L’OPERAZIONE

Dossier Tim-Open Fiber, il 19 novembre la deadline per i fondi

Il termine riguarda le offerte non vincolanti. Una decina i potenziali pretendenti. Bassanini: “Se sarà possibile mettere d’accordo tutti nel rispetto delle regole sarà una cosa buona per il Paese”

Pubblicato il 12 Nov 2019

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Sono attese entro il 19 novembre, quindi tra una settimana esatta, le offerte non vincolanti dei fondi di investimento infrastrutturali su Open Fiber: interessati all’operazione – secondo la ricostruzione del Sole24ore – sono in tutto una decina di realtà internazionali, tra i quali come unica società italiane c’è F2i, mentre tra gli altri nomi ci sono sono Ardian, Macquarie, Brooksfield Antin, fondi sovrani come Adia (Abu Dhabi), Gic (Singapore) e China investment corp, ma anche fondi pensione come Psp e The Canada pension plan investment board. A lavorare sull’operazione in qualità di advisor ci sono al momento Vitale e Rotschild per Tim, Credit Suisse per Cdp, Mediobanca per Enel e JpMorgan per Open Fiber.  

La posizione di Franco Bassanini

Intanto su Open Fiber arrivano le dichiarazioni del presidente di Open Fiber, Franco Bassanini, a margine della Financecommunity week: “Se sarà possibile trovare una soluzione che metta d’accordo i vari attori di questa partita, che sono numerosi, e se sarà possibile trovare una soluzione nel rispetto delle regole, sarà una cosa buona per il Paese – afferma – Se vogliamo offrire al paese al più presto una infrastruttura competitiva come quella degli altri paesi, la cosa migliore è mettere a fattor comune le risorse, le disponibilità e le energie di tutti. La competizione infrastrutturale è positiva, ma crea anche il rischio di duplicazione degli investimenti”.

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I prossimi passi

Dopo la prima fase delle proposte non vincolanti  e la selezione di quelle più interessanti, il passaggio successivo sarà quello della presentazione delle offerte vincolanti, per le quali non si esclude che alcuni dei partecipanti possano unire gli sforzi consorziandosi. Una volta individuati gli investitori saranno TelecomCdp e i nuovi entrati a mettere a punto il piano per la creazione della rete unica Tim-Open Fiber, mentre Enel sembra destinata a defilarsi portando a casa il ricavato della cessione della propria quota nella società. Ma lo scenario potrà considerarsi plausibile soltanto una volta che saranno diradati tutti i dubbi che l’operazione potrebbe sollevare sul piano della concorrenza, superando l’esame e gli eventuali rilievi dell’autorità antitrust. 

Se questo è il “quadro”, non è però ancora chiaro come il piano sarà messo a terra nei dettagli: tra le prospettive più accreditate c’è al momento quella che sul tavolo ci sia la trattativa per la cessione del 100% di Open Fiber, che potrebbe essere interamente acquisita dai fondi, i quali andrebbero in un secondo momento a trattare sull’integrazione con la rete  Tim. Un ruolo cruciale potrà essere giocato da Cassa Depositi e Prestiti, che al momento detiene il 50% di Open Fiber, e che con il ricavato dell’operazione potrebbe rafforzare la propria posizione in Tim.

Il futuro della rete in rame

“Open Fiber punta, senza le incertezze di altri operatori, sulla fibra perché è la tecnologia del futuro e la tecnologia di base per il 5G – prosegue Bassanini – Lo stiamo facendo, siamo nati meno di 3 anni fa, siamo a poco più di un quarto del cammino e stiamo procedendo rapidamente. La Spagna – conclude riferendosi al futuro della rete in rame – alla fine dell’anno prossimo, come ha annunciato Telefonica, avrà una copertura di tutto il territorio con fibra fino alle case e, entro la fine dell’anno prossimo, spegnerà la rete in rame. Noi siamo ancora lontani da questo obiettivo”.

Fratelli d’Italia presenta una mozione

Il tema della rete unica sta intanto iniziando a entrare anche nel dibattito politico, come dimostra la presa di posizione di Fratelli D’Italia, che ha appena presentato una mozione alla Camera: “Noi chiediamo una fusione tra Tim e Open Fiber – afferma Giorgia Meloni presentando la mozione del partito sulle “infrastrutture strategiche” – Puntiamo a una infrastruttura strategica, che sia di proprietà pubblica e metta a disposizione dei privati la rete. Presentiamo oggi una mozione per risolvere questa peculiarità italiana, di una infrastruttura in mani private.  Dalle autostrade alle Tlc, l’Italia ha svenduto molte delle sue infrastrutture – sottolinea la presidente di Fdi – In linea con quanto stabilito dalla Ue, pensiamo che le reti non possono essere strumenti in mano ai privati, riteniamo che lo stato debba acquisirne la proprietà. Noi puntiamo alla difesa dei servizi, al loro miglioramento, vogliamo difendere la sovranità delle nostre strutture strategiche”.

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