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Netflix Tv “mondiale”, manca solo in Cina e Siria

Il servizio è ora attivo in 190 nazioni. Allo studio l’approdo in Cina. Nel 2016 in arrivo nuove serie Tv originali, film, documentari e speciali di cabaret. Il cofondatore e ceo Reed Hastings: “Aggiungeremo più lingue e modalità d’interazione”

Pubblicato il 07 Gen 2016

A.S.

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“Oggi state assistendo alla nascita di un nuova rete globale di Internet TV. Con questo lancio, gli utenti di tutto il mondo, da Singapore a San Pietroburgo, da San Francisco a San Paolo, potranno guardare serie TV e film nello stesso momento, senza attese. Grazie a Internet, diamo agli utenti la facoltà di decidere in piena autonomia quando e dove guardare i programmi e su quali dispositivi”. Lo ha detto Reed Hastings (nella foto), cofondatore e ceo di Netflix, durante il suo intervento al Consumer Electronics Show di Las Vegas, dove ha annunciato il lancio e l’attivazione del servizio a livello globale, contemporaneamente in oltre 130 nuovi paesi di ogni parte del mondo.

Nel 2016, si legge in una nota di Netflix, la società presenterà 31 serie originali, alcune completamente nuove e altre rinnovate, più di venti film e documentari, un’ampia gamma di speciali di cabaret e 30 serie originali per bambini: contenuti disponibili simultaneamente a tutti gli abbonati nel mondo.

Nella maggior parte dei nuovi paesi il servizio sarà disponibile in inglese, ma con l’espansione sono state aggiunte alle 17 lingue già supportate l’arabo, il coreano, il cinese semplificato e il cinese tradizionale.

“Da oggi in avanti – ha proseguito Hastings – ascolteremo e impareremo, aggiungendo gradualmente più lingue, più contenuti e più modi di interagire con Netflix. Non vediamo l’ora di presentare agli spettatori di ogni parte del globo grandi storie provenienti da tutto il mondo”.

Tra i paesi in cui Netflix non è ancora disponibile c’è la Cina, anche se l’azienda “sta continuando a esaminare diverse opzioni per iniziare a operare nel paese”. Fuori dalla copertura anche Crimea, Corea del Nord e Siria “a causa delle limitazioni imposte dal governo Usa – spiega l’azienda – alle attività delle società statunitensi in tali aree”.

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