IL PIANO

Mercato unico digitale, timeline serratissima: l’Europa ce la farà?

Le incognite sul tappeto sono parecchie. Industria e mondo politico non hanno lesinato malumori. Per la Commissione Ue comincia una sfida difficile dalla cui riuscita potrebbe dipendere il consuntivo di un intero quinquennio

Pubblicato il 05 Giu 2015

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Sedici iniziative spalmate su tre pilastri tematici. Una timeline serratissima – appena due anni – per attuarle. Benefici per l’economia europea quantificati in oltre 400 miliardi l’anno con la creazione di centinaia di migliaia di posti di lavoro. Queste le cifre chiave su cui poggia il disegno della Commissione Ue per costruire l’unione digitale. Così da imprimere ad un Vecchio Continente in palese affanno lo slancio necessario a recuperare lo svantaggio su controparti internazionali quali Usa e Cina nel nuovo big game tecnologico. Dopo mesi di lavoro febbrile, costellati da anticipazioni, fughe di notizie e polemiche striscianti, la Strategia europea per il Mercato unico digitale ha finalmente debuttato lo scorso 6 maggio con un’attesa conferenza stampa officiata dai due responsabili comunitari al digitale Andrus Ansip e Günther Oettinger. Ma a dare man forte è scesa in campo l’intera squadra dei commissari europei resasi protagonista di un diluvio di tweet e dichiarazioni di sostegno. A ulteriore conferma di quanto l’impresa occupi una posizione nevralgica nell’agenda politica dell’esecutivo guidato da Jean-Claude Juncker.

La diagnosi di partenza è nota: “La Ue possiede le capacità per assumere una leadership globale nell’economia digitale – esordisce il testo della Strategia – ma attualmente esse non sono sfruttate a sufficienza”, per via di un elevato livello di frammentazione e di numerose barriere che nei fatti alimentano la sopravvivenza di 28 mercati nazionali, ciascuno con le proprie regole, a scapito tanto dell’offerta quanto della domanda. Non a caso il mix di azioni proposte dalla Commissione agisce su entrambi i versanti. A cominciare dal primo pilastro, che dovrebbe dare vita alla prima infornata di provvedimenti entro la fine del 2015 traducendo l’obiettivo di “migliorare l’accesso transnazionale ai beni e servizi digitali”.

E-commerce, dunque, al centro della scena. Bruxelles aspira a istituire una cornice di regole più uniformi in materia di contratti e di tutela dei consumatori così da rafforzare la fiducia a fronte di cifre che restano a livelli allarmanti: appena il 38% dei cittadini Ue si dice a suo agio nel comperare online da un’azienda basata in un paese membro diverso dal proprio, mentre la media di imprese europee che vendono i propri prodotti su Internet è ferma ad un risibile 7%. In arrivo anche una proposta per semplificare i servizi postali transfrontalieri, in particolare riducendone i costi, così come una revisione della normativa sull’Iva diretta ad alleggerire il peso burocratico sulle imprese che offrono servizi e prodotti digitali (inclusa una soglia di Iva comune per le startup). Non finisce qui. Come anticipato nelle settimane scorse, la presentazione della Strategia ha dato il via ad un’indagine antitrust nel settore e-commerce che fa tremare i polsi a giganti come eBay, Amazon o Netflix. Il fascicolo più scottante resta nondimeno l’ammodernamento del quadro legislativo europeo in materia di copyright sul quale lo sforzo di armonizzazione sbandierato dalla Commissione potrà avere successo solo a patto di realizzare una difficile sintesi tra gli interessi (e le resistenze) di agguerritissime lobby nazionali e settoriali. E neppure la strada verso l’abolizione del geo-blocking, misura simbolo del pacchetto, appare in discesa.

Altrettanto complesso si preannuncia anche il secondo pilastro. Sul piatto c’è l’aggiornamento del quadro regolamentare sulle Tlc fianco a fianco con una revisione della direttiva sui servizi audiovisivi. In entrambi i casi, la Commissione punta a creare un level playing field tra attori tradizionali (telco, broadcaster) e quegli Ott che con i primi competono sui medesimi servizi. Insomma, finalmente regole uguali per tutti. Che significa sulla carta maggiori obblighi in capo alle piattaforme digitali. Le pressioni politiche in favore di un giro di vite su Google e compagni sono state, però, accontentate solo per metà. Per ora la Strategia non contempla un provvedimento ad hoc sulla regolamentazione delle piattaforme digitali. Ma si limita a lanciare un’indagine ad ampio raggio sui loro comportamenti e modelli di business. Se questo si tradurrà in una proposta regolamentare è tutto da vedere.

Tornando alle Tlc, il duplice obiettivo di ridurre la frammentazione regolamentare (a maggior ragione nel campo dello spettro) e creare un contesto favorevole agli investimenti in reti di nuova generazione, sebbene condiviso, rischia di provocare divisioni sulla direzione pratica.

Per “massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale”, terzo e ultimo capitolo del pacchetto, Bruxelles punta infine su una proposta per promuovere il libero flusso dei dati all’interno del mercato unico, su nuove norme che garantiscano un livello più elevato di interoperabilità tra paesi in settori che vanno dalla sanità elettronica alle smart grid, e soprattutto su un insieme di iniziative in materia di competenze digitali e egovernment.

In linea generale le prime reazioni sulla Strategia sono state moderatamente positive. Ma molto meno entusiastica è apparsa l’opinione degli addetti ai lavori riguardo i dettagli operativi. “Il pacchetto enumera principi sui quali è difficile essere in disaccordo”, commenta Mario Mariniello del think tank Bruegel. “Tuttavia – aggiunge – non viene spiegato con chiarezza come le proposte saranno attuate e dunque appare impossibile prevedere quali saranno i successivi sviluppi”.

Ai tanti che rimproverano il testo della Strategia di eccessiva vaghezza Ansip ha già replicato che si tratta di un “punto di partenza, non una linea di arrivo”. Del resto, ripetono diversi funzionari europei in privato, dato il poco tempo a disposizione non si poteva fare di più. Non che manchino le critiche sul merito di alcune delle riforme tratteggiate nella Strategia.

Svariati osservatori denunciano, infine, il rischio di un ingorgo legislativo interrogandosi sulle reali capacità di Bruxelles di confezionare in meno di due anni una mole così imponente di proposte. Sarà un “cammino sarà lungo e difficile. Nessuno deve farsi illusioni a riguardo”, è l’ammissione dello stesso Ansip. Ammesso poi che i termini siano rispettati, esistono legittime perplessità sul tempo che impiegheranno Europarlamento e Consiglio Ue a discutere e adottare le iniziative. Le incognite sul tappetto sono insomma parecchie. Industria e mondo politico, chi in pubblico chi in privato, non hanno lesinato malumori. Per la Commissione Ue comincia una sfida difficilissima, dalla cui riuscita potrebbe dipendere il consuntivo di un intero quinquennio.

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