Nuovo canone frequenze, nodo mancati incassi per lo Stato

Agcom al lavoro sulle norme dettate dalla legge 44 2012. Richiesto il parere della Ragioneria generale dello Stato: secondo la bozza provvisoria l’erario potrebbe incassare 40 milioni in meno nel 2014. Peluffo e Anzaldi (Pd): “Chiederemo a Giacomelli di intervenire”

Pubblicato il 02 Apr 2014

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Le nuove norme che regoleranno il canone sulle frequenze televisive potrebbero determinare uno “sconto” sostanzioso per Rai e Mediaset, a danno delle emittenti più piccole. Ad anticiparlo oggi è Aldo Fontanarosa su Repubblica, rendendo pubblica la bozza di regolamento allo studio dell’AgCom sul canone che gli editori devono allo Stato, ogni anno, per le frequenze tv. Se dovesse entrare in vigore così come è oggi l’Erario, nel 2014, realizzi circa 40 milioni in meno di quanto incassato nel 2011 e del 2012. La decisione finale dell’Authority, in ogni caso, arriverà soltanto dopo che avrà ricevuto il parere della Ragioneria Generale dello Stato, per un nuovo sistema che si prevede possa andare a regime nel corso di 5 anni.

Le regole in vigore fino a oggi, ricostruisce il quotidiano, prevedevano che gli editori nazionali pagassero per il canone una quota peri all’1% del fatturato, secondo quanto stabilito dalla Finanziaria del 2000, mentre le locali dovevano versare una quota fissa di 17.776 euro, con Rai e Mediaset che hanno quindi contribuito per il 96% del gettito totale sia nel 2011 sia nel 2012.
Le nuove norme sono invece la conseguenza dell’adeguamento alla legge 44 del 2012 (quella che regola anche l’asta per le frequenze televisive in corso), e che prevede che il canone gravi sugli operatori di rete (quindi sui titolari delle frequenze e del loro “diritto d’uso”, RaiWay per la Rai ed Elettronica Industriale Towers per Mediaset), che sono chiamati a pagare il canone rispetto alla quantità e qualità delle frequenze, al di là dei fatturati.

Come conseguenza Rai e Mediaset potrebbero pagare meno, circa 10 milioni cadauna ogni anno, gli editori nazionali minori pagheranno di più, e chi finora non pagava nulla, come le emittenti nate con il digitale terrestre (ad esempio Dfree, H3G, Telecom Italia Media) dovrà iniziare a farlo. E per le emittenti locali salterebbe la regola del contributo fisso, e subentrerebbe quella del canone tarato sulle frequenze utilizzate e sulla popolazione raggiunta. La somma sarà pari a circa un terzo di quanto versato dalle nazionali.

Secondo la ricostruzione di Repubblica la prima discussione sulle nuove regole in Agcom risale al 13 marzo, quando il presidente Angelo Cardani avrebbe bloccato il provvedimento a causa degli incassi minori nel 2014 e per il fatto che alcune emittenti trasmettono su frequenze in banda 700, il cui valore è destinato ad aumentare dal 2016, quando saranno abilitate anche all’Internet mobile: una questione per cui potrebbe essere sensato prevedere un adeguamento del canone. L’Agcom dovrebbe ora tornare ad occuparsi del regolamento nella riunione del 24 aprile, una volta acquisito il parere della Ragioneria generale dello Stato, dopodiché è prevista una consultazione pubblica, con l’ok definitivo che potrebbe arrivare in estate.

Per il capogruppo del Partito democratico in commissione di Vigilanza Rai, Vinicio Peluffo, e il segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi (Pd), “sarebbe grave se sui canoni per le frequenze tv venissero concessi favori a Rai e Mediaset, con uno sconto a spese dei contribuenti. Chiederemo al viceministro alle Comunicazioni, Antonello Giacomelli, di valutare la situazione”.

“Il nuovo regolamento, all`attenzione dell’Agcom – spiegano i deputati Pd- per stabilire i canoni di pagamento di chi ha in uso le frequenze tv, permetterebbe ai grandi network un risparmio di diversi milioni di euro, mentre fino ad oggi la normativa ha previsto il pagamento dell`1% del fatturato. Non si capisce per quale motivo Rai e Mediaset debbano avere questo trattamento di favore, tra l’altro mentre una stangata inaccettabile si abbatterebbe sull`emittenza locale, già fortemente provata dalla crisi della pubblicità e dal passaggio al digitale terrestre, debba subire un aggravio ulteriore per un diritto d’uso delle frequenze che rimane lo stesso esercitato fino ad oggi. E’ opportuno che venga fatta chiarezza, in ufficio di presidenza della commissione di Vigilanza chiederemo che si valuti la possibilità di sentire in audizione il presidente dell’Agcom, Angelo Cardani”.

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