre che l'attività di vendita
di servizio di interconnessione internazionale per il  trasporto
traffico è stata cessata da Fastweb dall'inizio del 2007 e che
anche negli esercizi in cui e' stata svolta è stata marginale
rispetto ai volumi d'affari della società, avendo generato un
contributo al margine operativo lordo azienda e di circa l'1%
negli anni in questione. In relazione a tali accadimenti, la
società aveva disposto audit, effettuate da consulenti esterni,
che hanno concluso per la correttezza dell'operato della
società. I fatti rilevanti sono stati peraltro estensivamente
riportati nelle relazioni al bilancio e comunicati al mercato
tramite appositi comunicati stampa”. L’operatore comunica
infine che “sono iscritti nel registro degli indagati
l'attuale Ad della società, Stefano Parisi e due dirigenti
della società stessa”.

Anche Telecom Italia si considera "parte lesa''. Lo si
legge in una nota,
emessa dal gruppo su richiesta della Consob. Nel comunicato Telecom
Italia sottolinea inoltre che i  rapporti commerciali con i
soggetti indagati sono stati interrotti già dal 2007

''Telecom Italia, che in questa vicenda è parte lesa, ha
avuto accesso al decreto dell'autorità giudiziaria notificato
alla controllata Telecom  Italia Sparkle in data odierna, da cui
risulta un'indagine in  corso a carico, fra l'altro, di
Telecom Italia Sparkle in concorso con numerose persone fisiche,
tra cui alcuni dipendenti, sia di Telecom Italia Sparkle che di
Telecom Italia,
ma sempre in relazione al ruolo da essi ricoperto nella controllata
nel periodo di riferimento''.

Il pubblico ministero ha richiesto al Gip l'applicazione della
misura della nomina del commissario giudiziale, contestando la
responsabilità amministrativa dell'ente per i delitti di
associazione per delinquere transnazionale e di  riciclaggio
internazionale. E la decisione sulla richiesta del pm sarà assunta
in sede di camera di consiglio il 2 marzo.

''Il riferimento – prosegue la nota – è a una vicenda nota
e a suo tempo fatta oggetto di verifiche e interventi di audit,
rispetto alla quale nelle note al bilancio consolidato per
l'esercizio 2007 Telecom Italia ebbe a rappresentare che
Telecom Italia Sparkle era stata interessata da richieste di 
informazioni da parte dell'autorita' giudiziaria.
L'oggetto delle indagini era una presunta frode Iva perpetrata
da un fornitore operante nel mercato dei servizi di
telecomunicazioni di tipo 'Premium'. Telecom Italia Sparkle
(oltre a prestare la propria collaborazione alle autorità
inquirenti) a scopo cautelativo interruppe i rapporti commerciali
con i soggetti indagati'

Inizialmente le indagini avevano riguardato inizialmente un
imprenditore campano, Vito Tommasino, titolare della società Axe
Technology, attiva a Roma nel settore degli impianti, per agevolare
il rientro dall'estero di 1,5 milioni di euro richiestogli dal
maggiore della Guardia di Finanza, Luca Berriola, in servizio
presso il Comando Tutela Finanza Pubblica. Nel 2005,
l'imprenditore aveva ricevuto la richiesta da parte dello
stesso ufficiale di far rientrare dall'estero 8 milioni di
euro, giustificando la transazione finanziaria con l'emissione
di false fatturazioni a carico della Broker Management Sa, una
società panamense che opera nel settore delle
telecomunicazioni.

Alla fine dell'operazione, che avrebbe dovuto essere completata
nella primavera del 2006 utilizzando anche altre società estere,
di volta in volta indicate da Berriola, questi, assieme a
Tommasimo, avrebbe percepito una tangente (sotto forma di compenso)
pari al 2,5% del capitale effettivamente recuperato. Indagini
bancarie hanno consentito il tracciamento di tre bonifici per 1,5
milioni di euro, effettuati dalla società panamense a fronte di
tre fatture emesse dall'Axe Technology per la fornitura
fittizia di servizi audio/video: l'operazione finanziaria
risultava eseguita utilizzando un conto corrente bancario della
Broker Management Sa, presso la Anglo Irish Bank di Vienna. Su quel
conto sono transitate anche somme per 855 milioni di euro,
provenienti dalla società italiana I-Globe srl, poi trasferitasi
in Russia e prima ancora, dai conti correnti italiani di Telecom
Italia Sparkle e Fastweb. Ulteriori indagini hanno consentito di
scoprire che esponenti di spicco di questo sodalizio sono Giorgia
Ricci e il marito Gennaro Mokbel, in contatto con Berriola.

In Francia, in una villa ad Antibes riconducibile a Mokbel, è
stata individuata una delle basi operative utilizzata dalla
struttura transnazionale per pianificare le proprie attivita'
criminali. Il gruppo Mokbel – secondo chi indaga – avrebbe anche
interessi nel settore dei diamanti estratti in Uganda, lavorati in
laboratori dell'Estremo Oriente commercializzati a Roma
attraverso una serie di gioielleria controllate. Con Mokbel il
gruppo voleva avere una possibilità politica affidandosi un
proprio rappresentante nella vita parlamentare del Paese,
rappresentante individuate nel senatore Nicola Di Girolamo. La
procura di Roma ha chiesto l'arresto per il senatore Pdl con
l'accusa di associazione per delinquere finalizzata al
riciclaggio transanzionale.

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