Sale di livello lo scontro fra Netflix e gli Isp negli Stati Uniti, in particolar modo con Verizon. Dinanzi alle crescenti lamentele dei suoi sottoscrittori per la difficoltà di fruizione dello streaming, la settimana scorsa Netflix ha cominciato a far comparire sugli schermi dei propri abbonati un messaggio in cui si scaricava su Verizon la responsabilità del cattivo servizio.
La nuova schermata di ‘buffer’ con cui Netflix dà conto al cliente del motivo per cui il video è lento a caricarsi ha infatti iniziato a riportare la seguente frase: “The Verizon network is crowded right now”. Il provider non ha affatto gradito e ha subito inviato a Netflix una lettera d’ingiunzione che chiedeva la cessazione della schermata in questione. La motivazione addotta dal gigante telco è che “Netflix non ha alcuna base per poter dire che i problemi di riproduzione di una determinata sessione video sono da ascriversi esclusivamente al network Verizon”. Netflix ha preso nota della reazione immediata del provider, comunicando che concluderà quello che ha definito “un test su scala ridotta” volto a migliorare l’informazione alla clientela, ma solo dopo il 16 giugno.
Intanto rimane comunque lo strumento di pressione messo in piedi da Netflix con lo “Isp Speed Index”. Il sito riporta mensilmente le performance in termini di streaming per ogni paese in cui è presente il servizio Netflix, mostrando impietosamente i “buoni” e i “cattivi” fra i vari Isp locali. Nel rapporto di maggio Verizon è additato come il più lento fra i provider Usa. Questo a dispetto di un accordo firmato ad aprile fra i due contendenti, i quali, fra uno sgarbo e un’ingiunzione, a volte cercano anche vie di collaborazione. Nell’accordo stipulato, Netflix accettava di pagare a Verizon una somma non resa pubblica per avere accesso diretto (“direct peering”) al network dell’Isp, bypassando intermediari fornitori di banda quali Cogent o Level 3 Communication.
Un simile accordo Netflix lo aveva firmato a febbraio anche con Comcast – un altro Isp con cui si erano create tensioni su chi doveva sostenere i costi di upgrading dell’infrastruttura di trasmissione richiesti dall’uso sempre più massiccio di banda, cui servizi come Netflix contribuiscono in maniera decisiva. Il fatto è che mentre la performance di Comcast nella velocità di streaming è migliorata subito dopo l’accordo (da 1.68Mbps medi a 2.5Mbps), quella di Verizon è addirittura peggiorata, scendendo da 1.99Mbps a 1.9Mbps. Verizon spiega la defaillance con il fatto che ci vorrà qualche mese perché l’accordo trovi piena implementazione e gli utenti Netflix ne abbiano un consistente beneficio – spiegazione che lascia qualche dubbio, visto che nel caso di Comcast il servizio è migliorato già il mese successivo alla firma dell’accordo di “direct peering”.
E’ anche per questo che – a complemento dell’iniziativa del messaggio anti-Verizon – Netflix ha puntualizzato attraverso il suo portavoce che “Netflix non seleziona di proposito connessioni congestionate. Paghiamo alcuni dei maggiori transit network del mondo per portare i contenuti Netflix davanti alla porta principale degli Isp. Se il problema nasce davanti a quella porta – il punto di interconnessione – è perché il provider non alloca banda sufficiente a soddisfare le richieste del suo stesso cliente”. L’impressione è che lo scambio di colpi proibiti sia solo agli inizi.