Mirtillo: “L’Italia deve darsi una Inno-vision”

Parla il presidente e general manager della Regione Mediterraneo di Ericsson: “Nel nostro Paese abbiamo tutta l’eccellenza necessaria. Ma senza un progetto industriale rischiamo di perdere il treno dell’innovazione”

Pubblicato il 31 Ott 2011

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Inno-Vision: è questo il titolo che Ericsson ha scelto per la
convention annuale che si terrà a Roma il prossimo 30 novembre e
dove quest’anno protagonista sarà l’innovazione, affrontata
non solo da un punto di vista tecnologico e dei servizi, ma anche
come propensione al cambiamento e a ripensare gli attuali modelli
di business. Il tutto in nome di una “vision”, appunto, che fa
leva sull’innovazione e sul ruolo dell’Ict in qualità di
pilastri della ripresa e dello sviluppo, di competitività.
Pilastri del futuro, insomma. È anche sul mobile broadband che
sono puntati i riflettori: “La domanda è fortissima e
nell’ultimo anno sono stati raggiunti livelli oltre le
aspettative”, sottolinea Nunzio Mirtillo, da
febbraio 2010 a capo della Regione Mediterranea dell’azienda, che
ha sotto il suo cappello ben 24 Paesi. Ad oggi ammontano a 750
milioni le connessioni in banda larga mobile e si balzerà a 5
miliardi di qui ai prossimi cinque anni. E non saranno solo
smartphone e tablet i protagonisti: “Assisteremo ad
un’esplosione di device connessi, all’avvento della ‘Società
Connessa’. Una vera e propria rivoluzione”.
Mirtillo, che ruolo avrà l’Italia in questa
partita?

Parliamoci chiaro: chi vuole avere un ruolo sul mercato globale
deve investire. E non basta che lo facciano le aziende del
comparto. È necessario dare vita ad un ecosistema in cui tutti gli
attori – aziende, politici, amministratori pubblici, regolatori –
facciano la loro parte, uniti da una missione comune, quella di
spingere l’innovazione per mettere in moto la crescita.
E l’Italia è in grado di fare questo?
Nel nostro Paese abbiamo tutta l’eccellenza necessaria. Il
problema è che manca un progetto ‘industriale’. Questo è
decisamente un ostacolo sul cammino: il pericolo è che ci pensino
altri, prima di noi, a cavalcare l’onda dell’innovazione. E
arrivare in ritardo significa poi dover recuperare, faticando.
Che cosa manca o che cosa serve?
Credo ci sia ampio consenso sul fatto che l’Ict serve alla
crescita. Questa visione va però sostenuta da una strategia-Paese,
che metta in moto la macchina e lo sviluppo di progetti e
iniziative. Serve una visione e la visione deve essere accompagnata
da investimenti. Alla luce dei trend macroeconomici questo è il
momento di accelerare invece di rallentare.
Investimenti nelle reti?
Certamente le reti sono fondamentali. Ma bisogna investire anche
nell’intelligenza di rete. Mi spiego: finora la crescita della
telefonia mobile si è basata su decine, se non centinaia di
offerte voce e poche offerte dati. Nell’era del mobile broadband
si assisterà ad un processo inverso: si passerà a una offerta
dati molto ampia e segmentata. Fra non molto si assisterà al
sorpasso delle offerte dati su quelle voce. La strada
dell’offerta flat sui dati era quello che serviva per far partire
la macchina per un servizio che i consumatori ancora non
conoscevano. Hanno potuto avvicinarsi a questa nuova modalità di
fruizione, di conoscerne e capirne l’utilità, con garanzia sulla
spesa. Vero è però che l’offerta flat presenta alcune
criticità: per qualcuno la spesa è più alta rispetto
all’effettivo utilizzo dei servizi, ma soprattutto ci sono
clienti, e ce ne saranno sempre di più, per i quali la qualità
del servizio, intesa come disponibilità di banda e velocità di
connessione, è indispensabile. E l’offerta flat, si sa, spesso
va a discapito della quality of service. La sfida sarà dunque
quella di personalizzare le offerte dati a seconda della domanda. E
per farlo serve intelligenza di rete, servono soluzioni in grado di
instradare i dati nella maniera più efficiente e più efficace
possibile. Ericsson ha sempre creduto nel mobile broadband. E gli
investimenti sono orientati proprio sul fronte della qualità della
rete e del servizio: è questo il paradigma alla base della Service
aware delivery platform.
Ciò significa però che bisognerà anche “ammodernare”
i sistemi IT.

Sì, saranno necessari investimenti anche in questa direzione. I
sistemi Oss/Bss svolgeranno un ruolo ancora più importante che in
passato per gli operatori e l’innovazione nei servizi.
Ma per le aziende del comparto le risorse da investire
scarseggiano. E la crisi continua a pesare.
Per poter investire bisogna liberare risorse. Va da sé che la
spesa per le frequenze messe a gara per l’Lte pesa sulle casse
delle telco. Ed è per questa ragione che bisogna ‘restituire’
risorse al comparto, a meno di non voler rallentare tutto. Il
pericolo non è sul breve ma sul medio-lungo periodo. Un Paese che
non investe in Ict non può sperare di veder aumentare il proprio
Pil: è un teorema ampiamente dimostrato.
Ericsson che ruolo giocherà?
Siamo la prima network company al mondo, il 40% delle chiamate
radiomobili nel mondo passa su tecnologia Ericsson. Per l’Lte il
dato è anche più alto: il 60% delle reti oggi in campo usa
tecnologia Ericsson. Siamo i leader indiscussi nello sviluppo delle
nuove tecnologie di comunicazioni. Lo testimoniano i 30 miliardi di
corone svedesi investiti nel 2010 in R&D e i 27.000 brevetti che
deteniamo, molti dei quali essenziali per i nuovi sistemi di tlc.
La previsione è che il 25% dei brevetti della tecnologia Lte sarà
targato Ericsson. Abbiamo sempre destinato molte risorse agli
investimenti in R&D e all’innovazione e continueremo a farlo. E
l’Italia ha da sempre avuto un ruolo di protagonista: le
competenze sono fortissime e non è un caso se molti manager
italiani sono cresciuti e stanno crescendo a livello
internazionale. Abbiano una squadra di 5mila persone (su 10mila
nella Regione Mediterranea, ndr), a cui si sono appena aggiunti i
350 nuovi colleghi a seguito dell’accordo sulle ‘Field
Operations’ di Vodafone. E sono 1.100 gli ingegneri fra Genova,
Pagani, Milano e Pisa che lavorano per la R&S mondiale.
E la crisi?
Nell’ultima trimestrale, abbiamo annunciato una crescita delle
vendite a livello globale del 17% – 24% a parità di cambio – e la
nostra market share è cresciuta. La competizione, soprattutto nei
momenti difficili, non solo non ci spaventa ma rappresenta uno
stimolo. Bisogna sempre andare avanti sulla propria strada e
concentrarsi sulle strategie.
Qual è la vostra strategia per il futuro?
Siamo una full Ict company, intendiamo continuare ad essere leader
sia nelle reti sia nei servizi, non solo quelli cosiddetti ‘near
product’ ma anche nell’ambito delle managed operations, in
ottica end-to-end. Abbiamo vinto la gara per la gestione in
outsourcing della rete di Vodafone. E dal 2005 già gestiamo quella
di H3g. L’outsourcing delle reti diventerà ‘naturale’ per le
telco che sempre più si concentreranno sul core business.

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